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“A via de menzu” indica un antico limite idrogeologico di Maglie

Creato il 26 settembre 2011 da Cultura Salentina

26 settembre 2011 di Redazione

di Pippi Toma

“A via de menzu” indica un antico limite idrogeologico di Maglie

Maglie, casa comunale

I primi magliesi edificarono le loro case, così come scriveva lo storico salentino Salvatore Panareo nel 1943 in occasione del I° Centenario del Liceo Capece,  «[…] sul piccolo avvallamento onde consta l’area di Maglie, umile gente, anche prima del Mille, aveva fissato la sua dimora, attirata, più che dalla bontà del terreno, probabilmente dalla presenza di zone freatiche e di inghiottitoi, atte le une e gli altri a fornire l’acqua potabile ed assorbire quella piovana […]». Da ciò, logicamente si deduce che le prime costruzioni furono edificate su luoghi asciutti quali erano allora, e lo sono ancora, i Cuti, l’Isola di San Nicolao, il Largo di San Pietro. Se ciò è vero, si può dedurre che l’attuale via Roma, ex Strada-isola di mezzo, detta poi in volgare via te menzu, come è stata denominata sino agli anni Trenta, fu ricavata sul versante di ponente dell’Isola di San Nicolao per agevolare il transito fra i Cuti a nord e Largo San Pietro a sud, posizione che le fece derivare l’importanza commerciale che ebbe e che tuttora perdura.

Il toponimo via de menzu, come del resto gli altri, sfruttando la parola dialettale per comunicare facilmente con la collettività colta e analfabeta, servì quindi ai suoi tempi a configurare una situazione terriera o di suoli e, implicitamente, a porre dei precisi limiti nell’utilizzazione del territorio. Infatti, è utile rimarcare, sino a quando l’attuale via Roma fu chiamata Strada-isola di mezzo gli impaludamenti per causa di pioggia che si verificavano nella conca magliese non arrecavano danni al paese ed alla popolazione residente; in quei tempi gli acquitrini si formavano in terreni permeabili e venivano persino sfruttati per scopi irrigui come dimostrano i toponimi Nicchiàrica e Vora Macello o àusu. Provvedevano al loro assorbimento, più o meno lento, gli inghiottitoi presenti in gran numero nella Terra di Maglie dei quali l’ultimo esemplare è ancora in attiva funzione in via Monte Grappa sulla più bassa curva di livello dei 78-77 metri sul livello del mare. Tale quota altimetrica si estende da questa strada nei pressi dell’incrocio con via Piccinno fino a Piazzetta Rosetta Palma ed oltre e rimane sottoposta a quella di via Roma o via te menzu che si aggira sugli 80 metri sul livello del mare. Conseguentemente, in passato la via te menzu, per la sua posizione sopraelevata, si affacciava su questa depressione alluvionale caratterizzata, tra l’altro, dalla presenza del maggior numero degli inghiottitoi, le craveddhre, che sono nella conca magliese fra i quali la più conosciuta è la Piscina del fondo Cezzi.

Maglie aveva in quei tempi l’aspetto di un piccolo borgo raggruppato qua e là attorno a case palazziate per cui quella strada che poi divenne via Roma non poteva considerarsi, come erroneamente è stato pensato dalle generazioni ancora viventi, la bisettrice della sagoma ellittica che il paese assunse, verso gli anni Trenta, racchiusa fra le extramurali via Piave, via Principe di Napoli, via Mazzini, lato sud del Largo Tamborino, via Vittorio Veneto e via Monte Grappa, come ricorda il Panareo. La presenza degli inghiottitoi, componente geologica del carsismo salentino, spiega il perdurare su questa curva di livello, della vegetazione arborea che come una fascia parallela, dove più e dove meno ampia, inframmezzata da caseggiati, strade, cortigli e suddivisa in orticelli, giardini e ville, fa svettare le verdi chiome dei pini, querce ed altre piante che il passante nota fra via Roma e la extramurale di ponente. Il nostro passante nota anche l’importanza vitale di questa fascia verde che, priva dell’ostacolo costituito dai fabbricati, consente una ventilazione nel fitto abitato del centro cittadino per un ricambio d’aria che, fra l’altro, è reso salubre e utile dalle piante per lo scambio dell’anidride carbonica con l’ossigeno contribuendo, logicamente, a ridurre l’inquinamento prodotto dai gas di scarico delle autovetture in transito. Questo è un beneficio di cui gode la cittadinanza tutta ed è dovuto al buon senso degli avi che, costretti com’erano a rispettare la servitù delle acque piovane per una salvaguardia delle proprie case e del paese, misero a dimora quelle piante per libera scelta.


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