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ACAB – All Cops Are Bastards

Creato il 01 febbraio 2012 da Soloparolesparse

Strano prodotto questo ACAB: Alla Cops Are Bastards, che prova a cambiare il punto di vista delle cose.
Stefano Sollima gettà uno sguardo nel quotidiano difficile degli uomini del reparto mobile di Roma e ci racconta la loro vita con le loro parole ed il loro punto di vista.
Il problema è che ne viene fuori un ritratto non proprio limpido, difficile davvero questa volta immedesimarsi nei protagonisti.

ACAB – All Cops Are Bastards

Cobra, Mazinga, Negro… questi i soprannomi dei ragazzi di una delle squarde romane del reparto mobile.
La loro vita professionale si svolge tra manifestazioni, stadi e sgombri di locali occupati.
E quando arrivano a casa devono anche spiegare cosa fanno a mogli e figli non sempre compiacenti.

Una vita non facile, sempre al centro del mirino, oggetto quotidiano di insulti e percosse cui è difficile non rispondere ed accettare gli ordini.
Poi però scopriamo che per sopravvivere a questo quotidiano difficile il gruppo ha creato una sorta di coalizione (“fratelli” si chiamano tra di loro) che copre qualunque “errore” di un fratello e si porta a casa il lavoro quando gli ordini non sono proprio condivisi.

ACAB è un film duro, crudo, sul quale mi risulta difficile prendere una posizione.
Mi rendo conto della difficoltà del lavoro, delle poche soddisfazioni, del rischio continuo ma mi sembra comunque inaccettabile il comportamento dei protagonisti (ecco, l’ho detto!).

ACAB – All Cops Are Bastards

Sollima riesce a tirar fuori molte cose.
Dal rapporto tra i ragazzi, a quello con le famiglie, alle ideologie politiche ed extrapolitiche (i celerini sono odiati da tutti, destra e sinistra).
Poi però ci butta dentro tutti gli eventi dell’ultimo decennio che hanno coinvolto la celere, dalla morte di Filippo Raciti a quella di Gabriele Sandri, allo stupro di Giovanna Reggiani che portò allo sgombero di un campo nomadi a Roma… senza dimenticare il riferimento ai fatti di Genova nel 2001 ovviamente.

Nota di merito per il cast, da Pierfrancesco Favino a Filippo Nigro, da Marco Giallini ad Andrea Sartoretti sono tutti estremamente sul pezzo e convincenti, per una volta inevitabilmente romanacci.

Chiudo con la sequenza iniziale, in cui Favino viaggia in motocicletta canticchiando il ritornello da stadio “celerino figlio di puttana” che mi sembra rappresenti bene il film, la confusione dei ruoli e la difficoltà di una posizione.


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