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Acquisizione delle norme sociali: processi di sviluppo (2 parte)

Da Psychomer
by Paola Sacchettino on ottobre 3, 2012

“La coscienza collettiva è l’insieme delle credenze e dei sentimenti comuni alla media dei membri di una società. Questo insieme ha una vita propria che non esiste se non attraverso i sentimenti e le credenze presenti nelle coscienze individuali” (E. Durkheim).

Il sociologo francese Émile Durkheim (1858-1917) diede un primo ed importante contributo alla teoria della socializzazione: né il controllo sociale, né i bisogni individuali possono spiegare l’integrazione degli individui in una comunità caratterizzata da un elevato livello di divisione sociale del lavoro. I membri di una collettività devono interiorizzare l’agenzia di controllo sociale, per poter creare i presupposti della solidarietà sociale. Durkheim conia a questo proposito il concetto di coscienza collettiva, riferendosi ai valori e alle norme condivise ed alle attitudini generali di un gruppo o di una collettività, che vengono interiorizzati dai singoli membri. Al centro della concezione sociologica della socializzazione vi è il processo di interiorizzazione di norme e valori, ossia la trasformazione dei controlli e degli scopi sociali esterni in una struttura interiore di orientamenti e di disposizioni dell’azione. La psicologia sociale, la teoria dell’apprendimento sociale, le teorie dello sviluppo cognitivo e la psicoanalisi cercano di spiegare in che modo avvenga tale processo di interiorizzazione.

Il compito primario dell’educazione, che Durkheim definisce come socialisation méthodique, è quello di inculcare nella coscienza dei singoli individui le norme e i valori che sono alla base di un sistema sociale (Durkheim, 1922).

L’apprendimento sociale viene analizzato da Bandura (1977) come un processo cognitivo attivo legato a motivazioni, sentimenti e strutture dell’azione. Alla base della scelta di una determinata persona di riferimento come modello di comportamento vi sarebbe, secondo Bandura, un processo di identificazione. Egli si serve di questo concetto, derivato dalla teoria psicanalitica, per interpretare l’apprendimento sociale nei termini di un processo interpersonale. I genitori assumono, il più delle volte in modo inconsapevole, la funzione di modelli fornendo al bambino gli elementi attraverso cui egli sviluppa i propri schemi di comportamento sociale adeguato. Nel costruire il proprio ruolo di genere, i maschi e le femmine non si rifanno solo al modello paterno e materno, ma combinano anche osservazioni inter-genere (cross-gender).

Secondo Havighurst (1952) uno dei compiti di sviluppo che vengono affrontati durante il periodo adolescenziale è proprio quello di “acquisire un sistema di valori e una coscienza etica, come guida al proprio comportamento”. E’ soprattutto in questa particolare fase della vita che l’individuo, attraverso il processo di socializzazione, fa per sé precise scelte di orientamento morale che, seppur modificabili nel corso degli anni, rappresenteranno comunque un nucleo forte del suo bagaglio valoriale e della sua identità, anche nell’età adulta. Gli adolescenti, inoltre, tendono a rappresentare loro stessi soprattutto nei termini delle proprie relazioni interpersonali e dei propri sistemi di credenze, quindi in relazione ai propri valori (Palmonari, 2001). Quello adolescenziale è quindi il periodo di cambiamenti più intensi nel comportamento morale, oltre ad essere quella fase della vita in cui è più rapido lo sviluppo del giudizio morale (Colby et al., 1983; Eisenberg et al 1990).

La libertà sta tra ciò che vogliamo fare, che dobbiamo fare e ciò che non possiamo fare.

Ci sono regole esplicite (es. il galateo), implicite (derivate da quelle esplicite: si seguono senza bisogno che siano insegnate o comunque dette esplicitamente) e regole nascoste (spesso tramandate di generazione in generazione oralmente; ad es. la distanza sociale o il volume della voce).

L’organismo sociale prevede sanzioni per comportamenti non accettati o che si vogliono vietare (Gulotta, 2011).

Quindi ogni episodio sociale di solito procede in modo ordinato e definito, secondo regole che le persone tendono a rispettare rigidamente. Esse vengono notate quando qualcuno le viola e l’improvvisazione trova spazio solo nella fase costruttiva di un incontro sociale.

La norma giuridica dal punto di vista della struttura è composta da:

-   precetto, il comando contenuto nella norma

-   sanzione, la minaccia di castigo, che non è presente nelle norme cosiddette “imperfette”.

E’ fondamentale, dunque, che i valori, le regole e le norme che ne conseguono,  vengano non solamente apprese al più presto e durante tutto il processo di sviluppo del bambino e dell’adolescente, ma che siano interiorizzate e fatte proprie; solamente in questo modo sarà possibile ottenere l’incremento di una Coscienza sociale che si basa su un comportamento alla cui base vi è il rispetto di sé e degli altri in famiglia, a scuola, sul lavoro e nella società nella quale si vive e si agisce.

BIBLIOGRAFIA



-   Bandura, A. (2000). Autoefficacia. Trento: Edizioni Erickson

-   Bandura, A. (1996). Principles of behavior modification. Trento: Edizioni Erickson

-   Caprara, G. V. (2000). L’età sospesa. Firenze: Giunti

-   Durkheim, E. (2009). La sociologia e l’educazione. Milano: Ledizioni

-   Gulotta, G. (2011). Compendio di psicologia giuridico-forense, criminale e investigativa. Milano: Giuffrè.

-   Havighurst, R.J. (1952). Developmental tasks and education. New York: Davis Mc Kay, Palmonari, A., (1993, 1997), Psicologia dell’adolescenza. Bologna:il Mulino.

-   Sciolla, L. (2007). Sociologia dei processi culturali. Bologna: Il Mulino.

-   Vella, G., (1993). Adolescenza e relazioni sociali, in “Il Bambino incompiuto”, vol. 10,1, pp.9-18.


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