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Anemone-Zampolini. E scoppiarono i file.

Creato il 13 maggio 2010 da Massimoconsorti @massimoconsorti
Anemone-Zampolini. E scoppiarono i file.Questo è un paese che quando escono fuori liste, elenchi, agende e diari si scoperchia un pentolone con il quale manco quello della maga Amelia di disneyana memoria riuscirebbe a rivaleggiare. Spuntano nomi come funghi, ci sono sospettabili e insospettabili e perfino qualche prelato, che finiscono così per fare un immenso minestrone di ruoli, incarichi, amici, semplici clienti e favori truffaldini per la serie “se sei bravo ora vedi tu di raccapezzartici”. Dai computer di Diego Anemone sta uscendo fuori di tutto: ministri, ex ministri, portaborse, lacchè di portaborse, faccendieri, qualche vice presidente del Csm e pure un po’ di registi cinematografici che confermano il detto che “i figli so’ piezz’e core” e che per il loro avvenire tutto è lecito e possibile. Non possono mancare alti funzionari dello stato né tracce di contabilità segrete, il che renderebbe più interpretabili quei documenti sequestrati un anno fa e ritenuti fino ad oggi dei veri e propri rompicapo da Settimana Enigmistica. Specialista in ristrutturazioni, il duo Anemone-Zampolini, è ora alle prese con magistrati che vogliono capire tutto e, se possibile, ancora di più. Vogliono scoprire, insomma, quali operazioni possono essere considerate “taroccate”, mascherate da lavori che erano favori e quali no: l’ennesimo percorso accidentato del paese dei misteri, dei falsi diari di Mussolini, degli stallieri eroi e dei trombatori con pillolo sul comodino. A spiccare sono i nomi di Bertolaso, di Lunardi e di Scajola mentre ha fatto la sua entrée trionfale quel Nicola Mancino che se non figura dappertutto gli viene la sindrome da anonimato. Non mancano ovviamente i “vip” ma chi siano ancora non c’è traccia né spiffero da procura della repubblica. Il magna magna a spese degli altri, ovviamente, continua come la marcia delle giubbe rosse inglesi durante la rivoluzione americana che, pur di avanzare, passavano tranquillamente sui corpi dei loro compagni uccisi. Prendiamo Bertolaso. La moglie ridisegna i giardini del Salaria Village (anche la signora ha problemi di cervicale), il cognato si infila nei progetti del G8 sardo e lui non permette che gli si dia del corrotto per “soli” 50mila euro. Tiene conferenze stampa a Palazzo Chigi (negli elenchi figurano anche i lavori di ristrutturazione del bagno e della camera da letto del Capo) e cita una sola abitazione quando le incriminate sono tre, e le altre due? Scajola si dimette e dice: “Così potrò difendere la mia onorabilità” e alla prima chiamata del tribunale di Perugia che fa? “Non vado, la mia difesa non è tutelata”, il che ci fa supporre che Scajola, come il Capo, pretende un tribunale in cui figurino i suoi avvocati al posto dei giudici, il nipote come uscire e la suocera cancelliere onorario. Se non fossero irritanti, farabutti e truffaldini tutti questi signori potrebbero tranquillamente far parte del cast dei Soliti ignoti parte 3ª, almeno troverebbero Totò che, guardandoli negli occhi, potrebbe sempre dire: “Ma mi faccia il piacere!”.

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