Magazine Diario personale

Ali per scappare via

Creato il 04 aprile 2012 da Povna @povna

I termini, alla fine, erano slittati di qualche giorno. E la ‘povna – che pure aveva preparato la sua domanda, tutta precisa, in bozze – aveva deciso di approfittare del bonus tempo, cogliendo l’occasione di riparlarne una volta ancora con gli amici del nord. Ma tutte le proroghe conoscono una fine: è noto e scritto (e giusto). Così la ‘povna si è trovata a prendere la definitiva decisione il 3 aprile pomeriggio, davanti allo schermo aperto di istruzione.it.
Intanto, era rientrato dalla Germania pure Mr. Mifflin, che, per le cinque di quello stesso giorno, aveva appuntamento – insieme alla ‘povna, e per discutere di questioni logistiche – dall’avvocato della piccola città. I fili si sono intrecciati, dunque, tutti nello stesso momento (perché lo sceneggiatore è sincronico, coincidente e saggio). E la ‘povna ha passato le successive tre ore immersa in strade da scegliere, varie, e non sempre dall’esito scontato, né chiarissimo, rispetto al suo futuro.
Così – e complici anche due parole di Mr. Mifflin, in cui la ‘povna ha una fiducia forte, perché sa bene che raramente sbaglia, in questioni di saggezza amministrativa – alle 16.32 la ‘povna ha clickato su “invia” (quasi) come se niente fosse, restando a guardare la sua domanda di trasferimento secco (una scuola, e solo quella – o la va o la spacca) che volava per la rete.
E si è fermata a pensare poco, lo confessa. Perché, se avesse cominciato, avrebbe visto i volti di Mafalda, di Campanellino, Wendy, la Testarda e la Timida. Dei Maculati, tutti quanti (ma soprattutto di Rotondo, del Piccolo Elfo, della Piccola Donna, di Luminosa, Glauco, Gian Burrasca, dell’amico di Rotondo e di Moody). Avrebbe pensato ai Merry Men (che le hanno chiesto di passare al triennio insieme a loro), con entusiasmo. E al cineclub organizzato con caparbia volontà, giorno per giorno; alla commissione tosta (che le ha insegnato tanto), al coro, al consiglio di Istituto. Ma allora la tentazione di prendere il mouse e schiacciare il tasto “ritira la domanda”, sarebbe stata troppo forte.
Invece ha chiuso il computer, e si è avviata in centro; dove si è dedicata a ragionare del suo futuro abitativo lasciandosi attraversare, a tratti, da fitte di compunta e preventiva nostalgia.
Oggi poi, terminate le lezioni con due ore di anticipo, la ‘povna ha fatto le tre telefonate che aspettavano di essere digitate con pazienza. La prima, per Mafalda (alla quale la ‘povna ha raccontato, nel dettaglio, le cose che ha scritto qua sopra fino a adesso). La seconda, al collega Egg-Head (per dirgli: “il dado è tratto, se lo sceneggiatore vuole, allora vengo”). La terza, infine, alla preside Barbie (per annunciarle di persona quello che altrimenti sembrerebbe tradimento; ma soprattutto significarle, immutata, la sua grande e incondizionata stima).
“Stia tranquilla, professoressa” – ha commentato lei mentre la ‘povna, affannata, le spiegava le ragioni di una scelta – “ho capito benissimo. Nessun problema, e spero che succeda quello che più desidera. Ora, si goda le vacanze, e si ricordi: nessun rimpianto. E’ bene, ogni tanto, gettare di nuovo il cappello in aria”.
E la ‘povna resta così, un po’ stordita e stupefatta. Mentre il treno che la riporta corre, corre, corre. Come sei anni fa. E lei sorride a S. Martino, e, come allora, canta questa. Perché in fondo, come Margherita, non lo sa.


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