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Adozione – L’esperienza di Sara

Da Psytornello @psytornello

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Cari lettori, è con grande piacere che annuncio il gradito ritorno di Sara come nostra ospite. Vi ricordate di lei? Se così non fosse vi invito a leggere il suo primo intervento qui nel blog. Ci ha emozionato raccontandoci un momento molto delicato della sua vita. Oggi torna ad emozionarci descrivendoci gli step che l’hanno portata a realizzare il suo sogno: quello di maternità.

Ciao Sara, grazie per essere tornata a trovarci. Tempo fa hai condiviso con noi le emozioni legate alla scoperta che non avresti potuto diventare madre nel senso “tradizionale” del termine. Oggi vorrei che ci parlassi del percorso che ti ha permesso di diventare mamma adottiva.

La decisione di intraprendere l’iter dell’adozione è arrivata subito o c’è voluto del tempo per maturarla?
L’idea dell’adottare è sempre stata insita in me ed è arrivata come naturale conseguenza al mio desiderio di diventare mamma. Ciò non significa che mio marito ed io nel periodo in cui abbiamo dovuto affrontare la mia malattia non ne avessimo parlato a lungo. Io ho subito scartato a priori l’idea di intraprendere strade come la fecondazione, non per un discorso religioso, ma per un discorso personale. Non era la strada che faceva per me anzi non era la strada che faceva per noi. Anche in questo sono stata fortunata. Tra mio marito e me c’è sempre stato dialogo e questo ci ha permesso di aprirci l’un con l’altra dandoci la possibilità di esprimere liberamente i nostri dubbi, le nostre perplessità ed i nostri timori su entrambe le strade facendoci così scegliere in piena libertà la strada più giusta per noi come coppia e futuri genitori.

E’ stata una decisione subito condivisa da te e da tuo marito o uno dei due era inizialmente titubante?
Direi che non ci sono stati tempi troppo diversi. Mio marito, non tanto per la decisione in sé ma forse più per carattere, è stato quello che ha portato a galla più quesiti relativi alle nostre reali possibilità e a quello che ci avrebbe aspettato come futuri genitori. Anche in questo caso darsi la possibilità di prendere una decisione nella più totale libertà senza aver paura di esprimersi ci ha aiutato a viaggiare sulle stesse frequenze.

Qual è stato il primo passo che ha dato il via alla nuova avventura?
Il primo passo, ancora prima di depositare la domanda presso il Tribunale dei Minori, è stato frequentare un incontro con un ente per acquisire informazioni su quello che da un punto di vista burocratico era l’adozione internazionale ma anche per capire cos’era un ente e come lavorava.

Conoscevate qualcuno che aveva intrapreso questo percorso e a cui poter chiedere consigli o avete fatto tutto da soli?
Io avevo una collega che era stata adottata 30 anni prima tramite adozione nazionale mentre mio marito conosceva una coppia che aveva adottato dalla Russia. Questi sono stati per noi due grandi aiuti non solo perché ci hanno saputo dare tante informazioni ed hanno sempre risposto alle nostre innumerevoli domande, ma anche perché hanno saputo trasmettere grande entusiasmo parlandoci delle loro rispettive esperienze: quella di figlia adottiva (della mia collega) e quella come genitori adottivi (degli amici di marito).

Quali step avete affrontato successivamente tu e tuo marito? Quali, grosso modo, le tempistiche?
Il 14 ottobre 2009 abbiamo depositato la domanda, sia per un’adozione internazionale che per un’adozione nazionale, presso il Tribunale dei Minori dopo aver preso parte ad un corso di tre giorni organizzato dal Comune per aspiranti genitori adottivi. Fatto questo siamo stati contattati sia da una psicologa che da un’assistente sociale della nostra zona per una serie di incontri conoscitivi e valutativi. Nel periodo dei colloqui ci siamo sottoposti anche a tutte le visite mediche richieste dall’iter al fine di far produrre da un medico legale, dalla psicologa e dall’assistente sociale un fascicolo da dare ai Giudici prima della sentenza che per noi è stata il 18 febbraio 2010. Ad agosto dello stesso anno abbiamo ottenuto l’idoneità necessaria per proseguire il percorso adottivo. Da quando l’idoneità viene rilasciata si ha un anno di tempo, se si sceglie quella internazionale, per trovare un’ente. Il 30 dicembre 2010 siamo riusciti a dare mandato all’ente prescelto e da quel momento abbiamo iniziato a produrre la documentazione (richiesta dall’ente stesso) da inviare al paese di origine di nostro figlio. 

Il percorso adottivo comporta un impegno economico?
Il percorso adottivo internazionale comporta un grande sforzo economico che varia a seconda del paese che si sceglie per adottare e in base all’ente. Il consiglio che possiamo dare mio marito ed io è quello di informarsi più che si può sugli enti, sia partecipando agli incontri che organizzano, sia leggendo i forum delle varie associazioni. Questo non solo per avere l’idea di quale sacrificio economico venga richiesto (che purtroppo a volte varia notevolmente da ente a ente) ma anche per capire quale tipo di assistenza venga fornita ai futuri genitori specialmente una volta che ci di deve recare nel paese di origine del proprio figlio. Per l’adozione nazionale invece non ci sono costi. Depositando la domanda si viene automaticamente inseriti nel database del Tribunale. Ma a seconda delle disponibilità che vengono date dalla coppia e a seconda del rapporto prodotto dagli assistenti sociali e dalla psicologa si verrà tenuti in considerazione dal Tribunale stesso per un possibile abbinamento.

Com’è stata l’attesa del “responso” di idoneità?
Il lungo iter burocratico produce effetti a volte snervanti sulle coppie. Dopo il colloquio col Giudice siamo stati richiamati per produrre un’ulteriore indagine medica sulle mie condizioni di salute: questo ci ha portato ad aspettare 6 mesi prima di avere il decreto di idoneità. Questa attesa pesa molto dato che la tua capacità di poter essere una buona mamma od un buon papà viene decisa dal Giudice in base ad una relazione. La consapevolezza che il tuo destino sia in mano a qualcuno che ti deve giudicare non conoscendoti non è facile da accettare. Tutto il percorso adottivo è fatto di attese. Quella per dare mandato, quella che riguarda il periodo legato alla produzione dei documenti da inviare nel paese scelto, quella dell’abbinamento, quella dei viaggi o viaggio (a seconda del paese scelto) per andare a conoscere il proprio figlio. L’attesa sicuramente più dura è stata ed è quella che stiamo vivendo ora: l’aspettare la fatidica chiamata che ci comunichi quando potremo scendere di nuovo da nostro figlio, dopo averlo vissuto per 5 lunghi giorni durante il primo viaggio, per tornare poi a casa in tre.

La tua avventura sta per avere il suo lieto fine: dopo il tanto agognato abbinamento, hai conosciuto il piccolo Tilahun che presto arriverà in Italia. Quali sono le emozioni di questi giorni? Come immagini la futura vita a tre?
I giorni prima del viaggio per andare a conoscere il nostro cucciolo sono stati giorni snervanti e concitati. Tanti sono stati i preparativi da fare ed il tempo sembrava remarci contro. Oltretutto si ha la consapevolezza che si sta avvicinando il fatidico momento dell’incontro che certo non tranquillizza. Dopo giorni in cui il mio sistema nervoso sembrava essere andato un tilt, appena messo il piede in macchina per andare verso Malpensa sono stata investita da un’insolita calma che mi ha permesso di affrontare l’incontro con mio figlio. Utilissimi sono stati i colloqui di gruppo con le psicologhe dato che hanno saputo prepararci adeguatamente a quello che sarebbe stato il primo incontro che forse poteva rivelarsi diverso da ciò che una persona si aspettava.

Quale consiglio ti sentiresti di dare ad una coppia che vuole adottare ma non sa da che parte iniziare e si sente confusa?
Ad una coppia che sta per intraprendere questo percorso darei come primo consiglio quello di non aver paura di fare domande, di informarsi prendendo parte agli incontri organizzati dagli enti, di leggere i forum di famiglie adottive e chiedere a chi è più avanti nel percorso di raccontare la proprie esperienza, di parlare con sincerità sia alle psicologhe che alle assistenti sociali senza paura di riconoscere i propri limiti, di ingannare l’attesa documentandosi sul paese di origine del proprio figlio leggendo libri e capendo un po’ di più la storia le abitudini e le usanze di quel paese. Mio marito ed io ci siamo resi conto che alla fine non siamo stati solo noi ad adottare un bimbo, ma è stato il suo paese di origine ad adottare noi. Questo ci ha fatto sentire più vicini a lui. Un’altro consiglio che darei è quello di avere tanta pazienza perché è un percorso lungo e a tratti pesante, anche per la coppia, ma che allo stesso tempo riempie il cuore.

Grazie mille Sara e buona vita a te e alla tua nuova famiglia.


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