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Adaptation

Da Matteobortolotti @bortolotti

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SIN CITY

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Tedeschi, ho sempre avuto un po’ paura dei tedeschi. Le mie origini fresche di Linea Gotica non mi hanno aiutato a superare questi pregiudizi, mi ha aiutato il mio vizio per le sveltine filosofiche e il fatto di volermi scrollare di dosso una zavorra fatta di fantasmi del passato, che sono ben altra cosa rispetto alla Memoria. In questo Paese schiavo della Storia non abbiamo ancora imparato a farlo tutti, di distinguere i fantasmi dalla Memoria. Insomma, i tedeschi alla fine mi piacciono proprio. E c’è un tedesco che mi ha titillato l’anima a colpi di parole, e mi da l’aggancio, il cliffhanger diremmo in sceneggiatura, per scrivervi a questo giro. Il tedesco ha detto che i giorni si distinguono gli uni dagli altri, ma la notte ha un unico nome. Canetti è morto negli anni novanta, e forse ha fatto in tempo a leggere qualche numero di Dark Horse presents. Questa sua botta di estetismo romanticheggiante m’è tornata alla mente sfogliando le pagine di una grande epica della violenza. E come diceva un altro tedesco, figlio del rabbino di Treviri, primogenito dei fratelli Marx: “la violenza è la levatrice di ogni vecchia società, gravida di una nuova società”. In questo caso la violenza è levatrice di un nuovo linguaggio. Il più antico strumento evolutivo, ahinoi, è la supremazia del più forte, per quanto possa assottigliarsi, mettersi il doppiopetto o montare il silenziatore sulla sua glock, rimane sempre violenza. Questo è il cuore narrativo di un grande “Estetico” (e anche un po’ estetista) del genere. FRANK “diolobenedica” MILLER. Il bianco e nero, l’incursione del rosso. Le storie oscure e portate all’estremo di SIN CITY trasformano in un murales di periferia la vecchia società e il vecchio linguaggio e ci danno un calcio nel culo verso un nuovo mondo narrativo. L’adattamento cinematografico, poi, con il suo utilizzo mercenario della computer grafica e dell’animazione è violento a sua volta per come scardina le nostre aspettative visive. Le storie sono assurde e assurdamente potenti in ogni scena. E’ una climax-story. Non è cinema, probabilmente. Il cinema, siamo noi mentre la guardiamo. Buone storie peccaminose.


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