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Annarosa Mattei, l’originalità dello stile e l’uso del tempo straniato

Creato il 25 agosto 2015 da Pamelaserafino
 

Come tradurre la propria esperienza personale, il ricordo, in una trama narrativa non scontata?

La scrittrice Annarosa Mattei nel suo romanzo Una ragazza che è stata mia madre,inventa una prosa narrativa in grado di rendere indistinti i piani temporali che si legano al ricordo. Il tempo del racconto si sfalda in una serie di quadri che hanno come unico punto di riferimento i titoli dei capitoli: prima dell’inizio, nella città della notte, lo spettatore assente, ai bordi del tempo, in attesa dell’alba, sognando il mattino, sognando il mezzogiorno, sosta tra le ombre ecc.

Lo stile visionario, a tratti surrealista, delinea il ritratto e la storia di una madre la cui vita si presenta attraverso il flusso di coscienze che si intrecciano, di meditazioni sull’interiorità e la condizione umana.

Uno stile, franto, inquieto che segue il flusso del pensiero

Ti cerco e ti cerco finché la notte lo consente ti intravedo a volte per qualche attimo ma non so fermarti. Appartieni a un altro quadro che scompare ogni volta quando avanza la luce e ti cancella.

A ogni alba del mondo il giorno arrogante si squaderna e il movimento i colori le forme si srotolano sulla superficie pulsante della luce.

La casa diurna si sovrappone a quella notturna avvolgendo pesantemente il corpo. Fa freddo fa caldo ho fame ho sete mi lavo mi vesto esco.

La città sprofondata nel diluvio del tempo riappare ogni volta con i tratti sensibili del vero e il buio e la luce si succedono come i respiri lenti o affannosi nel corso di un’unica lunga giornata.

Il mattino resta a lungo sommerso in un sonno popolato  di sogni finché non lo segue l’attivo mezzogiorno incalzato dal pomeriggio che sosta riflessivo scivolando verso la sera quando per un momento la coscienza si accende e un guizzo di vita si spegne nella notte riaprendo il varco al sogno del mondo.

La voce narrante è quella della figlia che ricorda o in maniera più profonda rivive la storia di sua madre e il formarsi della sua coscienza. Per rendere questa intimità il ritmo è accelerato dalla mancanza quasi totale di punteggiatura se si eccettuano i punti di fine periodo. Le frasi si succedono una di seguito all’altra come se si inseguissero, le immagini si affollano senza ordine e diventa difficile individuarne una direzione precisa.

Particolare è anche la scelta stilistica di introdurre spesso il complemento oggetto prima del verbo o il soggetto dopo il verbo che rendono un senso di straniamento, straniante infatti si presenta la realtà ai protagonisti che cercano di sfuggirla nella sua chiusura di regole sociali codificate e imposte.

La magia del rapporto si ricrea in questa temporalità in cui i piani temporali si intrecciano per raccontare la storia della madre che non è mai avulsa e distante da quella della vita in corso dei figli.

Quando i figli crebbero e divennero adulti il tempo tornò a scorrere veloce come prima tra alte sponde fortificate da argini di pietra.

Ma lei che aveva colto e conservato qualche frammento di luce si ripromise di fare quanto già aveva fatto per lei sua madre per restituire a entrambi la felice unità delle origini non ancora toccata dalla pesante necessità di essere un io chiuso nella breve linea compresa tra il nascere e il morire.

La costruzione di un’identità autentica, non manipolate dalle scelte imposte dalle “ tribù”  è il lascito della madre ai suoi figli. Una continuità che varca le soglie del tempo e dello spazio o di quella idea di tempo e di spazio che ne hanno dato gli uomini con la loro secolare cultura.

 


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