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Aldo Moro, 16 marzo 1978, 55 giorni che cambiano la storia di Italia

Creato il 16 marzo 2012 da Yellowflate @yellowflate
Aldo Moro, 16 marzo 1978, 55 giorni che cambiano la storia di Italia“Non avendo mai pensato, anche per la feroce avversione di tutti i miei familiari, alla Presidenza della Repubblica, avevo immaginato all’inizio di legislatura di completare quella in corso come un vecchio al quale qualche volta si chiedono dei consigli e con il quale si ama fare un commento sulle cose, che l’età ed il personale disinteresse rendono, forse, obiettivo.” (dalle lettere di Aldo Moro).

Aldo Moro, un nome, un uomo, un politico parte della Storia di Italia. Era,il16 marzo 1978 quando, un commando di Brigate Rosse, il giorno della presentazione di un nuovo governo con a capo Giulio Andreotti, rapisce Moro. Era un giovedì mattina come tanti altri, ma le BR aveva stabilito  “Portare l’attacco al cuore dello Stato”. Scortato, il professor Moro esce di casa ed intorno alle 9 del mattino passa con la Fiat 130 in via Fani, all’incrocio con via Stresa, è lì che dopo una sventagliata di mitra, Moro viene rapito. Sul campo di battaglia urbana cadono i componenti della scorta di Aldo Moro, 5 carabinieri: il Maresciallo dei Carabinieri Oreste Leonardi, l’appuntato Domenico Ricci, il Brigadiere Francesco Zizzi, l’agente Raffaele Jozzino e l’agente Giuliano Rivera. Pochi secondi che hanno cambiato l’Italia.
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Da quel momento il giallo ed il mistero calano sulla vicenda del rapimento di Aldo Moro. L’allora presidente della Democrazia Cristiana viene rapito per poi, come è noto il suo corpo viene ritrovato 55 giorni dopo, morto ammazzato all’interno della Renault 4 rossa in via Caetani.Giorni di ricerche, di contrattazioni, di lettere, di intrecci politici e  no, persino i sensitivi e le sedute spiritiche entrano in campo in quel periodo buio che cambierà il corso della storia di Italia.

Del sequestro se ne parlerà per anni e, nonostante i tanti processi c’è chi ancora non ci vede chiaro. In uno dei processi, esattamente il Moro Quater, Valerio Morucci dichiarava:  ” Io ho detto che l’auto 128 targata corpo diplomatico era guidata da Mario Moretti, che lo sbarramento all’incrocio di Via Fani è stato fatto da Barbara Balzerani, che la 132 dove è poi stato caricato l’onorevole Moro era guidata da Bruno Seghetti, che le quattro persone che hanno aperto il fuoco erano dal basso, Io, Fiore, Gallinari e Bonisoli”. I fatti hanno dimostrato che la 128 bianca che avrebbe causato il tamponamento con la 130 Fiat dove viaggiava moro, era guidata da  Mario Moretti. A  presidiare l’incrocio c’è Barbara Balzerani  con  un mitra e di una paletta per far defluire il traffico, mentre a fare fuoco sarebbero stati Valerio Morucci e Raffele Fiora , gli uomini della scorta che procedevano sulll’Alfetta  sarebbero stati uccisi da Prospero Gallinari e Franco Bonisoli .  Non basta, come è noto su Via Stresa c’è la 132 guidata da Bruno Seghetti che preleverà Moro. Sulla scena ci sarebbero altri 2 brigatisti che dovevano presidiare l’area. Poi, si scoprirà che probabilmente c’era anche un altro brigatista, o forse due, ecco che entrano a far parte del commando Alessio Casimirri e Alvaro Lo Jacono, così  come pare ci fosse anche   Rita Algranati, moglie di Casimirri. Sulla scena del rapimento, i brigatisti erano 10, è Adriana Faranda che lo conferma nelle sue deposizioni:”Le unità del commando erano dieci” Rita Algranati stava all’incrocio con via Trionfale per segnalare l’arrivo di Moro e della sua scorta a Moretti che era sulla 128. Nonostante siano passati oltre 30 anni da quel giorno, molti fatti e particolari restano oscuri.
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Nel 1993, un pentito delle ‘ndrine, Saverio Morabito aveva dichiarato che in via Fani vi era anche Antonio Mitra, ‘ndranghetista unitosi, o forse infiltrato, nelle BR. Poi ci sono le foto scomparse, i vari misteri, la strana fuga del comando brigatista, gli sbandamenti e i momenti dispersivi delle affannose ricerche dell’uomo chiave della politica italiana.  Ben 172.000 unità tra carabinieri e poliziotti che effettuano 6000 posti di blocco e 7000 perquisizioni domiciliari controllando in totale 167.000 persone e 96.000 autovetture. Da quel giorno a Roma sono stati inviati anche moltissimi giovani militari di leva, ma nulla è stato risolto.

Sergio Flamigni, membro della Commissione Moro, afferma: “Le indagini di quei 55 giorni furono contrassegnate da una serie di errori, omissioni e negligenze. Basti citarne una: la segnalazione giunta all’Ucigos al Viminale, una telefonata che comunicava i nomi dei quattro brigatisti, le auto che usavano. Bene questa segnalazione fu trasmessa dall’Ucigos alla Digos che era il corpo operativo per agire in quel momento con oltre un mese di ritardo. Quando la Digos ebbe modo di avere questa segnalazione immediatamente individuò uno dei brigatisti che tra l’altro era tenuto a presentarsi al Commissariato di Pubblica Sicurezza perché era in libertà vigilata. Immediatamente seguendo questa brigatista sdi giunge a individuare la tipografia di Via Pio Foà dove le Brigate Rosse stampavano i comunicati dei 55 giorni. Se questa comunicazione fosse stata trasmessa un mese prima, forse si poteva con ogni probabilità individuare la traccia che portava alla prigione di Moro”. I giorni passano tra comunicati e ricerche, lettere di Moro alla DC e alla famiglia, ma qualcuno pare non capire, non sentire o forse non impegnarsi al massimo. La DC, o meglio alcuni esponenti pare addirittura giochino diverse partite. Le BR chiedono la liberazione di loro compagni in cambio di Moro, ma lo Stato non sente, non vuole trattare. C’è chi prosegue con la  “linea della fermezza” e  chi invece vorrebbe accondiscendere alle richieste delle BR. Un sequestro lungo, quello di Moro, che nonostante tutti i processi, ancora oggi ha tanto da “svelare”, misteri sul sequestro, sulla trattativa, sul perchè troppo poco venne fatto per restituire la libertà a Moro, l’uomo, il padre, il professore, centinaia di migliai i chilometri di carta usate per scrivere le indagini, le sentenze, i libri, e poi, i film, le sceneggiature, tanto si è detto, tanto si dice ma  forse chi sapeva ora non c’è più, ogni tanto dal buio nebuloso del passato appaiono come ombre nuovi fantasmi ricordi, e qualche flebile pista viene seguita, ma quel che è stato è stato, dopo Moro le pagine della storia di Italia hanno preso un altro senso e chissà cosa poteva succedere se quella triste pagina non si scriveva.
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55 giorni di sequestro, 55 giorni di trattative interne, di rapporti ancora poco chiari. 55 giorni che cambiano la storia di Italia.

Quei 55 giorni che scrivono tante storie diverse di questa Italia immatura, impreparata, quasi sopita. 55 giorni che cambiano il presente ed il futuro dell’Italia.  Mentre i giorni passano gli scritti arrivano ma il Presidente Moro non viene mai creduto . Intanto le ricerche sono andate avanti, così, tra mistero e colpi di scena, ma se Moro poteva essere liberato, forse, qualcosa ha fatto in modo che mai, venisse trovato, nonostante le affannose ricerche.

Se forse si fosse dato retta alle richieste di Moro, l’Italia avrebbe scritto una bella pagina di storia, invece, no, si sceglie la repressione, la prova di forza però viene pagata in prima persona dal grande statista. Le indagini risolveranno il caso molto tempo dopo, ma intanto la perdita pesa su tutto il popolo Italiano.
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Mia dolcissima Noretta,

credo che questa sia proprio l’ultima. Per ragioni misteriose mi sembra preclusa qualsiasi speranza. Non si sa neppure approssimativamente, che cosa accade, in che si concludano le varie iniziative delle quali una volta si parla……Per me, è finita. Penso solo a voi e, se non sono oppresso fino alla follia, vi richiamo, vi rivedo, da grandi e da piccoli, da anziani e da giovani e tra tutti il dilettissimo Luca con cui passo ancora i momenti disponibili. …. Abbracciameli tutti tutti, uno ad uno, ogni giorno, come avrei fatto. Ricordatemi un po’, per favore. Io sono cupo e un po’ intontito. Credo non sarà facile imparare a guardare e a parlare con Dio e con i propri cari. Ma c’è speranza diversa da questa? Qualche volta penso alle scelte sbagliate, tante; alle scelte che altri non hanno meritato. Poi dico che tutto sarebbe stato eguale, perché è il destino che ci prende. Mentre lasciamo tutto resta l’amore, l’amore grande grande per te e per i nostri frutti di tanta incredibile e impossibile felicità. Che di tutto resti qualcosa. Ti abbraccio forte, Noretta mia. …….Aldo
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