Magazine Diario personale

Allo stremo

Creato il 19 giugno 2015 da Povna @povna

La seconda prova, per lo meno in molti istituti tecnici (nel loro di sicuro, segnatamente, quando si tratta di Muri e Impianti), si trasforma in realtà in una prova di resistenza. Otto ore per fare, su un banco quadrato di 40×40, disegnando a mano, con lapis e squadrette come nell’anteguerra, una traccia di progettazione che richiede almeno quattro elaborati grafici: pianta, sezioni, una serie di prospetti su fogli 50×60, e dopo aver passato gli anni del triennio a imparare a disegnare digitalmente al CAD.
La consegna si presenta già così assolutamente folle e vede alunni che arrivano alla prova – oltre che con curvilinee, goniometro, compasso, righe, squadre, matite 2H e HB, più quelle colorate, come i bimbi – con alcol e ovatta (per pulire il banchino, man mano che si sporca), salviette per mani (per pulire le medesime dopo che sudano) e vestiti in tuta e scarpe molto comode (perché, per cercare di ovviare alla fisica contraria del tutto, metà del tempo si finisce per disegnare in piedi o a ginocchioni). Il tempo, nonostante otto ore paiano – e siano, a tutti gli effetti, per la stanchezza pervasiva che ti prende – una infinità, anche così resta pochissimo. Perché, come ha glossato il commissario esterno Y-Final, “già chiedere in otto ore una cosa che noi ingegneri facciamo in settimane e settimane di progetti ha in sé qualcosa di molto folle” (e, da questo punto di vista, non si vede perché la prova non possa essere articolata su più giorni, così come avviene al Liceo Artistico). Ma il Ministero quando si tratta di trouvailles non si tira mai indietro, è ovvio; e così, quest’anno, in omaggio alla riforma, è stato fatto sapere a novembre che la prova sarebbe stata “rimodulata e aggiornata”. La simulazione dell’aggiornamento è stata resa disponibile sul sito del MIUR a metà maggio, con comodo anticipo, e tutti loro, scaricandola, ne hanno potuto apprezzare le novità salienti, che consistevano nell’avere aggiunto al testo della prova classica una sezione con alcuni quesiti di Storia dell’Architettura e/o Ponteggi cui rispondere, sul modello della terza prova. Viste le date, e visto maggio, ad Esagono e Saimon a quel punto non è restato poi da fare molto: hanno organizzato una terza simulazione di seconda prova, comprensiva di domande, e poi tutti quanti si sono avviati al giorno del secondo scritto affidandosi a San Ingegnere.
Il quale santo, evidentemente, ieri, 18 giugno, quando la ‘povna, i Merry Men e i colleghi di materie tecniche (“ma tu che ci fa qui? Oggi non facevano sorveglianza gli scientifici?; “Io ci sono sempre” – è la sua risposta laconica, sollevata dal sorriso di Rebecca: “Certo che lei sta qui, ci fa da supporto morale, è importantissimo!”), si sono avviati a ricevere il plico telematico, era evidentemente in vacanza. Perché la prova – una traccia di progettazione in realtà abbastanza classica – era però resa complessa dalla scrittura in perfetto stile gastro-fighetto: una specie di pasticcio bio-natural-agrituristico ideato da qualche architetto in vena di pubblicità Expo di bassa lega.
I primi trenta minuti sono dunque passati, per tutti, a decrittare, tra titoli finto-accattivanti (“Officina del gusto e orto della salute”, bum!), o giochi di parole scontatissimi (“coltura/cultura” – ribum!), quali fossero le consegne strutturali del progetto. La ‘povna viene chiamata di urgenza a fare la parafrasi per Mr. Mao che, nonostante il vocabolario cinese-italiano e una conoscenza veramente buona della lingua, affoga in mezzo a metafore di dubbio gusto. Infine, una volta sfrondata degli eccessi linguistici (del resto, una traccia di progettazione su tre pagine non si era francamente mai vista), Soldino e Piccolo Giovanni (che si sono disposti a scacchiera, ciascuno prendendosi in carico tre Smarginati, per tirar loro su il morale – che in una prova come questa altri aiuti non esistono) scoppiano in una risata unisona: “Va beh, alla fine si tratta di motel, volume unico e bar, cioè l’oggetto delle nostre tre simulazioni!”. Esagono sorride (e la ‘povna sa che cosa sta provando, perché il giorno prima lo ha provato lei, punto per punto), respirano tutti. E poi è tempo di cominciare a disegnare.
Nel frattempo Esagono e Y-Final stanno esaminando l’altra parte della traccia. La domanda sul Piano Regolatore non presenta problemi di sorta (a parte il fatto che si trova sul Manuale di cui è concesso l’uso ufficialmente, quindi si tratta di un quesito al più di bella calligrafia, e niente altro); ma è su quella di Storia dell’Architettura che il commissario esterno solleva un sopracciglio: “Mhm, qui temo danni dappertutto, perché mi risulta difficile che all’architettura organica, in una qualunque scuola tecnica, con tutto il programma da svolgere, ci si sia potuti arrivare”.
La ‘povna è dietro di loro, anche lei con in mano una traccia. Sente le sue parole, gira a pagina tre e prorompe in una risata sorridente: “State parlando di Frank Lloyd Wright e di Fallingwater, vero? In realtà la conoscono tutti, l’hanno fatta per Inglese, e con molti di loro l’abbiamo ripassata molto bene a maggio, perché su questo si sono fatti interrogare”.
Il sollievo dei due ingegneri è palpabile.
“Allora la scriveranno in inglese” – glossa con una battuta Esagono.
“Ehm, questo no. Ma di sicuro la sanno” – garantisce la ‘povna.
E l’eco della sua sicurezza sta trapelando, adesso, proprio dagli Smarginati. Finito di tradurre dall’architettese la prima consegna, infatti, alcuni di loro sono passati al resto del compito; ed è così che il Panda, Orlando, Riccia, Cirillo Skizzo, Mr. Mao e la Pesciolina iniziano a ridere in unisono. “Si sa! Si sa!” – urla gioioso il Panda. “Altroché” – commenta Riccia. “Prof., si ricorda, allo Scatolificio…” – attacca Cirillo Skizzo. “Abbiamo fatto anche Questions and Answers” – puntualizza Mr. Mao. Orlando e la Pesciolina si limitano a sorridere alla ‘povna, intercettandola negli occhi, con la consapevolezza complice degli spiriti affini.
“Bravissimi” – glossa lei – “ma adesso lavorate al progetto. Per rispondere alle domande c’è tempo”. Ma intanto, ancora una volta, dentro di sé, gongola. E pensa allo sceneggiatore, che è riuscito a dare un senso persino a quel tale pomeriggio, che lei ricorda molto bene, di lunedì 8 giugno, quando, insieme agli Smarginati, si è dedicata per l’appunto a ripassare Wright, tutto intorno a loro un caldo porco, la sensazione di non farcela, il cambio di metodo di studio, quando ha percepito che li stava perdendo, il borbottio ripetuto per quella ennesima interrogazione, che sembrava così inutile. E, qualche ora dopo, mentre i suoi cari Smarginati scrivono, effettivamente in inglese una parte della risposta (“Prof., “reinforced concrete cantilever” in questo momento in italiano non mi viene”; “E tu mettilo così, in fondo avete la metodologia CLIL, no? E usiamola!”), la ‘povna è fortemente tentata di pensare che ogni tessera abbia per davvero un senso, in questa inaspettata trama.


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