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Afghanistan/ Guerra di genere. Donne sole a combattere gli uomini ignoranti

Creato il 28 novembre 2013 da Antonio Conte

Malala Yousafzai nello studio ovale x con il Presidente Obama. 11 Oct 2013

Malala Yousafzai nello studio ovale x con il Presidente Obama. 11 Oct 2013

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Quando due anni fa durante la lettura del libro “Zoya, La mia storia” con Jhon Follain e Rita Cristofari di Sperling Paperback, in cui una donna afghana racconta la sua battaglia per la libertà, ero stato prima atterrito e poi un poco – ma poco – sollevato per quel filo di speranza che alla fine si auspicava per le generazioni future in Afghanistan.

Avevo, sulla scia della lettura, dato il tema per una breve ricerca scolastica proprio all’associazione RAWA. L’Associazione delle Donne Rivoluzionarie Afghane che si battono per il rispetto per i diritti fondamentali della donna e degli altri uomini, e specie se bambini; loro hanno infatti la responsabilità della educazione: è evidente il paradosso, e se volete il cortocircuito culturale. E’ fondamentale far valere i valori ed il rispetto dei diritti umanitari internazionali. A scuola i ragazzi, specie le ragazze, nella loro ricerca avevano quindi  scoperto le loro lotte e le loro battaglie, quelle insomma in cui si perde atrocemente anche la vita. In quelle lotte sono tutt’ora impegnate: è a dir poco sconcertate e sono lasciate sempre più sole.

Venne fuori anche una storia siriana di un bambino di 8 anni che per fame aveva rubato una mela e per questo gesto, il suo braccio finì sotto un camion, tra la folla vociante mentre il ‘boia’ con megafono spiegava che giustizia veniva fatta. Al link proposto, se lo stomaco permette, ci si può documentare a fondo, anche con le immagini.

Donne Afgane prima del governo dei Talebani

Donne Afgane prima del governo dei Talebani

Mi ero detto, due anni fa, che con il nuovo governo insediato da 10 anni (ora sono trascorso 12) non avrebbe segnato un passo indietro. Solo per evocare alcune storie di cui è stata protagonista e testimone Zoya, si pensi al taglio delle mani in pubblico, all’uccisione di donne incinte per la curiosità anatomica di vedere il feto all’ottavo mese da parte dei talebani, alle uccisioni di questi talebani di cittadini nei posti di blocco stradali ed il conseguente ed l’atroce rito detto “ballo con il morto”, una pratica con la quale una volta decapitato l’incauto passante si versa dell’olio bollente sul collo a cicatrizzare le ferite del taglio. Un bidone viene mantenuto bollente apposta. La conseguenza è che il sangue ancora in circolazione fa traballare il corpo senza vita ancora per qualche minuto. Non si hanno parole per commentare tali nefandezze e sono troppo ingombranti per tenermele in mente da solo.

Le giovani donne aderenti a RAWA sono, nonostante tutti gli aiuti, lasciate al proprio destino, mentre abbiamo già dimenticato la storia di Malala Yousafzai.

Ora ci si chiede se sia mai concepibile che a dodici anni di governo di Karzai e con le imminenti elezioni si pensi a ripristinare le pratiche di lapidazione contro le donne adultere. Che si proponga la punizione mortale per lancio di pietre anche per gli omosessuali. Eppure è quanto sta accadendo.

La condizione della donna in Afghanistan oggi, dovrebbe interessare molto di più al movimento femminista che sta sensibilizzando sugli omicidi di donne da parte di uomini. La guerra di genere è quanto di più attuale in certi paesi di cultura diversa da quella denominata “Occidentale”. Come ha ricordato il Ministro della Difesa il Sen. Prof. Mario Mauro, alla recente del 4 a Novembre dalla sede COI di Roma, le nostre Forze Armate sono impegnate in operazioni di interposizione: “ci mettiamo in mezzo” – ha detto.

Ancora una cosa. Avevo quasi trascurato di leggere un recente articolo del giornalista Gianandrea Gaiani su Libero, “Afghanistan Anno Zero. Dodici anni di missione. Ma ora Kabul torna alla lapidazione”. Nel pomeriggio una telefonata con un caro amico mi ricorda che ne avevo condiviso il link sulla mia bacheca di Facebook. Lo faccio a volte per ricordarmi la sua lettura per il dopo, preso forse nella contingenza degli impegni del momento.

Ci si chiede se questo impegno – e questo sacrificio italiano di 53 caduti in tempo di pace e moltissimi feriti – abbia avuto un senso per questo signor Karzai. A sentire i nostri militari hanno di noi un profondo rispetto. Perché se non l’avesse un senso, il nostro lavoro – quello italiano – sarebbe stato vano in questa strategia. Forse dovrebbe si investire di più nella valorizzazione e nella difesa delle donne, in particolar modo delle giovani donne: il vero futuro di civiltà di quel paese. Vero è che le politiche estere militari hanno rigorosi limiti di azione definiti da precise Risoluzioni Nato, ma molto ancora si potrebbe fare la politica estera, con il volontariato nella formazione e nell’istruzione.

Antonio Conte

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