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Africa subsahariana a Verona / Grazie alla "collezione" Fabrizio Corsi è come andare alle origini del mondo creato

Creato il 24 marzo 2012 da Marianna06

 

MuseoAfricanoLogo

Fino al 30 settembre di quest'anno è possibile, per chi lo volesse, recarsi a visitare, tutti i giorni della settimana, il Museo Africano della città di Verona dei missionari comboniani, dove appunto  è ospitata, straordinariamente, la ricca collezione di Fabrizio Corsi di cui Nigrizia, la rivista mensile dei padri, ha più volte  parlato e anche con dovizia di illustrazioni.

Perché un suggerimento del genere?

Per impiegare bene  sopratutto un fine settimana e poi perchè il conoscere non è mai abbastanza. 

E anche perché la visita al museo, oltre che ovviamente alla bella ed elegante città di Verona, è  uno stimolo, se si vuole, ad approfondire spiritualità e senso del religioso, che ci giungono  dai primordi dell'umanità e di cui oggi,detto francamente, siamo tutti un po' piuttosto carenti.

L'Africa infatti , la nostra Madre a detta degli scienziati, la culla dell'umanità intera,  e il Mito con il suo fascino prorompente, che precede la  Storia, hanno sempre tantissimo da insegnarci.

Il titolo dato alla mostra è "Arte africana :cosmo, umanità ed eterno ritorno".

Le opere, quasi tutte provenienti dai Paesi dell'Africa subsahariana,  presentano il ciclo della vita nella visione sacrale della cosmogenesi africana, che significa apparizione degli animali dei primordi,  degli animali  via via più evoluti fino a giungere ,per gradi, alla creazione della persona umana nella sua duplice identità di maschio e femmina.

Con la creazione della persona umana , all'atto della nascita  e con i dovuti distinguo di maschio e femmina, è  possibile comprendere così il senso e il significato profondo dell'attraversamento della vita, in ruoli differenti, fino ad arrivare al termine dell'esistenza stessa e all'appuntamento  immancabile con gli antenati.

Coloro  cioè che ci  hanno preceduto su quel cammino e che l'africano venera come viventi , in vista della rinascita e dell'eterno ritorno.

Al di là dell'apparente complessità di un discorso del genere, che potrebbe forse incutere anche soggezione a chi preferisce lo svago tout court oppure, peggio ancora, di una visione superficiale anch'essa possibile o comunque abbastanza scontata, una visita al Museo Africano di Verona è un modo per avvicinarsi al mondo,ad esempio, dei nostri immigrati africani, gli africani-italiani, che sono  uomini e donne portatori di una  cultura differente che, alla fine però, specie nelle "cose ultime", si rivela  molto compatibile con il nostro modo di leggere la vita. 

Compatibile perché,  ad una riflessione attenta , la spiritualità africana riesce a far dare un calcio a tutta quella chincaglieria materialista, che è invece della cultura mercantile occidentale.

Spiritualità,  da sempre, per l'africano significa legame stretto tra vita e morte. Ciclicità ininterrotta e ininterrompibile.Rispetto per la vita e rispetto per la morte, che sono un "unicum".

Contro quanto si vede oggi, anche in Africa, dove i valori tradizionali di civiltà millenarie hanno rischiato e rischiano di finire in  "non cale" a causa dell'incontro e della voglia di "business "dell'uomo bianco.

Uno dei tanti titoli della rivista "Nigrizia", nel numero di marzo, a proposito della mostra di Verona, recita così : una mostra-antidoto.

E recita bene.

 Specie se si vuole recuperare  in cultura ma sopratutto in quell'  indispensabile supplemento di umanità che, di questi tempi, non guasta affatto.

 

   A cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)

 

  Il dipinto in basso è dell'artista spagnolo Josep Segui Rico  

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