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Alla ricerca delle nostre origini

Creato il 06 dicembre 2012 da Cultura Salentina

di Ottorino Capocelli

stiso

Tommaso Arcudi, “Sergius Stisus de Zullino” – acquaforte (XIX sec.)

 

L’Abbazia di San  Nicola di Casole, edificata nell’anno 1098 da Boemondo I, ha avuto un’importanza storica, religiosa e culturale molto rilevante, al pari di tanti altri monasteri medievali europei. Tra XI e XV secolo il monastero fu, infatti, un luogo dove cultura greca e latina convivevano pacificamente. Era tra l’altro un’epoca, quella successiva allo Scisma d’Occidente del 1054, nella quale le “relazioni internazionali” fra Oriente ed Occidente erano molto tese. In questo scenario Casole riuscì a ritagliarsi un ruolo autonomo di ponte tra i due mondi in conflitto, aveva la funzione d’intermediazione tra le due Chiese.

L’intero Salento era divenuto in quel periodo un grande centro di culto legato al mondo greco. La lingua parlata era il greco e nell’intera Terra d’Otranto erano sorti numerosi monasteri greci così come nelle sedi parrocchiali di Nardò, Soleto, Gallipoli e Maglie. Il Salento ospitava spesso monaci provenienti dalla madrepatria considerati come la più alta espressione della Grecia classica. In questa cornice si impose l’Abbazia di San Nicola di Casole che rappresentava per l’epoca il fulcro della cultura greca nel Salento. A quanti erano desiderosi di apprendere le origini di questa importante civiltà, l’abbazia offriva l’insegnamento in modo gratuito della lingua e della letteratura greca tra cui lo studio di Aristotele e Platone. Lì si scrivevano manoscritti bilingui, in greco ed in latino. Casole fu inoltre sede di formazione dei giovani del tempo: si studiavano le lingue, anche quelle che lentamente andavano ormai in disuso come il greco, ed inoltre si studiava teologia, grammatica e filosofia. Era insomma uno dei centri di formazione all’avanguardia e chi usciva dalla scuola di Casole veniva apprezzato per le proprie qualità anche in terre lontane.

Le mansioni dei monaci dell’Abbazia erano varie: se il monaco Igumeno rappresentava la più alta carica ecclesiastica nel convento, il Protocalligrafo si dedicava alla stesura e alla copiatura dei codici. Ed uno di questi fu Sergio Stiso, che svolgeva queste mansioni dalla sua sede del Casale di Zollino. Vissuto tra il 1454 e il 1535, era assai ricercato per i suoi lavori di trascrizione e traduzione di testi classici latini e dell’antica Grecia, financo commissionati da Lorenzo de’ Medici. Si avvaleva, peraltro, di validissimi collaboratori ed allievi tra i quali, il più illustre, fu senz’altro Matteo Tafuri da Soleto. A parlarci della vita ed opere di questo interessantissimo prete cristiano di rito greco e del clima culturale che si respirava in quegli anni è il testo Sergio Stiso tra Umanesimo e Rinascimento in Terra d’Otranto  a cura di Paolo Pellegrino, pubblicato da Mario Congedo Editore da Galatina (2012).

Un vero capolavoro letterario che non può mancare nella nostra libreria


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