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Alfabeto di strade (e altre vite) di Alberto MASALA

Creato il 17 dicembre 2010 da Fabry2010
Alfabeto di strade (e altre vite) di Alberto MASALA

[...] Masala è un poeta dell'esortazione, un anarchico con coscienza di livello culturalmente internazionale, ed una produzione di tale ispirazione e tanto catalisticamente "avanti" da essere progenitrice come lo sono stati Antonin Artaud in Francia e Julian Beck con il Living Theater negli U.S.A.
In breve, è coinvolto in una poesia di provocazione - come, dice, Pasolini - ma con questa differenza: dove Pasolini portò le sue idee di provocazione sullo schermo e fu in altro modo intenzionalmente e intensamente un intellettuale attivista, o un attivista dell'intelletto, Masala ha insistito nella carica orale della performance pubblica del suo lavoro, che in gran parte è in forma omaggiante e litanica, e, sì, esortativa è la parola giusta [...]
(Jack Hirschman - Introduzione a Taliban - i trentadue precetti per le donne (2001))

A Gilberto Centi


Una cosa sola era certa, perché inequivocabile:
eravamo giovani . [ 1]

tu ci hai lasciato un segno
e non andrà perduto [ 2]

le finestre sprangate
tutte le chiese aperte e funzionanti
le strade chiuse tutti i ponti crollati
i matti ritornati nelle gabbie
ed attorno i turisti
della democrazia

e la città li vide
ma non ne riconobbe il passo

questa città si applaude
nel suo stesso teatro d'ovvietà
mangia la propria morte
e non smette di urlare novità
sfidando anche la nausea e questa nebbia
annusa... senti? puzza di carogna

se non ci sarà altro da ingoiare
mangeranno la nostra biografia
hanno già cominciato...

ma tu piuttosto.. dimmi...

infine?
noi sogniamo la morte...
ma la morte... ci sogna?

[7 settembre 2007]

[1] Per il resto di noi risultava soltanto la pervicace proiezione mentale dei Vecchi Geometri del Tempo circa una condizione estraenea che credendo di capire si ostinavano a spiegare.
Poi dal fastidio passai al sorriso.
Ci "pedinavano" annotando i nostri "segnali" che diventavano dissertazioni sulle terze pagine e gli special televisivi. Ci definivano per possederci e nell'ovvia impossibilità della riuscita, come defraudati, caparbiamente si avventuravano in zone intravviste solo dall'aereo.
Così quando scendevano e si inoltravano in piazze, strade e vicoli perdevano l'orientamento, aggravando il loro stato confusionale, utilizzando le sole mappe in loro possesso: quelle "fuori corso" del loro tempo. Così mostravano a noi quel che non eravamo, irriconoscibili, con radi agganci alla realtà, complessivamente stravolta. Talmente lontani non se ne accorgevano. Nella convinzione non dico d'averci sfiorato ma d'essersi calati in un'età dell'Oro e del Buio che non gli apparteneva.
Eravamo un colorito allarme avanzante, con suddivisioni manichee neanche tra buoni e cattivi.
Leggevano in aramaico quando noi scrivevamo in cirillico. (Gilberto Centi)

[2] Gilberto era un poeta ed un caro amico. Inventò, coordinandolo, il censimento della poesia a Bologna. Tra le altre cose, fu iniziatore e mente dell'operazione letteraria e mediatica "Luther Blisset". Il messaggio nella sua segreteria telefonica diceva: "Seiquattro quattro otto, cinquecentotrentuno. Lascia un segno. Non andrà perduto".

*

Da: Non è la nostra aria...
(Resoconto a Pier Paolo Pasolini sulle odierne ceneri di Gramsci)

1
Non è la nostra aria questa vigliacca
aria che il prudente poeta
occupa con flessibile mestiere, o guasta

con pratiche alleanze... questo vocio
di schiume compiacenti sopra schemi
spenti da congegni ordinati di lusinghe.

Un pallido e insaziabile fantasma
concreto e irraggiungibile
difende quel giardino dal pericolo alieno.

Io nervo in questi versi dell'errore,
sebbene il vento porti alla deriva
dei crudeli ascendenti, tramandati
nel mio sangue ad inciderne il senso.
Tutto cadde insensato, marcito
cautamente, qui nessuno ne è immune:
è previsto che andremo
in una sola morte. Tutti.

di morale assassina. Vedo...
lo vedi tu? Scrivere in questo tempo
ancora come tana. E l'avversario

*

4
Si spalanca puntuale la ferita
dell'essere volati troppo in fretta:
ora non siamo più gli stessi:
abbiamo visi di naufraghi ingrassati
in devastate isole di niente.

Vanno in marcia ontologica,
avanzano verso la sventura, ma
non hanno scarpe adatte per la marcia.

Quello che ancora lascia
non si rassegna, canta, umana esiste...
è la mia voce. La parola distesa

Alfabeto di strade (e altre vite)
Edizioni Il Maestrale, Nuoro 2009
A cura di Giancarlo Porcu
Prefazione di Alberto Bertoni
Introduzioni di Jack Hirschman

Ma a che serve la legge? Chi la fa?

*


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