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American hustle

Creato il 04 gennaio 2014 da Ladri_di_vhs

AMERICAN HUSTLE
Devo dire, molto bello "American Hustle", un film che viaggia un po' a sprazzi (pur restando sempre su livelli buoni), ma che quando si accende regala almeno 5-6 momenti di grande cinema, di quello che può aspirare ad una dimensione iconografica. David O. Russell, dal canto suo, continua il suo canto verso il cinema "che gli ha salvato la vita" (testuali parole), tirandolo fuori dalle sue crisi nervose, dal malessere per un figlio bipolare, dal divorzio e dalla depressione. Rispetto, però, a "The Fighter" e soprattutto a "Il lato positivo", che erano due simboli di lotta, a tratti anche ingenua, contro le asperità della vita, qui c'è una maggiore consapevolezza, che si fonde con una nota di amarezza e uno sguardo sulla realtà, che increspa il grande gioco di affabulazione del cinema. Perché "American Hustle" non è un mero strumento per mettere in luce i suoi attori, tutti bravissimi, specie Amy Adams (purtroppo col doppiaggio si perde la sua abilità a giocare con gli accenti) e Jennifer Lawrence, quanto piuttosto una riflessione su come la vita sia una finzione, un insieme di pailettes e lustrini (da qui il risalto per l'ambientazione seventies), di abiti da indossare (come quelli che vengono abbandonati nella lavanderia di Bale), che dissimulano una grande solitudine interiore e una malinconia che non sembra trovare carezze altrui.
AMERICAN HUSTLE
Ed in questo deserto interiore, per costruirsi la propria oasi, ecco allora che bisogna sporcarsi le mani, immergersi nelle pieghe di una morale relativizzata e che fa perdere l'orientamento su quale sia il (manicheo?) giusto e sbagliato, come riaffermato beffardamente procedendo verso il finale. In quest'ottica, appare, dunque, chiaro, come il cinema sia l'arte (per quanto nel film si parli anche di pittura e musica) che più di tutte racchiude l'essenza della vita, soprattutto per il ruolo degli attori, che vengono messi al centro di tutto, nel loro triplo ruolo di persone che interpretano personaggi che interpretano altre identità, scarnificando una trama che viaggia in sottofondo e che serve a supportarli in quanto emblema del grande teatro tragicomico dell'essere umano. Se la vediamo da questa prospettiva, allora, per quanto siano evidenti gli omaggi a Scorsese, ed in misura minore a Tarantino, "Boogie Nights" e "La Stangata", c'è anche una luce profondamente personale e verace che Russell infonde alla sua creatura e che risulta di gran lunga l'aspetto più apprezzabile di una pellicola, magari non perfetta, ma che di sicuro appare come la più riuscita, matura ed interessante fin qui realizzata dal regista.
AMERICAN HUSTLE
Pietro Cangialosi

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