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Africa Addio – Gualtiero Jacopetti, Franco Prosperi

Creato il 23 novembre 2015 da Maxscorda @MaxScorda

23 novembre 2015 Lascia un commento

Africa addio
Eccoci dunque al film piu’ importante tra quelli scritti e diretti da Jacopetti. Vero forse che "Africa addio" non ha aperto la strada ad un genere come "Mondo cane" ma sotto ogni punto di vista, evolve e nel contempo sposta la mira verso altri bersagli. Se nei capitoli precedenti, l’Africa nel bene e nel male e’ ancora ritratta come terra esotica, un esotismo che nasce dal primitivismo ritrovato tanto di moda oltreoceano, non di meno Jacopetti sviluppava le potenzialita’ giornalistiche oltre l’entertainment.
Vero anche che dell’Africa restavano forti tracce dell’avventura colonialista italiana, la sola avuta negli ultimi 1000 anni e comunque le cronache internazionali, le stesse raccontate sotto un’altra prospettiva dal film, proiettano la pellicola nella cronaca che in quei giorni si stava scrivendo.
Il tema e’ l’Africa post colonialista ma adoperando sintassi da social network 2.0 si potrebbe anche sintetizzare in "quello che i media non vi dicono".
Di quell’anno e’ "La battaglia di Algeri" di Pontecorvo, tanto per dire dove soffiasse il vento, un vento corrosivo che dal continente nero all’ingenuo Occidente, soffiava non certo per il bene degli africani ma per sostituire i vecchi padroni con altri, padroni con mire economiche come gli indiani e con mire politiche come i comunisti sovietici, che poi alla fine e’ la stessa cosa. Questa pero’ e’ storia mentre il punto centrale e’ l’etica dell’operazione jacopettiana.
Cosi’ inizia il film:
"La nuova Africa risorgerà lottizzata sulle tombe di qualche bianco, di milioni di negri e su quegli immensi cimiteri che una volta furono le sue riserve di caccia. L’impresa è così moderna e attuale che non è il caso di discuterla sul piano morale. Questo film vuole soltanto dare un addio alla vecchia Africa che muore e affidare alla storia il documento della sua agonia."
A prescindere da cio’ che si pensa di tutta la questione, serve riconoscere l’importanza di un documento che ha una sua impostazione e un suo pensiero autonomo e cio’ merita rispetto a prescindere dalle proprie opinioni, sempreche’ le proprie opinioni concepiscano pareri discordi, il che non e’ sempre vero.
Per la liberta’ ogni prezzo e’ dovuto? Ma soprattutto, capiamo che la liberta’ implica un popolo che sappia poi gestirla, controllarla, amministrarla? E ancora, il caos anarchico e’ preferibile all’ordine? E’ giusto infine affermare che le democrazie violente siano preferibili a blandi regimi?
Dal 1966, anno di uscita del film, si sono scritte enciclopedie a riguardo. Jacopetti dice: il colonialismo e’ male? Si. Cio’ che lo sta sostituendo e’ meglio? Assolutamente no. Brutta gente quei bianchi colonialisti allampanati e fuori dal mondo? Chi gli preferisce gli infiniti Bokassa, con kili d’oro al collo e morti ammazzati nel freezer, dice di si.
Oggi abbiamo 50 anni di senno del poi sul quale ragionare e un dato certo e’ che non sono bastati affinche’ questa povera terra trovasse un equilibrio. anzi.
Riconosciamo nelle mostruosita’ che ci giungono dall’Africa oggi, le stesse di allora, stessa insanabile violenza che forse un tempo poteva essere scambiata per reazione, oggi e’ tragica constatazione di un orrore morale che travalica il predominio tra i popoli ma rientra nel computo di gente sfalsata cronologicamente  di millenni da noi.
Poi anche questo per piu’ d’uno e’ una cosa bellissima, sempre la stessa feccia che da allora a oggi, e’ riuscita a conquistare i posti di comando e che insiste nel far passare la barbarie come forma alternativa di civilta’ ma del resto c’era chi fomentava odio ideologico dentro a stanzette ammuffite in qualche sede di partito, molto distante da chi come Jacopetti ha rischiato la pelle trovandosi sanguinante e spalle al muro con un mitro puntato, come si vede dalle drammatiche riprese.
Penso al piu’ recente caso del Sudafrica, vuoi per i santi premi Nobel e per la schiera di guitti al suo seguito, vuoi che ce ne hanno raccontate tante ma tutte di un solo colore e infine perche’ si presta bene per rispondere alla domanda: questa liberta’ vale 70 morti ammazzati al giorno, 10 mila all’anno o 64 mila stupri, una donna su 4 e fate voi il conto al giorno? Certamente se sono morti, figlie e mogli degli altri, qualche entusiasta lo si trova.
Tutto qui. Comunque ricordiamo che molti di quei bianchi cacciati e uccisi, era gente che viveva li’ da tre generazioni, un lasso di tempo che qualche diritto dovrebbe pur garantirlo, alla luce poi delle modernissime proposte di rendere cittadini italiani gente che pesta il nostro suolo da un lustro o poco piu’.
Ce n’e’ anche per chi degli uomini non gliene puo’ fregare di meno, perche’ l’eccidio animale e’ l’ultimo dei problemi per chi non ha interesse alcuno della vita altrui e se degli inglesi puoi dire tutto il male possibile ma quando si tratta di bestie, ne hanno piu’ cura che degli delle persone.
Percio’ la loro dipartita e’ coincisa anche con la totale distruzione di oasi faunistiche preservate accuratamente per decenni e se centinaia di cadaveri umani non turbano le vostre coscienze, quelli animali forse si.
Sembra non stia parlando del film ma il film in realta’ e’ questo, domanda e risposta, e’ giornalismo sul grande schermo, soprattutto e’ una voce fuori dal coro che si puo’ rifiutare ma prima e’ da ascoltare.
Sul girato in senso stretto, la bravura e il coraggio del duo e’ innegabile. C’e’ cura, arte, mestiere, il voler dare la forma migliore ad un discorso che merita molta cautela ed autorevolezza. La morte e’ veramente in diretta ma non ci si limita a riproporla, si vuole farlo con un taglio e uno stile che ha fatto epoca, anticipando di decenni cinema e televisione d’informazione.

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