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alcune poesie di Luciano Mazziotta, da *Città biografiche*

Creato il 22 agosto 2010 da Viadellebelledonne

Propongo qui una selezione di poesie di un amico e giovane poeta, Luciano Mazziotta, in cui credo molto.

Spero incontreranno la vostra attenzione. (nc)

alcune poesie di Luciano Mazziotta, da *Città biografiche*

Città biografiche - Luciano Mazziotta

*** *** ***

Pensa se fosse così la città

 

Pensa se fosse così la città,

se ci fossero le auto ferme

ai semafori, e se allo stop

bloccassero i cerchi in lega

e facessero un cenno con

gli abbaglianti. Se gli abitanti

abitassero, se sui muri ci

fossero luci e pubblicità;

se ci fossero spazi pubblici,

e se li battessero prostitute

clandestine, locali, tailandesi;

se nascessero ristoranti cinesi

come funghi, e se i funghi

ce li mangiassimo, in qualche luogo

ci innamorassimo e parlassimo

almeno una volta al giorno.

Se fosse un punto di ritorno,

se non si aggirassero né angeli

né dei, se ci si buttasse dai ponti,

se si morisse costantemente;

se si nascesse in ospedale:

se ci si sentisse bene,

se ci si sentisse male.

Pensa se ci fossero chiese,

e case popolari, e quartieri;

se ci fossero regolarmente

differenze di classe, e un asse

che la dividesse in due,

e un altro che la dividesse in quattro;

se ci fosse più di un matto,

e se si svolgessero giornate

alla memoria, alla gloria,

in morte di, in vita di;

se passassimo i venerdì

ad ubriacarci, non controllarci,

e ci sedessimo sulle  rovine,

sulle vetrine; se sulle cartoline

ci fosse scritto: “Saluti da”.

Sarebbe questa una comune

Città?

   Saremmo noi comuni?

Se la città fosse com’è,

sarebbe “essere”, uno o tre?

Se tutto fosse così com’è,

sarebbe per gli altri o di per sé?

Se possedesse ciò che è,

   la città,

potrebbe fare a meno di te?

*

Sezione Metacittà fisiche

Il creatore crocifisso

Il sacrificio è dimezzato

Se defice la colata di sangue:

e colava, colava, gocciolavano

le gocce parallele alle altre croci.

Era il logos, il verbo, la parola,

se non poesia, sicuro poeta:

fabbro della fabbrica dialettica,

l’ennesimo riscatto mancato.

Il cielo si faceva capo,

i monti si facevano collo,

la piana si faceva seno,

l’orizzonte si faceva amplesso.

Era il peccato l’incognita!

I peccatori s’inorgogliscono che sia originale;

non sanno che l’oblio l’ha cancellato

che la stigma è sangue sprecato:

Nel retro manca l’etichetta di fatto

E anche quello originale è un peccato contraffatto.

*

Tu, Berlino est.

La città è dimensione tattile,

camminata, respirata,

   circola.

Gli incroci, i semafori, i turisti

La riempiono come mosche in una

Lattina d’aranciata vuota.

La città, questa città trasmette,

impone il senso di dimensione,

annulla la grandezza, la mia

   presunzione,

mi riduce a devoto suddito,

inginocchiato ai palazzi imperiali:

sono una cellula, un corpo, un punto

trascurato sulla carta geografica;

il muro tra te e quella parte di te.

Io, separazione contronatura;

tu, la mia Berlino est,

utopia, sogno irrealizzabile,

irrealizzato, rendermi compagno,

tuo compagno di vita, costruita

già pensando all’unione, mi appari

sulle spalle, guardando verso ovest.

Mi sali, scavalchi, e poi mi attraversi

Lasciandomi souvenir invecchiato,

vecchio baluardo storico. Corri

sentendo per anni l’influsso

di me, decorato per un anno

da graffiti politici che

   fotograferanno.

*

Prima di partire

Prima di partire

Ho sempre dormito un po’ di più;

ho dormito non volendo dormire:

accasciatomi sul letto

   disfatto,

con felpe e jeans

sopra le coperte,

ho sempre chiamato il sonno,

sognando da sveglio

ciò che al risveglio

mi sarebbe capitato:

poi l’ho sognato.

Domani, diciotto

   Marzo

Duemilacinque, giorno più, giorno meno,

un treno

mi porterà.

Partirò.

L’essenza del treno

   È un veleno:

visioni, visioni di cambiamento

i suoi effetti nocivi,

e quando arrivi

cambi tu, cambi

   ciò che cambi,

e cambi

   ciò che dovevi cambiare:

per cui ti trovi a cambiare

l’x che poteva rimanere uguale.

Domani, duemilacinque, diciotto

   Marzo

Parto;

   certo

dovrei chiedermi il perché,

ma

   già

lo so.

Domani parto:

Roma

   Sarà il pugno

Che stringerà il popolo

Che batterà la piazza

Che rimbomberà il parlare

Che il giorno dopo tacerà.

Parto,

   ma mi

   piacerebbe arrivare.

Eppure, seppure il viaggio è soprattutto mentale

E l’arrivo dovrebbe essere totale

Mi aspetto un approdo incerto

Col corpo là,

La mente qua,

e l’obiettivo altrove.

Il viaggio, e di andata e di ritorno,

è comunque ritorno

a ricongiungere le mie idee confuse

   e le mie membra in iato:

un ritorno al passato

per cambiare il presente:

con un maglione nero,

la sciarpa rossa,

tra comunismo,

   pace,

   e odor d’impero.

*

Sezione Stazione centrale

Si appannano gli occhiali

Si appannano gli occhiali passato

Il muro del locale climatizzato,

fuori gelano le puttane alcolizzate:
“Komm mit?” perse nell’imperativo,

docili capsule dentro un preservativo.

Camminano alla frontiera gli iceberg

Accanto a stufe spente, impasticcate.

Si appannano gli occhiali ma non è

Importante vedere quando si balla:

cercano gli occhi degli altri

gli uomini che aspettano la reciprocità:

qualcuna forse oggi gliela darà,

qualcuna sarà ubriaca, qualcuna è stanca,

qualcuna fuma una sigaretta

-partner sobrio con cui stanotte ballare-

qualcuna legge un sms nel cellulare.

La musica è alta, supera ogni voce

Che si vorrebbe parlare (ci si può

Solo guardare, ciechi tra il fumo),

urlano tutti e non discorre nessuno.

Canzonette centennali e una nuova

Attesa per tutta la serata, appena arrivata

L’acuto femminile dice: “Uh”.

Io fumo e non respiro più.

Sediamo lontani, lontani da noi,

da quello che siamo stati, da chi saremo,

da cosa: ci si diverte perchè si

   deve!

Mentre qualcuno spazza la neve

-intento un bambino la ammira

un altro bambino la respira.

I neolaureati o laureandi con le mani alzate

Devono anche loro…e bevono,

l’alcol è acqua, e l’acqua è nociva

-Maddy è caduta mentre saliva

inseguita dal suo alcol naturale:

ride, ma anche lei sa essere normale.

*

Percezione senza azione

Lei va via e noi recitiamo 

la parte degli offesi.

Il fatto è che non siamo doppi

ma doppioni, cloni di suoni;

e non c’è l’autentico in loco:

restano i molti da scambiare,

qualche tempo supplementare

in cui ritentare l’unità

con lei, scomparsa ed ignara

dell’offerta. Lei (saperlo chi era)

va via trascurando l’offeso,

perché qui, questa Beatrice,

è percezione di un secondo

che sarebbe pieno, se solo avesse peso.

*

Sezione In versi

Salutare

Ci si saluta, come se in un gesto

Fosse la salvezza: l’etimo

Ha viaggiato per una nuova

Significanza, e non più abbiamo

La possibilità di redimere

Ad ogni incontro: si preferisce

Ascendere da sé metafisici:

la fisica è il salto dal grattacielo,

disequilibrio di un cielo troppo

   vicino.

Ma ci si ostina a salutare

E chi non lo fa non è da rieducare:

solo lui conosce la finzione

   lessicale.

 ____________

Luciano Mazziotta, Città biografiche

Di Claudia Mirrione

Luciano Mazziotta nasce a Palermo nel 1984 e a 18 anni si iscrive, come dice lui stesso, “sciaguratamente”, alla Facoltà di Lettere classiche, ivi laureandosi “un po’ meno sciaguratamente”. Accanto allo studio delle letterature classiche però, è persistente in lui un vivace e profondo interesse per le letterature contemporanee e comparate e, soprattutto, per l’arte della poesia. Infatti, nel corso dei suoi anni, dei suoi viaggi, dei suoi accadimenti quotidiani, crea, lega insieme e armonizza una silloge di componimenti, pubblicata recentemente (2009) dalla casa editrice Zona.
La raccolta, il cui titolo è Città biografiche, è permeata da una proporzionata geometria compositiva e si snoda in quattro sezioni tematiche: Metacittà fisiche, Stazione centrale, Percorsi inversi, In versi. Queste sezioni conducono il lettore alla riscoperta di una dimensione urbana, vista però con altri occhi, con gli occhi di un poeta, potremmo ben dire sub specie poetica: una visione che si traduce sulla carta in uno stile analogico e surreale, scintillante e allusivo, sempre martellante e sapientemente costruito e che risente delle influenze di secoli di poesia, da Alceo a Dante, a Majakovskij, a Montale, ai grandi della poesia contemporanea Giovanni Giudici, Fabio Pusterla e tanti altri . Le liriche si collocano su coordinate geografiche che si dispongono lungo l’asse Roma-Berlino-Amburgo, città che rappresentano punti essenziali della raccolta, nonché della vita dell’autore. Come dice lo stesso titolo, infatti, è protagonista della raccolta la città o meglio la scrittura di vite su spazi urbani. La città è in questa raccolta sempre in primo piano, con le sue forme, con i suoi rumori, con i suoi avvenimenti quotidiani (le nascite, le morti, gli amori, le ubriacature e gli spassi, le malattie e le angosce), con i suoi quartieri degradati e i suoi quartieri d’alto borgo, in somma la città viene dal poeta versificata nella contingenza degli uomini che in essa vivono e muoiono, ed anche nella sua eternità di fatto, in quanto istituto che conserva la memoria. Una città, che però non potrebbe esistere ed essere tale, senza gli occhi del cittadino che la vede e che ne costruisce l’identità (ed anche, di contro, la propria identità), in uno sforzo ermeneutico di comprensione e di interpretazione. Eppure v’è qualcosa di più nell’opera, che si profila non solo come un lavoro di riscrittura e di riflessione sulla natura del paesaggio, ma anche come dissertazione lirica su problemi di gnoseologia postmoderna. Le poesie sono attraversate dalla presenza costante di un tu, un “tu istituto”, di sacra lezione montaliana. La realtà perciò non si definisce solo in base all’io, ma si definisce in quanto condivisione di visione, di pensieri, di spazi. Come il dokos senofaneo, la realtà si costruisce, si invera e diventa materia solo in uno spazio comune, uno spazio di sembianze, uno spazio di visioni reali e metaforiche (“e la visione si fa Materia se è condivisione” da La resurrezione di Lazzaro). E la città, spazio comune, spazio mediano condiviso dagli uomini, viene declinata in tutte le sue morfologie: la città luogo del ricordo, la città vista come polis e quindi simbolo di intima tensione etica, di costante impegno politico e di critica militante, la città postmoderna vista come vittima di una ipertrofica informatizzazione, il mondo dei precari, i voli low cost e il ruolo delle chat. La raccolta subito dopo la pubblicazione ha già riscosso successi di pubblico ed anche di critica; è già stata recensita da altri giornali cartacei e online.

Per ogni altra informazione è inoltre possibile visitare il blog dell’autore: http://lucianomazziotta.splinder.com/.

Luciano è anche redattore del collettivo Poetarum Silva al seguente indirizzo: http://poetarumsilva.wordpress.com



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