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Almost Human, la novità sci-fi almost unwatchable

Creato il 25 novembre 2013 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Il giudizio di Marco Goi

Almost Human potrebbe essere una valida serie sci-fi, se solo fosse almost original. Non che l’originalità sia una caratteristica comune a molte serie arrivate nell’autunno televisivo americano. Di davvero nuovo si è visto ben poco, per non dire niente, però con Almost Human si va troppo oltre. A ogni scena, in ogni singolo momento c’è una sensazione sempre presente e piuttosto fastidiosa che accompagna la visione. Una sensazione di déjà vu. Il divertimento principale nel guardare la novità (si fa per dire) targata Fox è allora riconoscere quale elemento era già presente in qualche film o cercare di capire a cosa gli autori si sono ispirati. È un po’ come quando si ascolta un disco di Zucchero, che di solito altro non è che una serie di riletture, più o meno dichiarate, di brani altrui.

Per rendere subito l’idea di cosa propone Almost Human, possiamo dire che è un incrocio tra Io, robot e Robocop. Le scopiazzature, pardon i riferimenti sono comunque innumerevoli, da Minority Report fino ad A.I. Intelligenza artificiale, ma lasciamo a voi il piacere di scoprirli tutti, visto che come detto è l’aspetto più appassionante della visione.

Almost Human, una scena con Michael Ealy

Michael Ealy in una scena di Almost Human

Andando a disvelare la ben poco sorprendente trama scopriamo che, oltre a essere una serie sci-fi ambientata nel 2048, Almost Human è anche un crime, piuttosto classico e che ovviamente ci propone un tema tradizionale, soprattutto nei cosiddetti “buddy movie”, i “film da maschio” incentrati sull’amicizia virile tra due uomini. Come spesso accade in questo sottogenere, i due futuri colleghi e amici inizialmente non si sopportano, perché sono uno l’opposto dell’altro, ma poi poco a poco cominciano a superare le diffidenze e ad apprezzarsi.

Da una parte abbiamo John Kennex (il granitico Karl Urban, degno erede della scuola attoriale di Stallone e Schwarzenegger), un agente old-school del Dipartimento di Polizia di Los Angeles tornato in attività dopo un terribile incidente che gli ha fatto perdere una gamba e in cui sono morti diversi suoi colleghi. Dall’altra abbiamo un robot umanoide che gli viene affiancato poiché, nel futuro distopico immaginato dalla serie, un agente umano deve essere sempre accompagnato da un cyborg. Dopo aver fatto fuori, letteralmente, il primo robot precisino che gli viene affidato, John Kennex farà coppia fissa con Dorian (Michael Ealy delle serie Common Law e FlashForward), un robot capace di provare sentimenti umani. In pratica, la solita storia che, da Blade Runner in poi, continua a ripetersi. Solo che qui i livelli del film di Ridley Scott sono lontani anni luce e la serie, oltre a trattare la tematica del robot con l’anima in maniera parecchio banale, in fondo si limita a essere un nuovo crime procedural e poco altro.

Le aspettative nei confronti di Almost Human erano alte, come al solito quando tra i credits compare il nome di J.J. Abrams, che qui si limita al ruolo di executive producer e di autore del tema musicale. Attese del tutto deluse, almeno per chi si aspettava di trovarsi a un prodotto con una sua personalità. Chi invece cerca un bignamino in grado di riassumere (quasi) tutta la fantascienza degli ultimi 30 e passa anni, con questa serie potrebbe persino trovare di che divertirsi.

Di Marco Goi per Oggialcinema.net

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