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AMERICA COSI’ NUDA COSI’ VIOLENTA (1970) di Sergio Martino

Creato il 19 agosto 2011 da Close2me

america_così_nuda_così_violentaUltimo capitolo della personale trilogia mondo a firma del grande regista romano, dichiaratamente ispirata al celebre filone ideato nel 1962 dal Franco Posperi e Gualtiero Jacopetti (recentemente scomparso).
“Dietro l’America del benessere e della tecnologia si nasconde un’altra America: quella dell’aridità spirituale, dell’esasperata corsa al denaro e al potere, della solitudine degli anziani, delle discriminazioni razziali, della droga”
Come spesso si dice, squadra che vince non si cambia. Martino, su produzione del fratello Luciano e montaggio del fido Tarantini, chiude alla buona l’analisi sociologica, non priva di malizia e doppi sensi, partita dalla vecchia Europa (con Mille vizi… Nessuna virtù, 1968) per raggiungere progressivamente le folli e curiose abitudini d’oltreoceano.
Il risultato complessivo è migliore rispetto ai precedenti titoli: testi meno sguaiati, una seppur minima coerenza narrativa nella successione delle sequenze e soprattutto maggiore cinismo, che talvolta sembra sfociare nell’antiamericanismo più gratuito. E’ forse questo il carattere principale che caratterizza un prodotto come America… , ennesima filiazione di un genere maldestro che, a tutt’oggi, vanta esempi sempre più violenti ed estremi (uno per tutti: Traces of death del 1993).
L’America ci appare grottescamente viziosa (uomini che dipingono donne nude per 5 dollari?) ed al contempo gelida, insensibile rispetto a fasce sociali più deboli di qualsiasi età. Così come stereotipati e ridicoli sono gli hippies onnipresenti nella pellicola: sporchi, perennemente storditi, ideologicamente superficiali e persino ghiotti mangiatori di scarafaggi vivi (sic!).
Revisionato oggi, nell’epoca dell’informazione, il film è dannatamente divertente seppur datato; un titolo la cui smaccata finzione – tanto elaborata da far pensare ad una geniale parodia delle opere jacopettiane – accresce la curiosità per un genere singolare, la cui ingenuità lascia forse basiti ma pone di fronte ad una contestualizzazione necessaria: gli spettatori del tempo erano davvero convinti che l’America fosse questa?


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