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ALTA VIA DEL GRANITO: seconda tappa - su, giù, per di qua, per di là

Creato il 18 agosto 2014 da Luca De Ronch @Luca_De_Ronch

18 agosto  5.30, lascio Marisa dormire ancora un po’, scendo, calzo gli scarponi ed esco dal rifugio. La mattina è frizzante, fresca, il cielo è in parte azzurro, ma il Vento, figlio d’ Aurora, sta già formando le nuvole sopra Cima D’Asta.  Senza zaino, solo il pile e la macchina fotografica, d’istinto imbocco il segnavia 364, verso “La Forzeleta”, l’alba in montagna ha sempre un suo perché e a me piace portarmi a casa qualche ricordo scattando foto verso il lago, verso il rifugio e il Passo Socede, da lì si passa per la seconda tappa.


ALTA VIA DEL GRANITO: seconda tappa - su, giù, per di qua, per di là
Vorrei stare sdraiato sulla cima a leggere un libro di Buzzati, ma anche Bonatti va bene e star li un po’ a fotografare le nuvole. Andare e tornare ci si mette un po’, però il tempo sembra non mettersi bene e la tappa di oggi è piuttosto lunga. Ho chiuso gli occhi, per qualche minuto ho ascoltato in silenzio. Le cose vanno come devono andare e per nulla scocciato sono sceso a fare colazione. Marisa è li, mi conosce, cominciamo un nuovo giorno, vediamo di immergerci nel granito. Al Brentari magari ci torniamo, così, solo per la cima, ogni cosa a suo tempo e soprattutto con la giusta misura.
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Una volta a posto con l’abbondante ricarica, salutiamo il gentil gestore, davvero bravo. Si scende brevemente verso il laghetto per poi salire al Passo Socede, superando prima il bivio per il canalone dei Bassanesi e poi l’attacco della ferrata Gabrielli di Punta Socede. Il paretone di Cima D’Asta si colora di riflessi del cielo e delle acque del lago, mentre noi, dopo un ultimo sguardo al rifugio che già sa di nostalgia, scendiamo nel vallone occidentale del Socede entrando piano e senza far rumore nel cuore del granito.
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Il primo tratto di discesa ci introduce nel  tipico paesaggio, lastre di granito, massi, rocce ed erba, ci accompagnano ripidamente fino al pulpito dello strano Seolè di Sasso Spacà. La giornata si è annuvolata, si stanno formando le nebbie. Per il momento comunque si vede la prosecuzione del sentiero per forcella Magna che passa radente alle pareti di Punta Socede e Cima Tellina. Si scende parecchio, fino ad un bivio, dove facciamo una breve sosta prima di riprendere, adesso si risale, il sentiero si snoda sotto le pareti per poi attraversare un’altra zona di grandi massi di porfido multicolore che precede Forcella Magna. La forcella è uno dei due naturali punti chiave del percorso, l’altro è forcella di Buse Todesche, incroci di molti sentieri, vie di fuga, punto di riferimento di numerose escursioni della zona.  Intanto fa freddo. Due escursionisti di zona ci salutano “andiamo a Caldenave”- “Beh! Coraggio e auguri”. Non do tanto peso, entusiasta del percorso, solo poi capirò ………
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Una breve balza rocciosa che si supera su un bel sentiero ricavato nella roccia ci porta nella piccola e solitaria conca del laghetto di Forcella Magna, in ambiente tanto spettacolare e suggestivo quanto ammonitore e severo, dove si procede a fianco di vecchie trincee e camminamenti testimonianze silenziose della grande guerra.  In ripida salita si raggiunge il bivacco Lasteati, posizionato sulla linea di cresta della cima omonima.
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Giusto il tempo di una sosta, una breve apertura verso la valle sottostante dell’Alpe Conseria e riprendiamo il lungo cammino. Dobbiamo attraversare tutta la dorsale in successione del Lasteati, del Cengello, del Monte Fumo e Tombola Nera che sovrastano la Val di Fumo che per l’occasione non smentisce il suo nome. Finchè non piove va bene lo stesso, la lunga traversata, nella nebbia, pur nascondendo il grandi panorami ha un che di misterioso, il mondo del porfido si svela metro per metro con i suoi saliscendi, le sue pietraie di vari colori che si incastrano magicamente come tasselli parte di un grande disegno, ossatura principale dell’Alta Via del Granito. La lunga traversata raggiunge un bivio, siamo sull’alta Val Vendrame, a pochi minuti dalla forcella e dalla cima delle Buse Todesche.Tracce di guerra, arrocamenti, grotte naturali e artificiali annunciano la forcella, da li si deve poi mirare al profondo sottostante vallone ………. È ancora lunga.
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Da forcella Magna alle Buse Todesche, tutta la zona delle cime di Rava era territorio italiano, la zona della Val Campelle si trovava nella “terra di nessuno” , oltre c’erano gli austriaci. Questo almeno fino al 1917 cioè alla disfatta di Caporetto. Valicata la forcella iniziamo a scendere ripidamente nelle Buse Todesche, lo scenario è da fiaba, il verde dell’alta Val Conseria e dei giardini del Cengello è impreziosito dal tocco superbo di un grande artista, fioriture di rododendro tra pietre di granito e piccoli specchi d’acqua che sembrano preannunciare i più grandi e suggestivi laghetti dell’Inferno. Il primo, più alto ospita un bel gregge di pecore, poi per buon sentiero si passa accanto ai due bivacchi Lastei e Scagni, che precedono i più appartanti laghetti inferiori, collegati fra loro da un piccolo giocherellante rio. 
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La ripida discesa nel bosco mette a dura prova le nostre ginocchia che per tutto il giorno hanno portato in giro gli zaini, ma la vista del rifugio ci rasserena, passiamo il rio di Caserine, ancora una breve risalita ed ecco venirci incontro Elio il gentile gestore. Tappa lunga, siamo stanchi, forse il peso degli zaini è eccessivo, ma da ora fino a nanna siamo praticamente coccolati.
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Il gestore “ci prende in consegna”. Doccia calda, sistemazione, birretta fresca e splendida cena, serviti e riveriti. Il rifugio, ricavato da una vecchia malga è un gioiellino, in una valle splendiamente appartata, gestito con semplicità e cura, ogni cosa è al suo posto, ed Elio fa di tutto per impedire qualsiasi fatica agli ospiti. Marisa cede un po’ prima di me, io tengo duro giusto il tempo per un paio di grappette.
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 Su, giù, per di qua, per di là, sembra il riassunto di oggi, chissà domani come sarà ?
Sentieri CAI 380bis-380-373-360
tutte le foto della seconda tappa le trovi qui 

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