Magazine Giardinaggio

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Da Fluente

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Buongiorno da Federico,riprende anche per me l’appuntamento del sabato su “GiardinoWeb”con l’almanacco.Fine settimana caratterizzato dal grande rientro dei vacanzieri e dal grande traffico sulle nostre arterie autostradali,e che tempo farà nei prossimi giorni?vediamolo insieme con la notra prima rubrica.

Meteosettimana

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L’ultimo momento di gloria dell’estate durerà circa una settimanaWeek-end caldo e l’anticiclone proverà a resistere almeno sino a sabato 28 agosto. Disturbi solo sulle Alpi tra lunedì e martedì, per il resto sole e caldo. Negli ultimissimi giorni di agosto si conferma invece l’arrivo di una crisi temporalesca importante.

SITUAZIONE: prova di forza dell’anticiclone, che non solo assicurerà un fine settimana soleggiato e caldo ovunque, ma proverà a rintuzzare efficacemente gli attacchi delle perturbazioni atlantiche all’inizio della prossima settimana. I loro effetti saranno pertanto limitati al settore alpino tra lunedì e martedì, per il resto splenderà il sole e farà ancora caldo, pur non eccezionale.

EVOLUZIONE: nel corso della prossima settimana ancora dunque prevalenza di sole e pochi disturbi limitati al nord, dove si inserirà a tratti aria un po’ più fresca.

FINE AGOSTO: l’alta pressione dovrebbe cominciare a flettere nell’ultimo week-end di agosto, preannunciando la discesa di un importante saccatura con conseguente crisi temporalesca al centro-nord tra il 29 ed il 31 agosto, probabilmente decisiva per le sorti dell’estate.

Alessio Grosso

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Cosa fare in giardino e nell’orto

Se i rami delle piante da frutto sono sovraccaricati da quest’ultimi è utile sostenerli con pali a forcella. Preparare le buche per le piantagioni autunnali e fissare i nuovi tralci dei rampicanti ai tutori.Nel frutteto si potano le drupacee e arbusti da frutto, si esegue la potatura verde di actinidia, si asportano i polloni  dell’olivo della vite, diradando anche i grappoli.

Consigli

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Le semine  estive possono essere un insuccesso,solo per il fatto che ai semi in germinazione vengono a mancare l’ombra e l’umidità. Poiché di rado si può disporre di tanto tempo per innaffiare le semine due volte al giorno (con un innaffiatoio a rosetta fine), conviene coprire il terreno con un tessuto non tessuto (costituito da fibre di propilene o poliestere), che svolge la funzione di ombreggiamento e di riduzione dell’evaporazione. Resta il fatto che il telo va messo all’emissione della seconda coppia di foglie, e che una leggera irrigazione va eseguita ogni giorno. Si tratta, infatti, di materiali non pesanti e permeabili all’aria e all’acqua. Il tessuto non tessuto può rappresentare anche un buon mezzo per la difesa delle colture dagli afidi e per l’incremento della produzione.

Il libro della settimana
“I profumi del giardino”
Consigli e progetti per tutte le stagioni

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Descrizione

Il profumo è stato usato nell’antichità come mezzo per entrare in contatto con gli dei, successivamente è diventato simbolo di aristocratica eleganza e strumento di seduzione. Il libro ripercorre il ruolo dei fiori e degli altri elementi vegetali nella creazione dei profumi. I più celebri profumi a base di fiori. Come nasce un profumo. I più famosi maestri profumieri. Aromaterapia e profumoterapia.

Autore: Eliana Ferioli
Illustratore: Tavole illustrate: Gabriele Pozzi
Genere: Giardinaggio
Collana: Vivere Il Giardino
Editore: Giunti
Lingua/Edizione: Italiano
Pagine: 160
Formato cm: 19 x 22,5
Edizione: 2010
€ 17,55

Itinerari marchigiani

MONTEMONACO

Montemonaco sorge nell’alta valle dell’Aso, su un leggero pianoro di cresta prospiciente Monte Zampa e Monte Sibilla ad una quota di 988 m s.l.m.. È per altezza il secondo comune delle Marche.Il territorio comunale spazia, dalle vette del Massiccio del Vettore, nel cui alveo morenico è ospitato il Lago di Pilato, a quelle dell’Argentella, Pizzo del Diavolo, Palazzo Borghese, Monte Porche che segnano il confine amministrativo con Norcia e l’Umbria, fino alle creste di Monte Sibilla e il Comune di Montefortino verso nord/est. Dai morbidi pendii erbosi di Monte Sibilla e Monte Zampa fino al degradare del paesaggio collinare verso Comunanza. Dalle colline sul lato sud dell’alta valle dell’Aso e Monte Altino si estende agli altopiani prossimi alla chiesa di Santa Maria in Pantano nel Comune di Montegallo.”La strutturazione orografica prevalente è quella tipica del paesaggio agrario della media montagna subapenninica, caratterizzata da una successione di creste aeree, di gole incassate e profonde, ripidi pendii pietrosi che s’innalzano da lievi declivi coperti di boschi“. Le ristrette valli sono innervate da torrenti a volte impetuosi, che discendono in direzione del Mare Adriatico insieme alla rete viaria di crinale e fondovalle.Queste le caratteristiche morfologiche di un “espressivo ed inalterato scenario naturale di notevole valore ambientale”[2] ancora poco antropizzato e per lo più ricompreso nel Versante della Magia del Parco Nazionale dei Monti Sibillini.[3]

Storia

« … Comperimus sacratissimas illas leges municipales, …
quas ille primeus Monacus, Divino Spiritu afflatus, huic
Reipublicæ custodiendas dederat …
»

(dagli Statuti Municipali del 1545)

Le prime indagini storiche su Montemonaco condotte nella prima metà del ‘900 da Augusto Vittori fanno risalire l’origine del toponimo ad un nucleo di monaci Benedettini stabilitosi in questo piccolo altopiano sin dall’VIII secolo. L’incastellamento e la costituzione in libero comune avvenne nel XIII secolo dopo che si era notevolmente indebolita l’autorità dei Nobili di Monte Passillo e degli altri signorotti locali. Fu allora che i montemonachesi costruirono le alte mura in pietra intervallate da torrioni, che sin d’allora resero Montemonaco indipendente e fiera nel respingere gli attacchi dei vicini Comuni di Norcia, Montefortino, Amandola, Arquata e persino di Francesco Sforza e di Niccolò Piccinino ai quali, a dispetto di Amandola e Montefortino che nelle diverse occasioni erano state sempre conquistate, riuscirono ad imporre patti di reciproca convenienza. [4]

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Torrioni delle mura castellane di Montemonaco

È con il 1545 che si ha finalmente la codifica degli statuti comunali sulla scorta delle antiche usanze e riadattando i precetti di San Benedetto, su cui si era probabilmente formata la civitas medievale.[5] Talmente orgogliosa delle proprie tradizioni, che la vedevano sin dal X secolo aggregata alla diocesi di Fermo e al Presidiato Farfense, recalcitrò non poco nel piegarsi, obtorto collo, [6] al potente Papa montaltese Sisto V che l’aggregò, in spiritualibus alla diocesi di Montalto, da lui appena creata, nel 1586.

Nei secoli successivi il territorio di Montemonaco perse via via la sua importanza strategica che l’aveva qualificato, sin dal medioevo, un particolare snodo viario[7] al centro degli intensi traffici lungo la viabilità nord/sud del versante adriatico della penisola.[8]

La storia di Montemonaco tuttavia, al di la dei poteri costituiti che nel tempo ne hanno segnato le vicende civili è stata influenzata, fin dall’epoca pagana, dalla presenza dell’icona della Sibilla Appenninica e della sua mitica Grotta. Una presenza dai molteplici riflessi e con la quale la piccola comunità, amministrata dal potere centrale della Chiesa, nel corso della sua storia ha vissuto momenti di non sempre facile convivenza.

Fra storia e leggenda

Terra di antiche frequentazioni, accoglieva stabilmente sin dal tardo medioevo genti provenienti da terre lontane. Attratte dalla liberalità e dall’insofferenza ai poteri costituiti dei montemonachesi alcune frange ereticali come i Fraticelli Michelisti, i Clareni, i Sacconi, i seguaci dei Templari[9] ed altri eretici scappati da stati o città meno tolleranti, si riversarono sin dal XIV secolo nelle più sicure terre montane del territorio di Montemonaco e dei comuni limitrofi. Altri decisero di attraversare il Mare Adriatico e si stabilirono in Dalmazia o in Grecia.

Fra gli accadimenti del XV secolo, che contribuiranno ulteriormente, nei secoli successivi, a far conoscere Montemonaco, ben oltre il suo naturale ambito geografico, ve ne sono di significativi almeno due: da una parte la venuta in queste terre del cavaliere francese Antoine de La Sale al servizio della Duchessa Agnese di Borgogna nel 1420 dall’altra la pubblicazione nel 1473 del Romanzo di Andrea da Barberino, Guerrino detto meschino. Entrambi gli avvenimenti si muovono sullo sfondo della leggenda della Sibilla Appenninica e il complesso ipogeo della sua Grotta, ricompreso sin dall’antico nel territorio montemonachese.

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Disegno di Antoine de La Sale dal Paradis de la Reine Sybille 1420

Ma mentre nel romanzo di Andrea da Berberino, Montemonaco è citata marginalmente in una trama letteraria tutta incentrata sulla leggenda della Sibilla Appenninica e della sua mitica grotta, il diario autoptico di Antoine de La Sale (quel che dirà di vedere o di ascoltare dalla viva voce dei Montemonachesi, lo annoterà riportandolo nel capitolo intitolato Le Paradis de la Reyne Sibylle, all’interno della sua Salade) è storicamente interessante come primo indiretto tentativo di cui si abbia notizia volto a laicizzare la leggenda della Sibilla all’inizio della Rinascenza.[10]

La fama della Sibilla Appenninica doveva aver raggiunto la Borgogna se la Duchessa Agnese pare avesse un arazzo nel suo castello con la rappresentazione della grotta della Sibilla. Inviò allora il cavaliere De La Sale a Montemonaco per verificarne la veridicità (se il disegno su cui avevano realizzato l’arazzo era frutto di fantasia o corrispondeva alla realtà). Fra le motivazioni che avrebbero spinto De La Sale ad intraprendere il viaggio Detlev Kraack individua quello dell’onore: adempiere al desiderio di una dama di così alto lignaggio era già un modo per accrescerlo, raggiungere una meta, fra le peregrinazioni conosciute e illustri, come Monte Sibilla e la sua Grotta equivaleva a consacrarlo.[11]

De La Sale partì quindi dalla Borgogna e arrivò in Umbria, fece tappa ad Assisi e Spoleto, dove lasciò incise le sue insegne nella Basilica di San Francesco d’Assisi e nel Duomo spoletino. Quindi attraverso il passo di Sasso Borghese il 28 Maggio 1420 giunse a Montemonaco.[12] Lì ascolta dalla voce dei Montemonachesi fra cui Antonio Fumato i racconti sulla Regina Sibilla, cerca di capire se esistono veramente Fate e Sibille, e inizia ad incamminarsi verso la Grotta. Seguira tutto il racconto sul Regno della Sibilla e le sue Ancelle velato di paura e scettiscismi “ad arte” per salvarsi dall’Inquisizione.[13] De La Sale tornerà a Montemonaco una seconda volta nel 1440.

Montemonaco scomunicata… e assolta

In una pergamena del 1452, [14] ad appena dodici anni dall’ultima visita di Antoine de La Sale, viene trascritta la sentenza di assoluzione da scomunica dei Priori e di tutta la comunità montemonachese per aver ospitato Cavalieri provenienti dalla Spagna e dal Regno di Napoli, dediti da mesi all’arte dell’alchimia in una casa del paese (casa di Ser Catarino).

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Archivio Storico del Comune di Montemonaco. Pergamena n° 40

I principali capi d’accusa sono quelli di aver (i montemonachesi) aiutato e accompagnato i Cavalieri fino al lago della Sibilla (Lago di Pilato) per consacrarvi i libri diabolici e, una volta messi in carcere per ordine dell’inquisizione, di averli fatti scappare! La Santa Inquisizione dichiara nel documento di essere venuta “casualmente” a conoscenza degli antefatti, da cui era scattato l’arresto dei Cavalieri, e in un secondo momento della loro fuga. L’inquisitore della Marca anconitana De Guardarjis traduce allora i Priori e tutta la comunità in tribunale a Tolentino per giudicarli.

Ma stranamente, alla fine di un lungo dibattimento processuale tutti vengono assolti e liberati dalla scomunica, grazie all’atteggiamento liberale che dominava nella Marca anconitana, al contrario dell’Italia settentrionale e del resto d’Europa dove una simile circostanza avrebbe provocato l’accensione di una notevole quantità di roghi.

Questo documento, scrive Paolo Aldo Rossi, fa emergere l’Italia centrale al di fuori di quell’orror et amor diabolicus che a soli due anni dalla pubblicazione del noto trattato dell’Inquisitore Generale di Carcassonne Jean Vineti, dichiara la Stregoneria una nuova forma di eresia, e darà il via nell’Italia del nord e in tutt’Europa alla caccia alle Streghe.[15] Per Rossi le valenze psico-antropologiche sottese alla decisione del De Guardarjis nei confronti della comunità montemonachese, andrebbero ricercate, attraverso un’indagine interdisciplinare, nell’esame di millenni di sedimentazione collettiva, quando manifesta quando segreta di questo come di altri territori, che in senso generale nemmeno il trionfo del razionalismo scientifico ha ancora risolto.[16]

Terra di alchimisti

« Da ogni lezzo carnale o mio Signore
salvami sempre immacolato il core»

(dagli appunti di Giacomo Sinibaldi)

Le terre sibilline, come confermano gli studi del Parco Nazionale, sono ancor oggi ricche di specie officinali.[17] Unitamente alla disseminata presenza di fonti sorgive[18] e acque minerali[19] erano le due condizioni necessarie perché si potessero approntare i laboratori alchemici fra i quali, ad esempio, quello citato nella sentenza di assoluzione da scomunica.

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La Sibilla Chimica nel Santuario della Madonna dell’Ambro

Ida Li Vigni e Paolo Aldo Rossi ritengono che fossero le anziane donne, chiamate nel Piceno “Vergare” e nei secoli passati tacciate di far uso di arti magiche e stregoneria, le depositarie delle ricette di medicina popolare, tramandate di generazione in generazione, per far fronte con decotti, infusi e pomate alle malattie semplici. Si dedicavano per questo alla raccolta delle radici, dei fiori ed erbe fiorili, anche per gli alchimisti speziali; questi ultimi preparavano la distillazione delle quintessenze vegetali e minerali, gli olii essenziali e quant’altro utile a loro e ai cerusici per far fronte alle malattie.[20] Antoine De La Sale in capo al disegno che descrive Montemonaco sullo sfondo della Grotta della Sibilla e di Monte Vettore, riporta due piante a grandezza naturale, il “pollibastro” e la “centofoglie”, di cui ancor oggi e ignota l’identificazione.

La diffusione dell’alchimia, fra il XV e il XVI secolo, dovette essere tale che nel vicino Santuario della Madonna dell’Ambro il pittore Martino Bonfini da Patrignone, intorno al 1610, ispirandosi ad un libretto di disegni per la preparazione dei quadri ad iconografia sibillina di Cola dell’Amatrice, dipinse, unitamente ai Profeti e alle Sibille classiche[21], una rara “Sibilla Chimica” (o alchemica).[22]

Ma, secondo Joyce Lussu, la libertà di pensiero e di azione che per secoli avevano consentito al territorio sibillino di mantenersi aperto alle nuove idee e di preservare le antiche tradizioni, di cui le donne erano principalmente portatrici, dovette subire un deterioramento improvviso quando furono inviati, nel secondo quarto del XVII secolo sulle montagne del Piceno, gruppi di monaci inquisitori per bonificarle dalla presenza del Maligno. Da allora e per tutto il seicento, scrive la Lussu, la Compagnia di Gesù tentò di operare una “damnatio memoriæ” che tuttavia non sortì il risultato sperato se ancora nel ‘700 operavano a Montemonaco speziali alchimisti.

A conferma di ciò nel 1998 Anna Maria Piscitelli ha rinvenuto in un’abitazione di Montemonaco gli appunti alchemici di due speziali a cavallo fra seicento e settecento. Solo un libretto di appunti risulta firmato da tale Giacomo Sinibaldi di Spoleto giunto a Montemonaco, nella metà del XVIII secolo, per curare la comunità. La fama dello speziale montemonachese dové varcare presto i confini del comune se nei suoi appunti si trovano pazienti di molte comunità picene fino a sconfinare nel fermano e nel teramano. Le tecniche alchemiche utilizzate dal Sinibaldi sono quelle di alchimia minerale con l’antimonio, e tutte quelle di spagiria vegetale. Il suo motto: da ogni lezzo carnale, o mio Signore, salvami sempre immacolato il core.

Monumenti e luoghi d’interesse

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Parco Montiguarnieri. Sullo sfondo Monte Vettore e Monte Altino.

All’interno della cinta muraria, nella parte alta del paese, limitrofa alla porta San Biagio e addossata alle antiche mura, fu edificata nel XVI secolo la chiesa parrocchiale di San Benedetto. Contigua alla più antica San Biagio intra mœnia del XV secolo, che fu eretta ampliando un piccolo oratorio del XIII secolo, la chiesa di San Benedetto conserva all’interno di una lunetta, un affresco con una crocifissione attribuita alla scuola del Crivelli, un braccio d’argento, contenente la reliquia di San Benedetto da Norcia, opera del maestro orafo Cristoforo da Norcia e un crocifisso ligneo di arte marchigiana del XV secolo.

Scendendo lungo viale Italia s’incontra sulla destra la chiesa di San Giovanni Battista del XV secolo ad un’unica navata. Di pregevole conserva una Vergine del soccorso opera del pittore Vitruccio Vergari databile al 1520. Nell’abside, semicircolare, si trova una nicchia, incorniciata da due bastoni fioriti con finale a testa di serpente di ambito neoplatonico e che doveva accogliere probabilmente una statua in epoca quattrocentesca.

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Chiesa di San Michele

Proseguendo ancora lungo la via, si innalza il cinquecentesco palazzo dei Priori (oggi sede del comune). Il palazzo è il frutto di un rimaneggiamento della fine del XVI secolo della più antica struttura degli inizi del XV secolo di cui si conserva traccia nei quattrocenteschi ricommessi lapidei delle finestre con iscrizioni tronche, prive di sequenza.

Dell’antico castello in cima al paese non v’è più traccia se non nel toponimo di via di Castello. Al termine della via, nella parte più alta di Montemonaco, sorge un grande belvedere, oggi Parco Montiguarnieri, delimitato a settentrione da un tratto delle antiche mura, e da cui l’ampia vista panoramica domina verso est il degradare delle colline fino al Mare Adriatico e ad ovest la catena dei Monti Sibillini che, da Monte Sibilla a Monte Vettore, raccoglie il declinare dell’altopiano dove sorse il Borgo fortificato.

FONTE

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