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Alfredo Antonaros vol. I

Creato il 18 giugno 2011 da Cristinapatregnani @CristinaOChrome
Alfredo Antonaros è una voce nascosta, uno dei tanti personaggi sottovalutati del panorama letterario italiano. E' il ghost writer della malinconia, dove Tabucchi ne è il ritrattista. Un decina d'anni e due editing completamente differenti separano Per Sarah da La piattaforma : uscito ne "I Narratori" Feltrinelli il primo, nella sezione Europós della raffinata collana di Jaca Book "Mondi Letterari", il secondo. Un romanzo femminile e uno maschile, un flusso di coscienza senza possibilità di naufragio a confronto con l'immobilità morale e sentimentale dei naufraghi della piattaforma. Il deserto del Medio Oriente e quello dell'oceano, una coppia simbiotica di amiche e un padre e un figlio esacerbati dalla lontananza. Un chiasmo letterario rimasto occultato dagli strilli dei venditori.Per Sarah, Alfredo AntonarosEditore: Feltrinelli (1989)pp. 109Lo sciorinare ininterrotto dei ricordi dell'anonima amica di Sarah è leggero e di ampio respiro, talmente ampio e leggero che ci si lascia cullare sin dall'inizio, sprofondando piano piano. La voce che fa rivivere Sarah dipinge fotogrammi di una luce intensa, quella del cielo infinito di Beirut e delle caotiche strade di Marsiglia. La mente gioca con i tempi verbali, i flash back diventano flash forward: due ragazze mediorientali ampie, che contengono moltitudini, che si gonfiano come lenzuola al vento, riempiendosi di coraggio. L'anticonformismo e l'intelligenza non sono ostentate, ma raccontate in parole povere, così come gli amici, l'alcool, il passaggio da oriente a occidente, da un vuoto all'altro, le sigarette, glu uomini, i concerti (una pianista, l'altra violinista). E poi il senso di inadeguatezza che emerge dal torrente di emozioni, il tormento della tragicità quotidiana, per cui nulla è facile, niente può essere vissuto con superficialità. E il nastro dei ricordi si contorce, in un mulinello ciclico, precipita, si fa complesso. L'irrimediabilità dei fatti si ispessisce, mano a mano che la storia di questa amicizia romantica si avvia verso la fine. Un lucidissimo gioco con i ricordi, un disperato tentativo di non lasciare che la memoria si sgretoli.La Piattaforma, di Alfredo AntonarosEditore: Jaca Book (1997)pp. 122Che senso può avere una piattaforma, una finzione estrema sganciata sul mare, una terra che nessuno vuole vedere? Quali circostanze portano a trovare lavoro in un’isola di tubi, che esala veleni e rumori? Eppure si vive di questo, sulla piattaforma di smaltimento rifiuti in mezzo al mare; si vive consapevoli della presenza di certi fantasmi, persi sulla superficie dell’acqua, di questi sprechi di vite galleggianti. Ci convivono gli indiani, i creoli, i neri, i cinesi. Canottiere sporche, stivali che affondano nel fango e nella muffa, che divora ogni cosa. Saliranno i polpi e i granchi, a mangiare le corde del pianoforte,a togliere musica a questa croce segnata a matita sulle cartine geografiche, che pure la ignorano.
In questo luogo inesistente perché dimenticato, approda Wilkins, un comico, uno che fa ridere la gente, una maschera dal sorriso condiscendente e imbarazzato da se stesso, che ti perdona all'istante se ridi di lui, e lo fa con un'alzata di spalle. Arriva qui per un'improbabile riconciliazione con il figlio, roso dall'alcool e dal rancore, che della piattaforma ha fatto la sua torre d'avorio. 
Un vecchio padre che, come gli elefanti, sta cercando un posto per sé, alla fine della vita, che vuole togliersi dalla scena per ritornare sui suoi passi  con l'umiltà del figliol prodigo.

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