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alessia e michela orlando: NON LEGGETE QUESTO ARTICOLO! ARTEMISIA GENTILESCHI-ALEXANDRA LAPIERRE E NOI-CONFESSIONI PROIBITE

Creato il 25 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: NON LEGGETE QUESTO ARTICOLO! ARTEMISIA GENTILESCHI-ALEXANDRA LAPIERRE E NOI-CONFESSIONI PROIBITE

alessia e michela orlando: NON LEGGETE QUESTO ARTICOLO! ARTEMISIA GENTILESCHI-ALEXANDRA LAPIERRE E NOI-CONFESSIONI PROIBITE

alessia e michela orlando: NON LEGGETE QUESTO ARTICOLO! ARTEMISIA GENTILESCHI-ALEXANDRA LAPIERRE E NOI-CONFESSIONI PROIBITE

NON LEGGETE QUESTO ARTICOLO-RECENSIONE!

ARTEMISIA GENTILESCHI

L'ARTE PITTORICA AL FEMMINILE

ARTEMISIA

Di ALEXANDRA LAPIERRE

OSCAR MONDADORI

 

UNA NOSTRA CONFESSIONE: IN CUI SI DICE DI MALSANE IDEE

 

IL NOSTRO RAPPORTO CON ARTEMISIA GENTILESCHI E ALEXANDRA LAPIERRE

LA NOSTRA IDEA: CONTRO I MUSEI

 

L'Autrice scrive nell'esergo:

Per cinque anni ho camminato sulle tracce di Artemisia e Orazio Gentileschi in giro per il mondo. Alla fine del volume il lettore troverà la storia delle mie ricerche, l'elenco delle fonti su cui mi sono basata, una breve descrizione dei principali personaggi e le riproduzioni dei dipinti a cui faccio riferimento nel racconto.

Vorremmo fare un omaggio a questa Autrice: la sentiamo come un altro bello omaggio che la vita ti fa. E tu non hai altro merito che essere andata in libreria, facendoti scegliere dal libro che ella ha scritto con tanti sacrifici. Non è l'ultimo libro che abbiamo voluto acquisire alla nostra esperienza su Artemisia. Se ne riparlerà in altre recensioni.

L'omaggio ad Alexandra Lapierre: partiamo dalle note. Riteniamo che chiunque abbia scritto un saggio (abbiamo in mente le tesi, soprattutto le tesi), sappia quanto siano importanti. Nelle note si scrive, molto spesso, ciò che non può trovare ingresso nel testo; nelle note talvolta c'è qualcosa di te.

L'incipit delle note al questo libro (pag.399): La mia storia d'amore con i Gentileschi padre e figlia è iniziata vent'anni fa. Li ho incontrati lontano dal XVII secolo e dall'Italia, a Los Angeles, dove una straordinaria retrospettiva riuniva i dipinti di pittrici attive tra il 1550 e il 1950. ero rimasta particolarmente colpita da sei tele, splendide, violente, diverse da tutte le altre. Entusiasta avevo chiesto notizie sulla loro autrice, e per tutta risposta avevo ricevuto un ammonimento, quasi una messa in guardia: "Non s'interessi alla figlia di Orazio Gentileschi!". Un veto del genere non poteva che acuire la mia curiosità. I testimoni della mia emozione sapevano che negli Stati Uniti le tesi di dottorato su Artemisia Gentileschi si accumulavano sugli scaffali delle facoltà; che presto l'artista sarebbe diventata il pittore caravaggesco più apprezzato dagli studenti anglosassoni; che parte di questo successo si spiegava con il fatto che la legge americana prevede che una buona percentuale dei lavori universitari – circa il trenta per cento per quanto riguarda la storia dell'arte – sia dedicata a personaggi appartenenti alle cosiddette minoranze: artisti di origine ispanica, africana, o di sesso femminile. Quante sono le pittrici il cui talento giustifichi decine d'anni di studio? Fra le rare elette Artemisia raccoglieva tutte le preferenze. Anche perché i drammi della sua vita privata potevano facilmente giustificare il colore porpora del sangue che scorre sulle sue tele. "Ma lei non si occupi della figlia di Orazio Gentileschi!" Questo consiglio da parte dei conoscitori suonava come una minaccia. La figlia di Orazio sembrava appartenere a quella categoria di personaggi che non ci si azzarda nemmeno  a nominare. Vigliaccamente ubbidii.

Nel corso degli anni, durante altri viaggi, il caso mi aveva di tanto in tanto richiamato alla memoria Artemisia e ogni volta ero stata rituffata nello stesso stato di esaltazione. Stavo sulle difensive. Troppo potente, Artemisia! La temevo. Avevo una predilezione istintiva per le epopee più oscure, per le trame dietro il trono, per gli eroi di cui nessuno sa nulla.

Mi ha preso a tradimento la figlia di Orazio. Mi ha fatto abboccare dove non me l'aspettavo:m si è servita del padre. Era d'estate, a Roma, sei anni fa. Ero andata a vedere i dipinti del Caravaggio nella chiesa di san Luigi dei Francesi e, nell'attesa che scemasse la folla raccoltasi davanti alla Vocazione di San Matteo, mi ero ritirata in un'altra cappella. Appoggiata alla balaustra, contemplavo le pieghe dle grande tendaggio di marmo che si apriva sul biancore di una cupola, la grazia del fenestron da cui cadeva una luce ocra, la farandola degli ori e degli angeli. Consultando la guida, scoprii che la cappella era stata concepita, disegnata e costruita da una donna. Plautilla Bricci…Una donna architetto che edificava chiese negli Stati pontifici ai tempi del Caravaggio? L'idea ridestava vecchi sogni. (…) Mentre, nella cappella da lei creata, fantasticavo sulla singolarità della sua carriera, mi giunse all'orecchio una frase sorprendente, pronunciata da un turista o da una guida: «Guardi un po' questa Vocazione di san Matteo. Quel viso…Dicono che sia un ritratto. Il Caravaggio vi avrebbe raffigurato uno dei suoi compagni di bevute: il pittore Orazio Gentileschi».

L'Autrice ci svela il suo antico rapporto con Orazio: conosce le sue opere al Louvre (il suo RIPOSO DALLA FUGA IN EGITTO è posto nella Grande Galleria accanto a MORTE DELLA VERGINE di Caravaggio); altre opere sono al PRADO; al HAMPTON COURT; a NANTES.

Pertanto: Adesso, nella chiesa romana, ero come presa da vertigini. Non resistevo più. Mi lanciavo nell'avventura.

Il risultato di questo volo è il libro che abbiamo tra le mani; ormai è malmesso: copertina staccata; fogli divelti dalla costa del libro: ormai è un nostro libro, è dentro noi  stesse, nella mente, nel corpo. È uno di quei libri per i quali, per colpa dei quali, potresti fare delle follie. D'altronde, il tema lo richiederebbe. Non è forse vero che Alexandra Lapierre ha stravolto la propria vita per questo tema? Non ha forse abbandonato la Francia? Non si è forse lanciata in mondi sconosciuti? Non ha forse dovuto imparare l'italiano e il latino? Forse che non ha dovuto studiare la paleografia? Non ha dovuto forse spingersi nell'Archivio Segreto Vaticano? In quello storico capitolino? In quello del Vicariato di Roma? In quelli di Stato di Roma, Firenze, Venezia, Madrid, Parigi, e Londra? E non ha dovuto venire anche in quello di Napoli?

Ebbene, tutto ciò è servito a lei per produrre il libro ARTEMISIA, ma anche a noi.

Abbiamo voluto seguirla, questa Autrice, nel suo viaggio in un mondo che per noi italiane, napoletane, sarebbe stato più agevole. E le siamo riconoscenti. Come sempre accade, siamo state costrette anche a compiere studi che non appartenevano alla nostra formazione. Ovviamente ciò è utilissimo: allarga gli orizzonti, dà ulteriori stimoli, ti fa vivere meglio.

Siamo giunte a una idea: c'è troppo di nascosto nei musei. È un tema vecchio e concordiamo con chi sia contro i musei: anche noi vorremmo che le opere vivessero insieme a chi le potrebbe apprezzare, insieme all'umanità. È un tema che richiede approfondimenti giacché la mera apodittica affermazione: sono contro i musei, sa di tifo calcistico, di scelta poco meditata. Non è così.

Tornando all'Autrice. Leggiamo la sua dedica:

 

A mio padre,

con una tenera strizzatina d'occhio.

Pochissime parole; pochi ma significativi brividi: non ci pare lontano, ciò che scrive, da ciò che l'ha indotta ad approfondire Artemisia (il nome del padre Orazio). E abbiamo per questo, per la sua capacità di condensare in poche parole un mondo, una origine, una femminile essenziale e tenera, che ci è venuta l'ispirazione di usare qualcosa  di simile: la sua idea è stata da noi utilizzata nella dedica di SENZA MACCHIE (si può leggerlo, scaricandolo gratuitamente dal sito di Edizioni Scudo, Long Storie, qui: http://www.edizioniscudo.it/):

LA DEDICA

Ed è per questo che mentre si parla della fine di Madre Terra, parliamo anche di quadri, di Arte, e tiriamo fuori dai musei, metaforicamente, quadri che nessuno ha mai visto, ma ci sono e sono straordinariamente belli.

Tutto di SENZA MACCHIE è dedicato in realtà a ALEXANDRA LAPIERRE. E a ARTEMISIA.

La nostra dedica:

A chi volle e vuole svelare la Verità;

a chi sembrerebbe non esserci più.

E al loro imponente silenzio.

Con una tenera e simpatica strizzatina d'occhio.

Alessia e Michela Orlando Nicoletti

 

IL LIBRO

La storia di Artemisia si inscrive in un  clima ampiamente narrato: è il clima caravaggesco, bazzicato da gente come Agostino Tassi che si presentava nel mondo dei pittori come pittore. Raccontava che avrebbe voluto ritrarre Beatrice Cenci, come tanti avevano davvero fatto. Ma lui avrebbe voluto farlo in carcere, quando vi era stato all'età di ventuno anni, rientrando da Firenze. Si gloria del fatto che aveva insultato  e picchiato una cortigiana: si era rifiutata di andare a letto con lui. I vicini avevano raccontato testualmente le sue parole: Bugiaronaccia poltrona puttana de dio te voglio tirare una pignatta de merda sul mostaccio…fatti fottere dal boia e ho in culo te con quanti n'hai!

Era stato anche colto sul fatto una notte: era con una prostituta: ce ne erano tante a Roma, ma dovevano uscire dal ghetto di giorno; la notte dovevano dileguarsi: al suonare dell'Ave Maria, ovvero quando le campane suonavano l'ora del coprifuoco, mentre gli sbirri si sparpagliavano nella città, dovevano rientrare: Con tutto ciò, dalle locande ai bordelli, dalle botteghe degli artisti alle taverne, pittori, puttane e spadaccini continuavano a circolare in bande armate.

Come finì la vicenda di Tassi? Nel mese di marzo 1599 la giustizia del papà lo liberò: aveva assaggiato il supplizio della corda. Se ne era stato appeso a parecchi metri da terra, tra via del Corso e via dei Greci, ovvero nel quartiere degli artisti. Era la pena normalmente comminata ai fomentatori di disordini: provocava la lussazione delle spalle. Si era nel periodo in cui un processo stava creando molte preoccupazioni al papa, Clemente VIII, alla vigilia del giubileo: si parlava solo del cosiddetto processo Cenci e del supplizio cui era sottoposta. Protagonisti: due fratelli, una sorella, la matrigna: avevano assassinato il loro padre e marito. La più chiacchierata era Beatrice: figlia incestuosa e parricida.

Tassi, destinato a violentare Artemisia, è lì, sotto il patibolo dove sarà eseguita la condanna contro Beatrice. C'è anche Orazio Gentileschi e tiene Artemisia in braccio. È stanco. Teme che la bimba non vede nulla. Tassi si offre di prenderla in braccio.

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ALLEGATI

Il libro ci offre molti dei quadri di Artemisia. Sono collocati in una posizione centrale del libro, tra le pagine 284 e 285. ve ne sono alcuni eseguiti con il padre Orazio: Susanna e i vecchioni (Roma, 1610 circa); Giuditta e la fantesca (1612 circa). Poi i suoi: Giuditta che decapita Oloferne (1612 circa); L'allegoria dell'inclinazione (1615 circa); Giuditta e la fantesca dopo la decapitazione di Oloferne (1615 circa); Maria Maddalena (1615 circa); Autoritratto nell'allegoria della pittura (realizzato a Napoli nel 1630 circa). Ve ne sono tanti altri ancora, anche del solo Orazio; c'è anche la mano di Artemisia disegnata da Pierre DUMONSTER LE NEVEU.

Foto: I- copertina del libro ARTEMISIA di Alexandra Lapierre.

II- San Gennaro nell'anfiteatro di Pozzuoli; è al museo di Capodimonte, Napoli.

III- Danae al Saint Louis Art Museum, Missouri, U.S.A.



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