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Al fast food della violenza

Creato il 13 ottobre 2010 da Ilgrandemarziano
Al fast food della violenzaAgli esseri umani piace sentirsi parte di qualcosa di speciale. Li gratifica. Nel bene, come nel male. Anzi, soprattutto nel male. Dopo i recenti episodi di violenza, il tassista preso a botte e mandato in coma per aver involontariamente investito e ucciso un cane; una donna - ieri - cui è accaduta una cosa simile per una lite scoppiata per futili motivi; o ancora il tizio che uscì di casa qualche tempo fa e uccise la prima donna che incontrò; per non parlare dei casi di molestia, dalla vicenda di Sarah Scazzi, alla bambina di due anni molestata dal fidanzato ventunenne di sua sorella, sembra stia succedendo qualcosa nell'immaginario delle persone.
Ieri ho letto e sentito in giro di persone indignate, che parlavano di virus della violenza o di follia diffusa nelle persone cui gli uomini si troverebbero esposti oggigiorno, come se questi tempi fossero in qualche modo speciali, come se bisognasse trovare per forza un contenitore in cui mettere questa violenza, forse per capirla, disciplinarla, saperla distinguere o, forse, per riuscire a scartarla, eluderla, come se tutti quanti ne fossero potenzialmente esposti e rischiassero il contagio, come se i tempi fossero diversi, cambiati rispetto a un ipotetico prima. E se i tempi sono cambiati significa che prima era meglio, e se prima era meglio, significa che c'è speranza, perché si può sempre sperare in una remissione, di tornare - almeno per un po' - in una fase migliore di questa, com'era - appunto - prima.
Al fast food della violenzaMi spiace deludervi, ma non è così. Da quassù forse ho la fortuna di vederlo meglio, perché la mia posizione mi consente una visione d'insieme che a voi è preclusa. Vi piaccia o no, l'uomo (ma anche il marziano) è un animale. L'uomo sbaglia. L'uomo ha istinti. L'uomo è violento. Siete davvero convinti che nel medioevo, o ai tempi dei romani, o nel XVII secolo le cose andassero meglio? No. Anzi, penso decisamente che vadano meglio ora, a dispetto di quello che si legge, e si sente, e si vede in giro. Perché è proprio qui che sta il fulcro, la differenza: quello che si legge, e si sente, e si vede in giro. I media.
Giornali e televisioni servono in continuazione il menù della disgrazia. È quello che sanno fare meglio, l'unica cosa che dà un senso alla loro esistenza, sempre in bilico sul filo del rasoio dell'audience, sia essa fatta di spettatori o di lettori. Così il loro compito è cercare, filtrare, vagliare, trovare e raccontare tutte le storie di violenza del mondo e cucinarvele e servirvele in tempo reale, meglio se stanno ancora accadendo, come delle patatine fritte cotte al momento. Sbattervi in faccia il sangue e il dolore e le lacrime e, quando si è fortunati, anche la morte. Perché è quello che vi fa dimenticare il telecomando o cliccare sul link giusto. E la scorpacciata di violenza è servita. Burp.
Al fast food della violenzaTuttavia non dovete mai perdere di vista il fatto che sono i media che confezionano quel menù apposta per voi. Tutto insieme. Ve lo evidenziano, ve lo esaltano, ve lo enfatizzano, affinché voi compriate, leggiate, clicchiate... Così, a un certo punto, senza neanche bene sapere perché, come un fegato spappolato dai continui fritti quotidiani, vi ritrovate convinti che il mondo sta andando a rotoli oggi. In realtà tutto è iniziato molto tempo fa. Tutto ha cominciato ad andare a rotoli quando avete preso un osso tra le dita, avete pensato bene di poterlo brandire come una clava e avete cominciato a usarlo per ammazzare più velocemente la vostra prossima preda. Eravate ancora tutti pelosi, ma l'idea del fast food era già dentro di voi.

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