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Anche la meteorologia ha i suoi influencer

Creato il 25 agosto 2012 da Db @dariobonacina

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Anche la meteorologia ha i suoi influencer. Il capostipite è stato Edmondo Bernacca (chiamato da tutti “colonnello” anche da generale), volto noto – soprattutto con la trasmissione Rai Che tempo fa? - per essere stato il primo “meteorologo televisivo” italiano, ineguagliato per stile e semplicità di divulgazione.

Tra i suoi “successori”, in tempi più recenti, ha riscosso molta simpatia anche il colonnello Mario Giuliacci, motore – tra le varie attività legate alla meteorologia – del Centro Epson Meteo e padre di Andrea, anch’egli fisico e meteorologo. Entrambi sono volti noti ai telespettatori come collaboratori dell’informazione meteo delle reti Mediaset.

Nonostante in tv si siano avvicendati nel tempo molti altri personaggi, su varie emittenti, in altre trasmissioni dedicate alle previsioni meteo, credo di non sbagliare più di tanto ad individuare in Bernacca e Giuliacci i nomi più ricorrenti nella memoria comune in questo settore.

Ma l’informazione ha molti canali e, da tempo, a giornali, radio e TV si è aggiunto il web. Il colonnello Bernacca, purtroppo, ci ha lasciati 19 anni fa e non ha quindi potuto evolvere la sua attività divulgativa con Internet. La famiglia Giuliacci invece sì e, oltre al sito web meteo.it (legato al Centro Epson Meteo attivato dal colonnello e nel quale oggi lavora anche il figlio), tratta l’argomento attraverso i siti meteogiuliacci.it e andrea.giuliacci.it (sito non proprio aggiornatissimo, anzi sospetto sia anche un po’ trascurato).

In Internet notoriamente c’è posto per tutti, nell’informazione meteorologica idem (non c’è monopolio). I siti web di meteorologia sono tanti, ma negli ultimi tempi sta conquistando una certa notorietà ilmeteo.it, guidato da Antonio Sanò.

Se qualcuno ancora non sapesse di chi si tratta, basti pensare che è a lui che si devono i nomi con cui sono stati battezzati i recenti fenomeni atmosferici (cicloni e/o anticicloni) Lucifero, Caronte, Scipione, Minosse, Hannibal, Lucy.

Una novità per l’Italia, che segue una prassi che negli USA esiste da molto tempo: oltreoceano i nomi hanno un carattere di ufficialità e chi fa informazione si attiene a queste denominazioni, stabilite da alcuni enti riconosciuti.

In Europa, l’Istituto di meteorologia dell’Università di Berlino, accreditato dall’Organizzazione Mondiale Meteorologica, è l’unico ente ufficiale che assegna un nome ai fenomeni atmosferici di rilievo. Questa ufficialità – con la conseguente autorevolezza – sembra però in discussione da quando l’istituto ha varato l’iniziativa Adopt-a-vortex, con cui chiunque può proporre un nome da assegnare ad un fenomeno, corrispondendo una donazione (dai 199 ai 299 euro).

A quanto pare, non esiste una legge riconosciuta a livello internazionale che attribuisca all’Istituto di Berlino l’esclusiva sui nomi dei fenomeni atmosferici. Io quindi potrei dire che per me Lucifero si chiama invece Caldobagno, ma dovrei anche avere la possibilità di influenzare i media nell’utilizzo di questo nome affinché acquisisca risonanza.

Antonio Sanò, attraverso il proprio sito e i comunicati trasmessi a testate e agenzie di stampa, ha così avviato l’usanza di attribuire – a tali fenomeni – nomi di un certo appeal, che poi sono stati appunto ripresi dagli organi di informazione mainstream perché di facile memorizzaione e funzionanti sotto l’aspetto mediatico.

Per l’Istituto di Berlino i nomi sono diversi: l’anticiclone a noi noto come Caronte, ad esempio, per l’ente tedesco si chiamava Stefan, mentre quello che noi abbiamo conosciuto come Hannibal o Annibale, a Berlino era stato chiamato Ignaz. L’orecchiabilità dei nomi scelti e divulgati da Sanò, tuttavia, li ha resi famigliari a stampa e pubblico.

Il colonnello Giuliacci si attiene con scrupolo alle denominazioni “ufficiali” – quando vengono rese pubbliche – e il figlio Andrea non si è mai allontanato da questa regola. Finora.

Qualcosa, però, sta cambiando: quando la “concorrenza” ha cominciato a parlare di “Beatrice”, che porterà temporali e temperature più fresche, Andrea Giuliacci ha risposto indicando lo stesso fenomeno come la “Burrasca di fine agosto”, lasciandosi quindi andare – anche lui – all’attribuzione di una denominazione non ortodossa, seppur senza utilizzare un nome proprio.

Anche se il tempo non è condizionabile, a noi utenti dovrebbe importare più che altro di ricevere informazioni e previsioni attendibili: a chi importa se il ciclone in arrivo si chiama “Pinco” o “Pallino”? Ditemi se devo uscire con l’ombrello, se sto per essere bombardato dalla grandine, o se un twister mi porterà via le piante dal giardino!

C’è da scommettere che la rincorsa proseguirà, perché – al di là della bontà delle previsioni – chi avrà la capacità di imporsi sui media con le proprie notizie (e i “propri” nomi) si sarà fatto migliore pubblicità e avrà una visibilità superiore, che potrebbe essere foriera di nuove collaborazioni (i servizi di previsioni meteo vengono venduti a varie testate giornalistiche) e, quindi, di business.
 



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