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Africa: gli speculatori all’attacco della terra

Creato il 04 ottobre 2011 da Informasalus @informasalus
CATEGORIE: Etica
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Africa: gli speculatori all’attacco della terra

Un rapporto dell’Oakland Institute lancia una pesante accusa contro banche e fondi d’investimento: comprano terreni africani per speculare sul prezzo del cibo. Le colture vengono sostituite con campi di fiori da recidere o convertite a biocarburanti.
Se volete trovare risposta alla crescita dei prezzi dei beni alimentari dimenticate azioni, futures e strumenti finanziari derivati. In buona parte la ragione dell’impennata del costo dei cibo a livello globale (l’indice Fao è salito del 37% dall’inizio dell’anno) potrebbe essere stata determinata da qualcosa di molto più “concreto” - e preoccupante - che si è verificato negli ultimi anni. A spiegarlo è il think tank californiano Oakland Institute, che ha lanciato un duro atto d’accusa nei confronti dei “soliti noti”: i grandi finanzieri internazionali.
Sarebbe loro, infatti, la colpa della volatilità registrata nei prezzi alimentari negli ultimi mesi. A stupire, però, è il metodo utilizzato: una corsa smodata per aggiudicarsi ampi appezzamenti di terreni in Africa. Gli hedge funds e alcuni fondi pensione avrebbero in tal modo reso instabile la produzione agricola e, di conseguenza, i mercati.
«Le stesse compagnie finanziarie che hanno provocato la recessione globale, drogando la bolla sul real-estate attraverso operazioni ad alto rischio, ora si stanno comportando nello stesso modo con il cibo», ha spiegato Anuradha Mittal, direttore esecutivo dell’istituto americano. I dati, infatti, sembrano lasciare poco spazio alle interpretazioni: solamente nel 2009 - si legge in un rapporto pubblicato lo scorso giugno - 60 milioni di ettari (la stessa estensione di un Paese come la Francia) sono passati sotto il controllo di soggetti stranieri. Un vero e proprio boom: fino al 2008 non si era superata la cifra media di 4 milioni annui. “Si stima - prosegue il report - che affari di questo tipo stiano per essere presi in considerazione in almeno 20 Stati africani. Si tratta di business incredibili”.
Grandi affari per tutti
Nell’introduzione, firmata da Howard Buffett, presidente dell’omonima associazione umanitaria, si spiega quali siano i metodi utilizzati dai fondi speculativi, che spesso godono incredibilmente dell’appoggio convinto delle istituzioni internazionali. «Solo pochi mesi fa - racconta Buffet - mi è stato personalmente offerto di investire in un affare del genere da un hedge fund, che mi ha spiegato di avere raggiunto un accordo con il governo locale. Quest’ultimo avrebbe fornito il 70% dei finanziamenti necessari e accordato un affitto di 98 anni. Il costo? Irrisorio: 2,91 dollari per acro all’anno. Un altro fondo mi ha promesso invece rendimenti tra il 15 e il 20%. Mentre i terreni agricoli negli Stati Uniti hanno garantito il 6% negli ultimi trent’anni».
Nel “business” si sono gettati in molti. Anche alcune compagnie indiane e cinesi. La fetta più grande, però, è andata ai gruppi occidentali controllati da ricchi privati americani o europei. E, soprattutto, ai fondi d’investimento hedge, spesso legati a colossi bancari come JPMorgan o Goldman Sachs. Ma la portata del fenomeno risulterebbe talmente vasta da aver coinvolto, di fatto, perfino alcune grandi università statunitensi, come Harvard, Spelman o Vanderbilt, che, avendo investito ingenti capitali in fondi come l’inglese Emergent, sono diventati proprietari di parte dei terreni.
Comunità locali derubate o raggirate
Un comportamento “scandaloso”, secondo l’Oakland Institute. «È ora di uscire da questi fondi e di investire in modi che siano in grado di costruire delle comunità, anziché devastarle», ha aggiunto Anuradha Mittal. Anche perché la maggior parte di tali investimenti sarebbe stata effettuata con metodi del tutto opachi, senza tenere in considerazione le esigenze delle popolazioni locali, dell’ambiente e minando in alcuni casi la stessa stabilità politica dei Paesi. I nuovi proprietari, infatti, spesso rimpiazzano le colture tradizionali con distese di coltivazioni per biocarburanti o di fiori da recidere. Il che ha prodotto una netta riduzione dell’offerta alimentare, con tutto ciò che questo comporta a livello internazionale. Un meccanismo speculativo tanto elementare quanto privo di scrupoli.
Ma non è tutto: alcune autorità africane (in Etiopia, Mali, Sierra Leone, Mozambico, Tanzania, e Sudan) avrebbero anche negoziato le vendite in modo del tutto superficiale. “Vengono ingaggiati agenti o coordinatori per identificare le terre oggetto delle speculazioni”, spiega il rapporto. E nei casi in cui la trattativa ha visto protagonisti direttamente i capi delle tribù locali, i fondi avrebbero spesso “pagato” con false promesse di posti di lavoro e di progresso. Mentre quando vengono corrisposti in contanti, i prezzi sono risultati stracciati: affitti da 2 dollari l’anno per ettaro in Sierra Leone e da 6,75 dollari in Etiopia. Mentre in Brasile o in Argentina sono necessari almeno 5 o 6 mila dollari per quote equivalenti di terreno.
«Nessuno può credere che questi investitori abbiano a cuore l’Africa. Questi accordi servono solo per far accumulare dollari a leader corrotti e a finanzieri stranieri», ha tuonato Obang Metho, della campagna Solidarity Movement for New Ethiopia, in un’intervista rilasciata alla CNN. Da parte loro gli hedge negano tutto. EmVest Asset Management, ad esempio, ha dichiarato di non aver mai siglato alcun accordo sospetto: «Compriamo terreni solo in modo legale e onesto». Leciti o no, gli affari dunque si fanno. E i prezzi del cibo vanno alle stelle.


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