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Agricoltura, la scelta di Chiara

Creato il 22 novembre 2012 da Tipitosti @cinziaficco1

Quando ha cominciato a non provare più entusiasmo, ma solo stanchezza e delusione per quello che faceva, ha dato un colpo di reni e si è reinventata una vita. E’ stato faticoso,  sì, perché ha lasciato una esistenza comoda, fatta di punti fermi. Ma ora in un’altra città e con un nuovo lavoro Chiara Innocenti è davvero soddisfatta. Ad aiutarla nella sua avventura, due amici, Francesca e Andrea, che sono diventati partner. E’ con loro che spesso trascorre tante notti a fare conti e progetti per far crescere la sua attività: Tunia. Venticinque ettari nel cuore della Val di Chiana 

Agricoltura, la scelta di Chiara
Chiara è cresciuta a Pisa, ma dopo la laurea in Economia e Commercio, conseguita due anni fa, si è trasferita a Milano per lavoro.

“Sono stata fortunata – spiega –  perché in poco tempo sono riuscita a trovare un buon impiego in un’azienda bancaria dove, dopo la normale gavetta,  sono stata assunta a tempo indeterminato. Nel 2008, però, anche a Milano la crisi ha cominciato a farsi sentire. Nell’azienda in cui lavoravo iniziavano a parlare di ristrutturazione e il clima si faceva sempre più pesante.  Non solo. La vita in città mi stava logorando. Io a Milano sono stata sette anni. Quando nel 2008 l’ho mollata ero proprio stanca. Intanto da anni io e Francesca, un’amica dei tempi dell’università, sognavamo di fare qualcosa insieme. Lei era in Sardegna, ma voleva rientrare in Toscana. E allora? Abbiamo colto la palla al balzo. E abbiamo dato vita a Tunia, http://www.tunia.it/, un’azienda vitivinicola”.  L’idea è venuta in modo spontaneo, fa sapere Chiara, perché Francesca, dopo la prima laurea in Biologia, ne aveva conseguita una seconda in Viticoltura ed Enologia.

“Qualche notte insonne tra Milano e Sassari a fare i conti, a capire quanto doveva essere grande l’azienda per essere sostenibile – aggiunge Chiara – e poi ci siamo dette: ‘Beh, cominciamo a vedere se riusciamo a trovare un vigneto. In tre mesi l’abbiamo trovato ed è nata Tunia. Intanto si è aggiunto Andrea, che sorveglia l’attività da lontano, continuando a svolgere la sua attività nel campo dell’informatica”.

Ma c’è stata tanta improvvisazione da parte vostra? “Io sono laureata in Economia e commercio – replica Chiara – quando con Francesca ho cominciato a fare sul serio, ho anche pensato ad una precisa suddivisione dei compiti. Perché una cosa era chiara: avremmo dovuto fare le cose bene. Lo spazio per l’improvvisazione era veramente poco. Io mi sarei dovuta occupare degli aspetti di marketing e della parte gestionale, lei di quelli legati alla produzione (vigna e cantina). L’agricoltura, poi è, forse, il settore in cui la volontà  di fare le cose bene ha più possibilità di essere espressa. Wendell Berry diceva che mangiare è un atto politico. Figuriamoci realizzare prodotti agricoli! Poi, come ho detto, l’idea di dedicarsi al vino è stata la conseguenza del percorso di studi di Francesca.

Agricoltura, la scelta di Chiara
Non le nascondo che è stato complicato, pesante cambiare lavoro e città. Anche Francesca lo ha fatto con qualche difficoltà. Lei era dipendente in una cantina sarda e faceva l’enologa”.

Quando siete partiti non vi  spaventava la concorrenza di chi era già conosciuto sul mercato? Qual è il vostro punto di forza?  “In effetti – sorride Chiara –  la concorrenza è molto presente e agguerrita. Abbiamo scelto di posizionarci in un segmento di mercato ben preciso. Facciamo agricoltura biologica e da quest’anno  abbiamo deciso di spingerci oltre. Con un agronomo del centro di viticoltura sostenibile stiamo studiando metodi da applicare nella vigna per ridurre l’utilizzo di rame e zolfo anche rispetto alle quantità imposte dal disciplinare  del biologico. Stiamo sostituendo i cordini in plastica normalmente utilizzati per legare le viti con del filato in carta del tutto biodegradabile per evitare di disperdere la plastica. Facendo i conti nel nostro vigneto se ne disperderebbero 150 chilogrammi equivalenti a 16 chilometri nel terreno. Anche in cantina cerchiamo di limitare l’utilizzo di sostanze chimiche. Per esempio usiamo pochissima solforosa, ben al di sotto dei limiti imposti dalle ultime normative e, comunque, vogliamo che l’uva possa esprimersi per quello che è, senza intervenire con correttivi. Quindi solo lieviti autoctoni, nessuna aggiunta di tannini o correttori di acidità. In generale abbiamo optato per un approccio che punti molto sulla qualità, sia per il prodotto sia per la comunicazione”.

In che senso?  Per studiare il vestito da dare al vino i tre soci hanno coinvolto uno studio grafico, “perché crediamo – sottolinea Chiara –  che il meglio si possa ottenere solo se ognuno fa il mestiere per cui è preparato: non abbiamo neanche provato a disegnare noi le nostre etichette!”.

La produzione di Tunia è cominciata nel 2009. Tre anni fa la loro prima vendemmia. Le quantità prodotte stanno aumentando . I vini attualmente sul mercato sono tre: un bianco e due rossi per un totale di circa 17 mila bottiglie.

Ma Tunia non produce solo vino. “Abbiamo anche 600 piante di olivo – afferma Chiara – Per l’olio la produzione è più variabile. Fino ad oggi l’annata con la resa migliore ha dato circa 430 litri di olio. Solo nel 2012 abbiamo avuto la gamma completa dei nostri vini sul mercato. Il 2012 è stato per noi l’anno in cui l’attività commerciale ha assunto rilevanza. Il primo passo è stato il consolidamento sul mercato locale, e poi abbiamo cominciato a fare le prime fiere che oggi iniziano a darci qualche contatto con l’estero. Il nostro vino per ora lo potete trovare nei Paesi Bassi”.

E per la distribuzione? I tre hanno deciso di non avvalersi per ora di agenti o distributori. “Tunia è nata da poco  - specifica – ed ha bisogno di un volto. Vogliamo che Tunia ci assomigli. Per questo per ora del commerciale ci occupiamo noi in prima persona ed evitiamo di affidarlo ad estranei. Infine abbiamo voluto riservare grande attenzione anche al mercato dei privati: abbiamo strutturato una parte del nostro sito per svolgere la vendita on line dei nostri prodotti.”

Chiara, ma non  era meno stressante il lavoro che faceva prima?  Perché non ha continuato nello stesso settore? “Certamente – risponde  - la vita da imprenditore non è rilassante. Quando è una cosa tua non dormi la notte! E poi la vita da imprenditore agricolo è molto diversa da quello che si crede: si pensa alla vita all’aria aperta, al vento nei capelli, al cinguettio degli uccelli. Invece, sono ore e ore passate al computer, riunioni con i fornitori, giornate in piedi alle fiere e chilometri macinati con l’auto. E’ chiaro che poter lavorare su qualcosa di tuo ti ripaga di tutto! Non tornerei indietro e l’attività di prima non mi manca, anche perché nel lavoro di oggi c’è anche molto di quella precedente!”

Quali sono i vostri sogni? “Attualmente il nostro obiettivo -  dice – è creare il centro aziendale di Tunia: dobbiamo ristrutturare alcuni fabbricati presenti in azienda per creare una zona ricevimento e degustazione, rifare una parte della cantina, degli uffici e anche di casa mia. Purtroppo le lungaggini burocratiche, che ormai caratterizzano il nostro Paese e che rendono tanto difficile la vita dell’imprenditore, ci stanno facendo andare a rilento.  Pensi che i primi progetti sono stati presentati all’amministrazione comunale a luglio di tre anni fa. Ma continuiamo a sperare”.

Perché il nome Tunia? “Tunia – spiega –  è una delle trascrizione latine del nome del principale dio del pantheon etrusco, una specie di Giove. Ovviamente era il dio che presidiava alla maturazione dei frutti. Per noi rappresenta un omaggio al territorio di Arezzo, terra Etrusca per eccellenza, ma anche la terra che ci ha accolto”.

Agricoltura, la scelta di Chiara
Cosa consiglia ai lettori di questo blog, che vogliano tentare di percorrere la sua strada e che non hanno tanto da investire?  “L’agricoltura – dichiara – è un mondo affascinante, sicuramente attualmente in controtendenza: è l’unico settore che registra un aumento del numero di addetti. La crisi sta facendo ritornare in campagna molti giovani. Sicuramente in tempi difficili come quelli che stiamo vivendo la probabilità di doversi inventare “imprenditori” – nel piccolissimo o nel grande che sia – è sempre maggiore. Quello che mi sento di dire è che bisogna metterci impegno e serietà. Le cose fatte a caso non vanno da nessuna parte. In agricoltura questa cosa deve essere tenuta ancora più in considerazione, perché i modelli veramente imprenditoriali stentano a prendere piede”.

Si sente una tipa tosta? “A giudicare dall’agitazione – afferma scherzando – che mi assale periodicamente forse non posso dire di essere così tosta! Certo è che nel momento in cui rischiavamo di subire la brutta piega, che questo Paese sta prendendo, abbiamo dato un colpo di reni e ci siamo reinventati una vita. Sicuramente tosta è Tunia, intesa come l’insieme di Chiara, Francesca e Andrea, che riescono a mantenere alto il morale anche nei momenti in cui uno dei tre cede un po’.

     Cinzia Ficco


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