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Adriano Olivetti e la “vocazione” della fabbrica

Creato il 07 gennaio 2015 da Libera E Forte @liberaeforte

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Industriale coraggioso, intellettuale fuori dagli schemi, editore, politico, urbanista, innovatore delle scienze sociali: quella di Adriano Olivetti è una vita straordinaria che, partendo dalla fabbrica, giunge a un progetto di rinnovamento integrale della società”. A lui è dedicato il volume di Valerio Ochetto “Adriano Olivetti. La biografia” pubblicato dalle Edizioni di Comunità.

Giorgio Dell’Arti, nella sua recensione “In gocce” sul Domenicale del Sole 24 ore (Olivetti, “pescatore di uomini”), riprende la descrizione di Altiero Spinelli di un Olivetti “dagli occhi sognanti e dalla volontà di ferro, che pensava come un matematico e sentiva come un mistico”, e mette l’accento sulla sua umanità, ricordando l’episodio di quando, scoperto un dipendente a falsificare i conti, dopo avere saputo che aveva una situazione familiare difficile lo convoca comunicandogli un aumento che corrispondeva alla cifra da lui sottratta.

Una umanità che, unita alla consapevolezza del valore della cultura, genera lungimiranza: quando vengono tolte le griglie dagli scaffali della biblioteca di fabbrica e alcuni volumi spariscono, il direttore se ne rallegra perché “allora vuol dire che li leggono”.

Nel discorso di inaugurazione dello stabilimento di Pozzuoli, Olivetti afferma con fermezza l’esistenza di uno scopo superiore, più nobile, anche per una attività di tipo essenzialmente commerciale: “Può l’industria darsi dei fini? Si trovano questi fini semplicemente nell’indice dei profitti? O non vi è al di là del ritmo apparente, qualcosa di più affascinante, una trama ideale, una destinazione, una vocazione anche nella vita di una fabbrica?” Una concezione messa in pratica anche nel rapporto tra impiegati e datore di lavoro: ricorda Dell’Arti che “la qualità di vita di un operaio Olivetti risultava dell’80% superiore a quella di operai e impiegati di altre industrie comparabili” – compresa la Fiat.

Partendo dai viaggi americani fino all’impegno antifascista, ricordando i successi internazionali e l’intuizione dell’elettronica che portò l’Italia all’avanguardia nel mondo, Ochetto ripercorre il cammino di un uomo che, da imprenditore “illuminato”, guardava al profitto come a un mezzo e non come al fine, e che “ha avuto come guida la dignità della persona, i valori della cultura, l’idea di progresso come strumento per la costruzione di un mondo spiritualmente più elevato”. Peccato che la sua impronta sia stata cancellata con la stessa determinazione con cui si era tentato di imprimerla.

MC


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