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anonymous

Creato il 24 novembre 2011 da Albertogallo

ANONYMOUS (Germania 2011)

locandina anonymous

Certo che se ne dicono di panzane, su William Shakespeare… Che fosse una donna, che fosse un prestanome, che fosse un impostore, che non sia mai esistito… Una quantità di balle più o meno infondate da far invidia al nostro povero Leonardo. E infatti dopo Il codice Da Vinci arriva nelle sale un altro film-teoria del complotto (meno trascendente e più politico rispetto alla pellicola di Ron Howard e relativo romanzo), di argomento appunto shakespeariano, intitolato Anonymous.

Meno trascendente e più politico, ma altrettanto ridicolmente inutile. E a chi dobbiamo tanta grazia? Ma ovviamente all’ineffabile germanico Roland Emmerich, cui già va la nostra eterna gratitudine per pellicole del calibro di 2012, 10.000 A.C., L’alba del giorno dopo, Stargate e chi più ne ha più ne metta. Insomma, un mito. Nonché uno che con l’involontaria ridicolaggine sembra intrattenere un rapporto privilegiato.

Il fatto è che Anonymous – la cui tesi è che le opere di Shakespeare le abbia scritte un nobile decaduto che in realtà era figlio della regina Elisabetta – si fa anche guardare: la confezione è banale ma tutto sommato corretta, senza guizzi ma hollywoodianamente passabile. I problemi sono tre. Primo: il mistero intorno alla reale identità dell’autore, che dovrebbe essere al centro del film, viene svelato dopo 40 minuti. Cosa che inevitabilmente ammazza la tensione nel resto della pellicola. Secondo: l’intreccio è confuso, a tratti incomprensibile, specialmente all’inizio. Voglio dire, che senso ha fare un film commerciale in cui per un bel pezzo non si capisce niente? Se voglio spegnere il cervello per due ore (anzi, due ore e dieci minuti: troppo) vedendo una cazzata qualsiasi voglio poterlo spegnere davvero. Terzo: troppe scene, specialmente verso il finale, scivolano drammaticamente nella già citata comicità involontaria. La regina che si prepara canticchiando per un appuntamento galante con un tizio che non vede da decenni e che in realtà è suo figlio… Ma per piacere. E non è nemmeno la cosa peggiore.

Potrei indicare un quarto problema, la recitazione, pessima per lo più e certo non aiutata da un doppiaggio dilettantesco, ma un Rhys Ifans insolitamente drammatico e sotto le righe e la solita Vanessa Redgrave salvano tutto sommato la baracca – nonostante il ruolo di quest’ultima faccia veramente schifo: la peggior queen Elizabeth che gli sceneggiatori di Hollywood abbiano partorito negli ultimi anni.

Alberto Gallo



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