Magazine Società

Abercrombie: la mala educatiòn del consumatore

Creato il 07 marzo 2012 da Elvio Ciccardini @articolando

Abercrombie: la mala educatiòn del consumatoreUna storia per due storie: Abercrombie!

C’era una volta un’azienda che realizzava prodotti per giovani, proponendo un modello di “bellezza” che era legato ad uno stile di vita sportivo. Questa azienda utilizzava modelli e modelle per commesse e aveva la coda davanti al proprio negozio in centro a Milano…

La scelta di unire bellezza e moda, così strutturata, riscuoteva successo e, dal punto di vista comunicativo risultava essere perfetta. I consumatori non acquistavano un prodotto, ma un brand, un modello di bellezza. I ragazzi si accalcavano. I genitori li accompagnavano. Tutti a vedere i modelli di Abercrombie. Tutti pensava che Abercrombie fosse il negozio dei balocchi. Amen!

C’era una volta un certo Luca, di 26 anni, che faceva il commesso per Abercrombie un’azienda di moda. Luca, quando sbagliava, faceva le flessioni, perchè quella era la politica aziendale per motivare i dipendenti che non fanno bene il loro lavoro o commettono qualche errore. I maschi fanno flessioni, le donne piegamenti. Nel punto vendita milanese lavoravano 200 persone. Però, i dipendenti, si dice siano complessivamente 1.100. Ciò perchè i giovani hanno contratti a chiamata a zero ore, come Luca, per cui lavorano solo se serve. Lavorare da Abercrombie non è facile, poichè bisogna avere un fisico perfetto, essere molto curati. Donne con unghie misurate al millimetro e uomini glabri e sbarbati. A tutte queste richieste, però, non corrisponde alcun premio nella retribuzione. Tutti sono inquadrati con il sesto livello del contratto del commercio. Luca è in cerca di un nuovo lavoro. Ariamen!!

Sono punti di vista, due lati di una medaglia che vede uomini alle prese con il mercato del lavoro che, oltre ad essere sregolato, è diventato anche schizofrenico e despota. I lavoratori “devono” e i datori di lavoro “possono”.

La situazione, tuttavia, pone anche una questione morale. Quando si acquista un prodotto, anche un capo di abbigliamento, si acquista un “sistema economico”, o meglio se ne sostiene uno a discapito di un altro. Il prodotto di un’azienda comprende anche l’inquinamento per produrlo, i diritti riconosciuti ai lavoratori che lo realizzano, ecc. Scegliere il modello economico Abercrombie farà bene agli ormoni dei consumatori allettati dalla bellezza umana che si trova nei punti vendita. Ma fa male ai “belli” e ai lavoratori che, pur commessi, “belli non sono”. Se a vincere non sono mai i modelli economici sociali è anche colpa di chi li premia, cioè di chi compra.

Paradossalmente, il modello Abercrombie nuoce anche a quei giovani che acquistano i prodotti Abercrombie. Perchè mai dovrei pagare il prezzo di un bene prodotto da un’azienda che escluderebbe me e, probabilmente, la maggior parte dei miei coetanei dal mercato del lavoro, solo per fattezze fisiche e non meritocratiche?

Se i ragazzi si possono giustificare, i genitori che li accompagnano non trovano alcun appiglio di comprensione. Indirettamente appoggiano un modello economico sbagliato. Consapevolmente permettono ai loro figli di sostenere un’azienda che snatura il mercato del lavoro. Ciò a discapito di altre aziende che, magari, assumerebbero le persone in quanto brave e competenti.

In tempi di magra, la mal educatiòn del consumatore è, ancor più delle lobby, un viatico che peggiora la crisi economica e, ancor peggio, avvantaggia l’economia asociale a danno di quella “a portata d’uomo”.

Abercrombie è un eccellente caso di strategia di mercato vincente. Abercrombie è un eccellente caso di pessima economia sociale.

Un’azienda due storie: a voi la scelta!

Fonte: Corriere.it


Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :