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Alice in Wonderland [2010], Tim Burton

Creato il 23 novembre 2013 da Sweetamber

Alice_in_wonderland_poster_2_1_original1Tim Burton ed io non abbiamo un buon rapporto, direi. Tempo fa vidi Big Fish e Edward scissorhands senza particolare entusiasmo; ho visto Corpse bride interessata dall’uso dei puppets e della stop-motion; ho amato Sleepy Hollow perché lo ritengo uno dei film che rispecchiano la reale poetica di Burton e detesto Beetlejuice. Non sono esattamente un’amante sfegatata di questo regista e per questo vengo spesso criticata, tacciata di ignoranza e guardata di traverso neanche avessi dichiarato di voler mangiare zuppa di cipolle a colazione intingendola con delle brioche al cioccolato.
La curiosità però mi ha spinta a guardare questo film, di cui ho letto diverse recensioni, per la maggiore negative o poco convincenti.
Un punto di comunanza  queste critiche lo avevano: Johnny Depp, un attore che reputo belloccio ma che non mi ha fatto mai né caldo né freddo. In questo lavoro di Burton, Depp interpreta il Cappellaio Matto in maniera -e qui devo concordare con i pareri negativi- alquanto discutibile.
Ma tante sono le cose che mi perplimono in questo film, perciò procederò con ordine.
Trama: Alice è una giovane ragazza tormentata da strani incubi, sempre uguali e sempre con gli stessi personaggi presenti, ormai da anni. Orfana di padre, viene portata dalla madre a un ricevimento durante il quale un Lord chiederà la sua mano: non sapendo se rispondere sì o no alla proposta, la giovane fugge inseguendo un coniglio bianco con un orologio. Cade in un buco alla base di un albero e, dopo aver superato qualche inconveniente legato a delle pozioni magiche per rimpicciolire le persone o ingrandirle, si ritrova in quello che lei denomina Il paese delle meraviglie. In questo contesto conosce una serie di strambi personaggi ed animali parlanti che la conducono dapprima da uno strano individuo chiamato Cappellaio Matto, quindi al castello della perfida Regina Rossa.
Costei è in combutta con la sorella, la Regina Bianca, per il regno delle Meraviglie ed è sua usanza schiavizzare poveri animali indifesi per la propria agiatezza e per i propri desideri.
Alice è predestinata a salvare il Regno dalla perfida regina, cosa che porterà a termine solo se in possesso della spada Bigralace, che ucciderà il Ciciarampa, mostro che la Regina Rossa impiega come proprio paladino difensore.
La trama mi ha scombussolata leggermente, io che ho letto Alice nel paese delle meraviglie, ho visto il cartone Disney, ho visto la superba versione di Svankmajer (autore cui Burton si ispira da sempre), perché non ho ricordato subito il fatto che non riguardi la storia “classica” del libro di Carroll, bensì le vicende successive a quest’ultima. Burton ha voluto liberarsi dalla versione originale per essere meno dissacrante, ma avrebbe fatto meglio a lasciar perdere a mio avviso.
Non discuto tutto l’apparato tecnico (scenografie, costumi, grafica 3D pesante) perché è superbo, anche se la grafica computerizzata viene utilizzata in continuazione quasi fosse un giocattolo per risolvere le difficoltà logistiche nel girare certe scene (e perché costa decisamente meno); qui percepisco solo una mente che, nonostante le opinioni personali, ho oggettivamente sempre trovato brillante a cui vengono tarpate le ali e che si lascia docilmente ammaestrare dal colosso Disney. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti: finale scontato senza alcuna traccia di Tim Burton, il macabro velato di zucchero, una Regina Bianca che poteva avere più sfaccettature ma Burton ha potuto giusto giusto accennare alla parte crudele di questo confetto di bambagia, una Regina Rossa che inevitabilmente viene interpretata dalla solita Elena Bonham Carter con un lato psicologicamente complesso solo minimamente citato e una Alice che poteva essere decisamente più macabra ma che rimane una fanciullina disneyana moderna. Che noia.
Mi sono dovuta attaccare al lato analitico per sopportare questo film, oltre che a quello visivo onestamente ammaliante: almeno lì Tim Burton ha potuto sfogare la sua frustrazione, pur sempre ben ripagata in denaro.
Alice nella realtà del mondo altolocato nel quale è confinata vive in una gabbia da cui cerca di liberarsi, elemento che riconduco immediatamente al suo rifiuto per il corsetto durante la sequenza iniziale. Le vicende del mondo reale si ricollegano, così come i suoi personaggi, a quelle del mondo immaginario in diversi punti: le due sorelle che infastidiscono Alice sono Pinco Panco e Panco Pinco; la madre del Lord con la puzza sotto il naso che Alice dovrebbe sposare richiama la Regina Rossa; il tradimento del cognato di Alice verso la sorella di lei richiama il tradimento di Stayne; le decisioni sulla propria identità che la ragazza deve prendere ricordano il suo smarrimento riguardo a cosa fare di sé e della propria vita in una società fortemente costrittiva nei confronti della donna ed estremamente chiusa.
Quanto sarebbe stato affascinante questo film se Tim Burton non fosse stato soggiogato dalla Disney e avesse potuto sviluppare il tema in santa pace! Mi è anche venuto da riflettere su come sarebbe interessante questo film se fosse girato da un regista interessato al lavoro sulla psicologia e sullo sviluppo della personalità di Alice, ma questi sono i sogni di una che spera di trovare uno Svanmajer della psicologia.
Il lavoro di Burton si distanzia anni luce dalla bellezza di quello del regista di Praga e vorrei tanto informare Burton che è ora la smetta di dichiarare di essere ispirato dal suo lavoro perché dopo questo film ha decisamente preso le distanze da ogni possibilità di crearsi un solido percorso stilistico come ha invece fatto Svankmajer. Apprezzo che, se non altro, stia tentando di ritornare alla sua vera passione, quella per la claymotion e la stop-motion, i puppets ecc..
Ritornando al film, siccome il momento dovrà giungere prima o poi, meglio togliersi la patata bollente dalle mani parlando di Johnny Depp e del suo personaggio.
Esteticamente stupendo, truccato un po’ alla Beetlejuice, con gli occhi bistrati di viola e nero, le lenti multicolor su cui Burton gioca moltissimo, le sopracciglia foltissime, i capelli rossi e ricci schizzati sulla testa e quel biancore inquietante contrastato dalle labbra scure e sottili, nonché un costume viola tutto sgangherato corredato dall’immancabile cappello bruciacchiato: superbo, almeno in questo. Il resto è tutto da rifare, a partire da una presenza fin troppo ostentata del personaggio in scena finalizzata unicamente a mostrare il più possibile Depp (e con la Bonham Carter il discorso si ripete) per arrivare alla sequenza francamente ingiustificata della deliranza: santo cielo, ne avevo sentito parlare un po’ in giro in rete e non capivo il motivo di tante critiche. Ora ho capito, e condivido quasi appieno. Dico quasi perché alla fine avrebbe potuto essere peggio e perché per nostra fortuna la questione viene liquidata velocemente, ma doveva essere evitata.
Ricorda un po’ quelle idee cretine che ti vengono fuori quando sei stanchissimo e stai lavorando da ore su uno stesso progetto, è notte e sei disperatamente alla ricerca di una soluzione prima della consegna del lavoro che magari è di lì a due ore e mezza. Immagino sia andata così per il team al lavoro su questo film: dopo ore di discussioni su come risolvere il fatto della deliranza, cui evidentemente la Disney doveva tenere molto, si devono essere decisi a fare questa roba e hanno coinvolto Johnny Depp.
Depp ha accettato di girare questo film indubbiamente per una questione di rispetto e amicizia nei confronti del proprio regista feticcio, ma sembra che ogni piccola azione recitativa da lui intrapresa gli costi una gran fatica e un gran sforzo. Non è più, come nei Pirati dei Caraibi, un pirata svitato e simpatico che deve avere connotati semplici e far ridere il pubblico di bambini e ragazze sbavanti che lo va a vedere al cinema: qui si tratta di interpretare un completo svitato che esiste unicamente nel sogno di una ragazzina e che vive nella completa illogicità immerso nel proprio lavorìo mentale. Depp non è l’attore giusto per questo, evidentemente, forse perché giunto alla sua età si prende fin troppo sul serio o forse perché ne ha abbastanza di lavorare con Burton.
Condivido l’opinione di chi pensa che per i due, Depp e Burton, sia il momento giusto per separare le proprie strade. Forse Johnny Depp non è più sullo stesso pianto immaginifico di Tim Burton o i soldi lo stanno trasformando in un assetato di fama come non lo è mai stato, non so, ma credo sia ora di chiudere la collaborazione e dirsi arrivederci.
Il suo personaggio non ha spessore, è solo un tipo strano che dice cose strane e muta la propria voce in maniera discretamente ridicola ed ha un ruolo insistito in un film che non ha ordine né logica. Se i cinque secondi di Cristopher Lee che dà voce al Ciciarampa sono stati più intensi dell’ora nella quale Depp è stato inquadrato dalla camera, vorrà pur significare qualche cosa, no?

Elena Bonham Carter se la cava egregiamente e si intuisce che, a differenza di quanto si è detto di Depp, il feeling fra lei e il marito è ancora splendido, se non altro lavorativamente parlando. Grosso testone a bulbo, capelli rosso fuoco, statura inane e voce penetrante con tanto di labbra a cuore, perfida quanto basta e dotata di un sadico senso dell’umorismo oltre che di una risatina da porcellino divertentissima. La salvezza. Un po’ come Mia Wasikowska.
Ne ho parlato giusto ieri al riguardo di Jane Eyre e tempo fa parlando di Restless: questa attrice mi piace, e tanto. La sua Alice è emaciata, sofferente per il poco sonno, forte e determinata, ma non basta  a risollevare il tutto, nemmeno se accanto a lei si trova una Anne Hathaway meravigliosa, calcata ed eccentrica al punto giusto.
Il suo personaggio, la Regina Bianca, è farsesco, saltella leggiadramente e si muove ancor più leggiadramente ma, sotto sotto, se si incazza sono cavoli amari. Nel suo castello, Marmorea, tutto è bianchissimo e puro a differenza del castello della perfida sorella dove tutto è rosso e cupo e ricorda vagamente Minas Tirith assembrato con Mordor (un po’ di nerdaggine ha attaccato anche me, pesantemente) e dove regna la tranquillità e le parole sussurrate a mezza voce.
A proposito di richiami, Burton ha attinto qua e là dove la sua immaginazione lo ha portato: Avatar, C.S. Lewis, Il signore degli anelli, Harry Potter (il mostro pelosone bianco che perde un occhio fa la guardia alla spada un po’ come il cane a tre teste faceva la guardia alla pietra filosofale nel primo film di Harry Potter e la stazza direi che è pressappoco la stessa) e chi più ne ha, più ne metta perché ho la sensazione che mi giungeranno nuovi richiami ripensando al film nelle prossime ore.

Conclusione: vorrei davvero essere propositiva verso questo film e in parte lo sono. Ma non bastano Pinco Panco e Panco Pinco cicciottelli e buffi, non basta il ghiro con lo spillo assassino, non basta la bellissima trovata del lago in cui galleggiano le teste umane tagliate per ordine della regina né tantomeno le piccole trovate qua e là burtoniane a salvare tutto un film. Che si guarda, anche piacevolmente, ma che passa e va senza lasciare tracce; senza far sognare, senza farsi amare.
Il 3D soffoca l’immaginazione, non fa sognare e ci fa solo spalancare la bocca al suono di un “oooooooh” meravigliato se non viene utilizzato con attenzione, come in questo caso. Uccide un film anziché salvarlo, così come ammazza un film un attore designato per un ruolo principale che risulta poco credibile e poco convinto lui stesso di quel che sta facendo: non vedo l’ora di dimenticare la scena del thé, priva di logica e fin troppo breve, tutto per lasciare spazio all’azione e al movimento continuo. Che stress!
Per fortuna non è un film che un bambino possa anagraficamente vedere (poi, se un genitore glielo lascia vedere, cavoli suoi, io parlo per fonti ufficiali) perché gli toglie il gusto di sognare, artificializza e addormenta la sua visione: molto meglio Edward Scissorhands dove Burton senza bisogno di effettoni e grafica mozzafiato compiva un piccolo miracolo di genio puro concependo un uomo dolorosamente menomato immerso in un’agghiacciante atmosfera di perbenismo e snobismo francamente ben più tremendi dei castelli 3D in cui dimorano le due regine.
Sono convinta che Tim Burton dia il meglio di sé nei film quasi-horror / noir / surreali come Sleepy Hollow o nei film in stop-motion / clay-motion come Frankenweenie quest’ultimo pur sempre Disney ma appartenente alla natura più vera di un regista talvolta troppo sovraesposto e sopravvalutato. Se non pensasse unicamente al ritorno economico di certi suoi film e si dedicasse anima e corpo alla stop-motion forse perderebbe qualche migliaio di fans che lo seguono per folle moda del momento, ma guadagnerebbe il rispetto che merita da parte di tanti fans speranzosi di vederlo tornare alla propria passione più grande e più sincera.

VOTO
♥♥/// [due cuoricini su cinque per cui verrò fustigata dai fanssss di Burton, santocielo]

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Durante l’enorme esposizione mediatica e pubblicitaria di questo film, avevo un’amica che venerava Tim Burton a livello maniacale, forse più di quanto io adori Quentin Tarantino. Ricordo che l’unica persona ad apprezzare quel film tra le mie conoscenze fu proprio lei, che realizzò altresì qualche schizzo collegato alla pellicola. Sinceramente mi spiace non poterla contattare più per mostrare i bei disegni che aveva realizzato del Cappellaio Matto e che se riuscirò a reperire in rete, pubblicherò con link e consenso e quant’altro.


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