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Amministrative: l’apoteosi del renzismo profondo

Creato il 09 giugno 2014 da Albertocapece

download (3)La sorprendente vittoria del M5S a Livorno, da sempre città rossa, quella del resto dove è nato il Pci, è la ciliegina sulla torta. Non è l’eccezione, ma la regola di queste elezioni amministrative: il Pd e il renzismo non sono più percepiti come sinistra o come vicini alla socialdemocrazia, tanto da essere stati abbandonati proprio dalle fasce più radicali e aver acquistato invece credito presso l’elettorato di centro destra. La stessa constatazione si può fare infatti anche per Bergamo dove il Pd ha vinto grazie però a un personaggio nato e vissuto nel berlusconismo come Gori, uno degli spin doctor prestati da Silvio per la Leopolda. E in tantissime altre città e cittadine il centrosinistra l’ha spuntata sotto forma di liste civiche alleate con formazioni e/o personaggi gravitanti nell’area della vecchia destra e desiderosi di trovare nuovo lustro. Persino la sconfitta in alcune roccaforti come Potenza e soprattutto Perugia segnala che presso l’elettorato più “consapevole” cioè quello che va ai ballottaggi e che non vota con l’astensione, il passaggio tra Pd e Forza Italia con annessi e connessi non è più traumatica, vista la vicinanza sostanziale tra gli schieramenti.

Qualcuno potrebbe compiacersi del fatto che “sono saltati gli steccati ideologici”, la frase fatta della neolingua del nulla, ma ciò che è realmente avvenuto è che sono scomparsi in gran parte i segnali di una diversità di idee e di proposte per cui alla fine la battaglia politica si svolge su sfumature marginali o sugli errori marchiani di amministrazione. E’ l’altra faccia della medaglia dell’effetto Renzi:  quello di aver definitivamente buttato a mare il senso di appartenenza a una storia e a una visione del mondo che sia pure con difficoltà e in mezzo a tradimenti quotidiani alimentava la speranza in una società migliore. Adesso la scelta è tra le facce, la loro resa mediatica, i trucchetti o, peggio mi sento, tra le aree clientelari. La mobilità elettorale aumenta, ma nella misura in cui diminuisce o si azzera la distanza tra le forze politiche.

Del resto quando un ministro della Repubblica, interamente sommerso da conflitti di interesse come Francesca Guidi, mette commissario per l’Ilva il commercialista della propria azienda, ovvero Piero Gnudi ( a suo tempo commissario alle privatizzazioni dell’Iri) creando un ennesimo corto circuito di quelli che poi favoriscono la corruzione, come si può parlare di una discontinuità con un passato ormai trentennale? L’unica cosa di discontinuo è il fatto che queste cose vengono digerite facilmente da un’opinione pubblica che si sveglia dal torpore solo quando apprende di essere stata derubata di un miliardo qui, di cento milioni là, di 20 mila euro per il giardinetto o di 4 miliardi per l’assoluzione in bilancio di una banca, ma praticamente mai quando vengono poste le premesse di tutto questo.

Perciò ha ragione Renzi quando attribuisce a se stesso e non al Pd il merito delle vittorie: infatti il partito grazie a lui è stato trasformato in una Dc liquida e informe pronta a raccogliere l’eredità del centro destra che si va disgregando nelle sue articolazioni. Tutto ciò che si oppone a questo esito non è più credibile arrendendosi  ogni giorno al proprio contrario e non avendo il coraggio di staccarsi dalle mammelle del potere. Così altri non garantiti della politica sono destinati a fare opposizione.


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