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Anatomia di un viaggio. Poesie e città

Creato il 11 maggio 2014 da Lundici @lundici_it

Mireia Companys è un’amica dell’Undici spagnola, che però scrive racconti e poesie anche in italiano, una lingua che padroneggia alla perfezione. Ci ha regalato questa serie di  poesie. Parlano di città, di persone, di sentimenti. Parole toccanti, per un linguaggio universale.

Lisbona Barrio Alto

Lisbona Barrio Alto

LISBONA

Dicevi
che la torre di Belem era un gioiello di pazienza infinita,
e guardavi il sole che risplendeva sul mare,
e l’acqua sbirciava la tua pupilla scura,
e il nero rispecchiava le pietre bianchissime
e il marmo fissava le mie palpebre accecate.
Dicevi
che il quartiere dell’Alfama
aveva la tristezza decadente di Venezia,
e i tuoi occhi si tingevano di grigio Pessoa,
e divoravano tram, turisti, bambini in bicicletta,
e sprofondavano nel calmo lamento di un fado.
Dicevi tante cose che non ascoltavo.
E le strade, le case, il fiume, il piccolo Corcovado
diventavano un occhio immenso
che percorreva i limiti del mio corpo,
che accarezzava il mio desiderio sterile,
che scriveva le parole che mai avremmo detto,
mentre il tuo sguardo
era sempre, sempre, più lontano.

Praga

Praga

PRAGA

Stasera l’orologio astronomico è in ritardo
e i turisti si guardano attorno, affannosi,
palpeggiando le macchine fotografiche e i cellulari,
anticipando nello sguardo la sfilata degli Apostoli,
puntuali ogni ora, ogni giorno,
tranne oggi.

Il sorriso al cioccolato di una bambina
si rovescia sulla piazza
più incantevole delle favole della nonna
che hanno lasciato a casa perché è troppo vecchia
e portarla in vacanza diventa una noia,
e il gusto della crêpe al formaggio
è ancora nella bocca della turista sevedese
più intenso che i baci del ragazzo
che viaggia con lei per la prima volta,
e il signore col gelato si lamenta
perché l’albergo costa troppo
ma scrive su Twitter su Facebook su WhatsApp
che quella è la città dei sogni,
e un uomo in fondo si mangia un panino
e si dispera al ritmo di una danza strana
perché avrebbe tantissimo bisogno di andare in bagno.

L’orologio, però, rimane a bocca chiusa
e nasconde i sapori del tempo di Praga.
Magari siamo tutti Josef K.
e aspettiamo, impazienti,
la lettera attardata del destino.

Budapest

Budapest

BUDAPEST

Non voltarti.
Sulla mano tremante di letteratura
ancora il ricordo della pelle affamata,
che raccoglieva la moneta che tendevi
mentre l’acqua venosa del Danubio
schiaffeggiava il ponte delle Catene.
Non guardare indietro,
dimentica Cortázar e i suoi racconti,
la pezzente che aspetta dietro lo specchio
una ricca e oziosa giovane argentina.
Ma forse non resisterai,
forse già il tuo sguardo cerca la sua mano,
incisa dal tempo,
distesa come una strada.
Forse già ti volti, testarda.
E vedi una pezzente in mezzo al ponte
con un’affamata mano tesa,
non specchio, non fantasma, non rivelazione.
E chiudi gli occhi,
e ti butti nella folla, tra i passanti,
a passeggiare per le strade di quella sera calma
sotto un cielo privo di mitologia.

 

Zara

Zara

ZARA

Nessuno ha visto mai un tramonto come questo.
In quest’ora sospesa sul nulla, sul tutto,
seduti su queste pietre logorate dal sale,
accompagnati dalla melodia che solo oggi
l’organo marino ci regala.

Adesso spostati,
ma non più dei centimetri necessari
per lasciare spazio alla canzone
del Chisciotte, di Madame Bovary,
al sogno che brucia al di là della morte.
Falli crescere qui,
giganti in questo luogo minuscolo
che nasce tra le frontiere dei nostri corpi.
Saremo i più folli, i più insonni.
Magari diventeremo una statua
fatta del sale
che solo adesso
canta per noi.
Ascolta, trema, guarda,
mastica l’acqua e la febbre.
Solo ora, solo oggi.
Nessuno vedrà mai un tramonto come questo.

Venezia Punta della Dogana

Venezia Punta della Dogana

VENEZIA

Ora,
che migliaia di luci diverse
nascondono i campanili,
che sotto i passi tremano le pietre
e che ogni labirinto
va a sboccare in un ricordo

ora,
che mi sorridi, lasciva,
e ti spogli nuovamente
per questi occhi che non si stancano mai,
per queste mani che non si saziano mai
di graffiare la tua pelle caotica

ora,
che sulla laguna
galleggiano alghe e sogni ed altre vite
e incomincio a domandarmi se davvero esisti

ora,
che palpito di nuovo nel tuo centro,
posso dirti,
una volta in più,
che sono nel luogo,
nell’unico luogo,
da cui non sono mai partita.


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