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Ai bordi dell'infinito di Elena Valdini

Creato il 31 maggio 2012 da Ilibri

AI BORDI DELL'INFINITO - di Elena Valdini AI BORDI DELL'INFINITO - di Elena Valdini

Titolo: Ai bordi dell'infinito
Autore: Elena Valdini
Editore: Chiarelettere
Anno: 2012

Elena Valdini, curatore dell’opera, spiega che “Questo libro parla di noi … perché provoca il nostro sentire. Volammo davvero, dicevamo cinque anni fa. Dove? Ai bordi dell’infinito, rispondiamo cinque anni dopo.” E ancora: “Questo libro è fatto … di frammenti e analisi, suggestioni e testimonianze, e progetti concreti” ... “Questo libro fa un po’ quello che fanno i diari, e ora come allora non distingue le firme illustri da quelle di sconosciuti illustri.

Ho di fronte a me molte alternative per commentare questa raccolta di testimonianze (Erri De Luca, Teresa De Sio, Sergio Cusani sono le prime tre; più avanti c’è anche Stefano Benni. E molti altri). Tra le varie possibilità, scelgo quella sicuramente più scontata, la più naturale: un itinerario attraverso le canzoni-poesie di colui che è stato sì una persona di straordinaria umanità – come le pagine di quest’opera documentano – ma che per me rimane principalmente l’artista, il poeta, il cantautore generazionale che tutti noi abbiamo amato. Il mio commento pertanto utilizzerà principalmente i suoi versi. E la sua musica che incanta.

Vladimir Luxuria ci consente di selezionare “Princesa per ribadire quella che è una tautologia soltanto apparente nella nostra società fondata sulle discriminazioni: “L’amore ha l’amore come solo argomento”.

“Perché Fernanda è proprio una figlia
come una figlia vuol fare l’amore …
… è una bambola di seta
sono le braci di un’unica stella …”

Marco Revelli vive dall’interno i campi rom interpretando in prima persona le distruzioni delle kampine operate dall’intolleranza. Mentre una cultura millenaria rivive in “Khorakhané”, al di là di ogni pregiudizio sciovinista:

“E se questo vuol dire rubare
… lo può dire soltanto chi sa di raccogliere in bocca
il punto di vista di Dio …”

Don Luigi Ciotti con Marco Neirotti invoca “il diritto alla rabbia”, esplorando “La città vecchia”:

Ma se capirai, se li cercherai fino in fondo
se non sono gigli sono pur sempre figli
vittime di questo mondo.”

E commuove con i drammi dei suicidi adolescenziali sulle rime della “Preghiera in gennaio”:

Dio, fra le sue braccia
soffocherà il singhiozzo
di quelle labbra smorte
che all'odio e all'ignoranza
preferirono la morte.”

Il pensiero e gli ideali del cantastorie genovese animano veri e propri progetti personali e sociali.

Così ci trasferiamo nelle carceri. Il tema della prigionia è particolarmente caro a Fabrizio De André anche a causa della sua personale esperienza di sequestrato, vissuta con grande dignità, riservatezza e spirito di perdono.

Angelo Aparo descrive “il laboratorio sull’identità deviante” e così viene il momento de “La ballata del Miché”:

Domani Miché
nella terra bagnata sarà
e qualcuno una croce col nome la data
su lui pianterà

Gruppo Elettrogeno racconta la “Spoon River Story”; Catello, Francesco, Gianluca, Jonatha e Savio illustrano il loro entusiasmante progetto serigrafico; Alfredo Franchini ricorda “Quel giorno a Is Arenas”, che non è soltanto una spiaggia fiabesca della nostra Sardegna. E allora noi selezioniamo “Don Raffaé”:

E al centesimo catenaccio
alla sera mi sento uno straccio
per fortuna che al braccio speciale
c'è un uomo geniale che parla co' me

Salvatore Niffoi, Salvatore Natoli e Marco Bellocchio affrontano il tema del dolore: sia esso condivisione, esperienza diretta o “dolore femmina”. Ma Fabrizio de André ha una concezione antalgica dell’arte. Nelle nostre orecchie intanto riecheggia la lirica de “Il testamento di Tito”:

Io nel vedere quest'uomo che muore,
madre, io provo dolore.
Nella pietà che non cede al rancore,
madre, ho imparato l'amore.”

Il delicato tema della malattia mentale, in fondo, (“Faber in mente” di Gabriele Catania) è riconducibile alla mancanza di “certezza di essere amati a prescindere”. Un po’ come nella “Ballata dell’amore cieco (o della vanità)”:

Morir contento e innamorato,
quando a lei niente era restato,
non il suo amore, non il suo bene,
ma solo il sangue secco delle sue vene.”

Potere dell’arte! Quella di Faber diviene anche strumento per affrontare i deficit comunicativi e relazionali, come testimonia il Gruppo Khorakhané in “La parola al vento”, variando i temi di “Bocca di rosa”:

La chiamavano bocca di rosa
metteva l'amore sopra ogni cosa ...”

Un gruppo di insegnanti di Pavia utilizza in modo originale e creativo “La guerra di Piero” nell’ambito del progetto “Mille papaveri rossi” per sottoporre l’orrore della guerra ai bambini delle scuole elementari, che ci sorprendono reinventando la loro “guerra di Piero” e valorizzando la purezza fanciullesca dello spirito di Fabrizio. A Buenos Aires, la stessa indimenticabile canzone è colonna sonora – come illustrato da Lidia Acquaotta e da Lidia Cangiano – per un progetto d’integrazione interculturale. E a noi sembra di sentire ancora:

Dormi sepolto in un campo di grano
non è la rosa non è il tulipano
che ti fan veglia dall'ombra dei fossi
ma son mille papaveri rossi …” 

Padre Alex Zanotelli racconta l’inferno di Korogocho, la bidonville di Nairobi, e fa propria la conclusione di “Via del Campo”:

Dai diamanti non nasce niente
dal letame nascono i fior …”

E l’inferno della fame e dei rifiuti, delle bambine prostitute e dei malati di Aids diviene il paradiso doloroso ove si penetra il mistero di Dio e della sofferenza umana. Ma non è una mistificazione: con la veemenza della ragione e della verità Alex si scaglia contro le contraddizioni di una società consumistica e iniqua che sta perdendo l’uomo. Sono scosso dalla potenza di questa testimonianza, che declina le imbarazzanti verità sulle vergogne della pseudocultura finanziaria dei paesi ricchi. E allora la mia tristezza vola sulle ali della poesia della “Storia di Marinella”:

Questa di Marinella è la storia vera
che scivolò nel fiume a primavera
ma il vento che la vide così bella
dal fiume la portò sopra a una stella.”

Ultimata la lettura, mi rimane una chiara convinzione sul valore dell’arte: è una forza che può smuovere il mondo. Attraverso comportamenti concreti che incarnano la purezza delle idee. Come ancora continua a fare Fabrizio De André, “Il pescatore”, vivo più che mai tra di noi anche attraverso l’attività della Fondazione Onlus a lui dedicata. Con l’ammirazione di …

… Bruno Elpis, che dedica al riposo di Fabrizio i suoi stessi versi:

All’ombra dell’ultimo sole
si era assopito un pescatore
e aveva un solco lungo il viso
come una specie di sorriso.”

  

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