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Anna Karenina

Creato il 20 febbraio 2013 da Taxi Drivers @TaxiDriversRoma

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Anno: 2012

Nazionalità: Gran Bretagna

Durata: 130′

Regia: Joe Wright

Genere: Drammatico

Distribuzione: Universal Picture

Uscita: 21/02/2013

Quest’anno il cinema ha trasposto sul grande schermo alcuni capolavori della letteratura mondiale. Mi vengono in mente almeno tre nomi su tutti: Grandi Speranze di Mike Newell, Les Misérables di Tom Hooper e Anna Karenina di Joe Wright.

Regista, quest’ultimo, che ha dimostrato di sentirsi molto a suo agio nel dirigere film in costume come Orgoglio e Pregiudizio e Espiazione, entrambi interpretati dalla sua “musa” tutta corsetti e merletti Keira Knightley.

Anna Karenina, quindi, doveva inserirsi nel filone dei precedenti adattamenti cinematografici di Wright: opere di grande spessore, conosciute e amate universalmente, potenzialmente adatte per un ampio spettro di pubblico.

E invece questa volta Wright cerca la sperimentazione e teatralizza al massimo la sua opera, fino a farla risultare stucchevole.

L’idea è quella di concentrare la rappresentazione in un unico luogo: i circoli di San Pietroburgo e Mosca del 1870 contenuti visivamente in un immenso teatro russo di fine Ottocento in rovina, che attraverso il passaggio di porte trasferisce la scena in paesaggi innevati, palazzi, teatri d’opera, piste di pattinaggio, stazioni….

Se in teoria, la ricerca espressiva di Wright può risultare interessante, anche perché si fa metafora della società russa, intrappolata in convenzioni e corrosa dall’interno, in pratica l’esperimento appiattisce completamente non solo la storia ma i personaggi stessi, ridotti a maschere privi di ogni autenticità e pathos.

Il trio di attori protagonisti, la Knightley, Jude Law e Aaron Taylor- Johnson risultano inespressivi e svuotati di ogni spessore, irragionevolmente bloccati in una recitazione teatrale portata fino all’estremo.

Wright riduce Anna Karenina a un mero esercizio di stile, un inutile capriccio estetizzante che di fatto priva di un’anima un’opera stratificata e vibrante che dovrebbe rappresentare le diverse traiettorie su cui viaggia il cuore umano e la complessità di una società in cerca di un’identità, sospesa tra Oriente e Occidente.

Vi ritroviamo invece la fissità degli sguardi di Law e Knightley (Taylor-Johnson mi rifiuto di considerarlo), le loro snervanti e immotivate piroette danzanti, i cambi di scena tra un siparietto e l’altro. La Knightley in particolare, sembra sempre sia nello spot del profumo che pubblicizza. Due ore e dieci di totale agonia. Un plauso meritatissimo solo ai costumi.

Maria Cristina Locuratolo

 


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