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Anteprima: Leggi il terzo capitolo di "THIAGO", 2° libro della Jaguarà saga di Margaret Gaiottina.

Creato il 17 dicembre 2014 da Blog
Buon pomeriggio amici Insaziabili! ^_^
Bentrovati al nostro terzo ed ultimo appuntamento con l’ANTEPRIMA dei primi capitolo di THIAGO.
Dopo avervi presentato la scheda completa del libro ed il 1° capitolo (se non lo  avete letto potete trovarlo QUI) ed il 2° (che potete rileggere QUI) , oggi, sempre grazie alla casa editrice e all’autrice, vi proponiamo la lettura in ANTEPRIMA del 3° capitolo.
Pronti per nuovi emozioni ? Buona lettura!


3. Caldo

L’indomani, tornando dalla piscina, il pensiero di Thiago era fisso sul fratello maggiore. Doveva assolutamente farsi venire in mente qualcosa per risvegliare quello stoccafisso di David. Lasciò scivolare la Bmw I 8 blu notte proprio di fronte all’unica drogheria aperta, dall’altro lato della strada. Non si trattava di un parcheggio vero e proprio ma non importava, tanto, alle due del pomeriggio con quel caldo, non circolava anima viva. Aveva ancora stampata in mente l’espressione severa di David, il pizzetto curato e lo sguardo gelido con cui lo aveva squadrato la sera prima. Il fratellone non aveva gradito affatto i programmi per l’indomani. Ma Thiago era stato irremovibile. Aveva confermato candidamente che avrebbe saltato il tirocinio per arrivare in clinica nel pomeriggio. Il tutto per il più nobile dei motivi: spassarsela in piscina.Anatema.Per David assentarsi dal lavoro era qualcosa da combattere come la più terribile delle tentazioni. Tentazioni del Maligno, ovviamente, maledetta afa. Così per evitare ramanzine aveva mantenuto fede al programma di saltare il pranzo in famiglia.Thiago fermo ai lati della strada si decise ad aprire lo sportello. Gli sembrò di spalancare le porte dell’inferno. L’aria rovente risaliva dal basso come in un forno a gas. Invece, era solo la strada. Fu tentato di richiudere e restare in auto. L’abitacolo, freschissimo grazie al condizionatore, diceva “rimani” ma lo stomaco non era d’accordo.Doveva soddisfare un primitivo, urgente, assoluto bisogno: mangiare e bere. Non gli andavano i toast stantii che vendevano in piscina e ora, se fosse stato per David, avrebbe dovuto volare in clinica a digiuno perché il ritardo si sarebbe sommato all’assenza del mattino.Ma soffrire non rientrava nella scaletta dei programmi del giorno. Slacciò i primi due bottoni della camicia e poi un terzo mentre attraversava la Hamburg Ave. Era ora di mangiare o sarebbe svenuto in sala operatoria. Passare la mattina in compagnia di ragazze seminude che ti gironzolavano intorno poteva mettere davvero parecchia fame. Spinse la porta a vetri della drogheria. Il negozio era poco illuminato e del tutto deserto. Non c’era anima viva tra gli scaffali sovraccarichi di scatolette, espositori e bottiglie. Di clienti nemmeno l’ombra ma sembrava non ci fosse nemmeno il commerciante. Probabilmente ronfava della grossa nel retrobottega. Thiago sbuffò e tossicchiò ma dietro il bancone non comparve nessuno e nemmeno alla cassa.Doveva rassegnarsi e ritornare all’auto ma lì intorno era pieno di tentazioni per il suo stomaco affamato. A destra, dalla penombra, emergevano scaffali pieni di barattoli di fagioli e sottaceti impilati ordinatamente, a sinistra dal soffitto penzolava una fila di prosciutti interi. Nell’aria aleggiava un odore buono di pane fresco e caffè. Il che gli procurò un nuovo gorgoglio. Se anche qualcuno si stava facendo un pisolino appena dietro la tenda anti-mosche, lo avrebbe svegliato. Bastava chiamare.«C’è nessuno?» Silenzio per una decina di secondi.«Arrivo!»Voce femminile giovane e poco entusiasta. L’annuncio fu seguito da un rumore di tacchi e poi una mano scansò la tenda.***

Il solito camionista di passaggio con una pancia enorme e già pieno di birra, pensò Portia. Chi altro poteva andare girando con quel caldo! L’ora di pranzo era passata da un po’ e quello era il momento in cui avrebbe dovuto stendere lo smalto levato il giorno prima; se c’era una cosa che proprio non sopportava era avere la mani in disordine. E invece ecco che arrivava lo scocciatore di turno.Ma aperta la tenda restò per un istante senza fiato.Thiago Saxton, non era possibile. La vita era fatta di coincidenze ma quella le superava tutte: dalla rivista all’uomo reale in carne e ossa.Il metro e ottantacinque meglio portato di sempre era impegnato al momento a passarsi la mano aperta tra meravigliosi capelli di varie tonalità di biondo grano e a guardare in basso gli affettati e i sottaceti esposti nel banco frigo. Poi il Golden Boy alzò lo sguardo.Portia vide l’attimo esatto in cui gli occhi color cobalto si sollevarono e si trattennero nei suoi agganciandola e scintillando di quell’interesse che aveva notato centinaia di volte negli uomini. Contatto stabilito.Qualcosa – e Portia sapeva esattamente cosa – gli aveva fatto alzare le antenne. E anche la parabolica. Non le ci volle neanche una frazione di secondo per esserne certa.Il top a canottiera che lei indossava era impossibile da tenere chiuso per l’afa e mai al mondo lo avrebbe allacciato ora che a chiamarla non era stato l’ennesimo cliente con la pancia da bevitore, ma l’uomo più esplosivo mai visto. La reazione del corpo era stata istantanea. Nell’avvicinarsi al bancone sentì l'eccitazione vibrare tra le cosce e i capezzoli premere con il jersey leggero della canottiera attillata.«Buongiorno!» Gli rivolse il sorriso da gatta sorniona, repertorio.«Non potrebbe essere migliore,» rispose lui di rimando. La voce calda e fresca insieme rimbalzò tra gli scaffali come i rintocchi di una campana a primavera. Sorrideva con gli occhi. Le palpebre sonnolente si incurvavano in due mezze lune in cui l’azzurro delle iridi si fermò diritto nelle pupille di Portia.Quanto a lei, si accorse di muovere le labbra senza emettere suono.«Prepareresti a questo povero ragazzo affamato un panino al... – si sporse per vedere l’assortimento che proponeva il bancone – bacon, cetrioli e mostarda?» chiese scendendo con la mano dai capelli fino a fermarsi sulla nuca. A quel gesto la camicia di cotone così leggera da essere trasparente e che portava sbottonata si aprì ancora di più.Il collo si innestava forte, possente, lungo e leggermente arrossato dal sole tra spalle ingrossate dall’esercizio atletico. Era quello il punto preciso, quello che la mandava fuori di testa: il rigonfiamento dei muscoli dietro e a ai lati del collo che rendevano le spalle larghe un po’ spioventi per via del fisico allenato. Portia si succhiò le guance alla ricerca di saliva e distolse lo sguardo.Gli occhi puntarono i piedi di Thiago. Mentre armeggiava con il barattolo della senape lo squadrò per bene: mocassini scamosciati italiani e indossati senza calzini. Allungò il collo e dalle vetrata del negozio vide un bolide scuro parcheggiato dall’altro lato della strada. Doveva esser il tizio di cui aveva parlato Jessika, ci avrebbe scommesso una gamba.Non ci si poteva aspettare di meno dal più giovane dei fratelli Saxton. «Ma certo, bel vichingo.»Quella strafottenza lo fece sorridere ancora e, se quando il Golden Boy era aggrottato per la scelta del panino era bello, quando era divertito diventava addirittura irresistibile. L’allegria pulita e contagiosa si illuminava come una lampadina quando le labbra si schiudevano sul sorriso bianchissimo e perfetto.Il vichingo si avvicinò al bancone.Sotto le palpebre sonnolente gli occhi cobalto fissarono come fossero ipnotizzati le mani di Portia intente a farcire il sandwich. Poi lo sguardo si sollevò un poco fermandosi di una spanna sotto il mento di lei. Le sopracciglia del ragazzo restarono inarcate in espressione ironica ma a labbra chiuse gli si disegnò in volto un sorriso perfetto e per un istante vi si affacciò la punta della lingua. Portia ghignò di soddisfazione. Un altro punto a segno.«Allora, oltre a questo che ti do?»Sorrise anche lui e sollevò il mento.«Eh, che mi dai…»Sapeva stare al gioco, il nostro Thiago, ma se avesse pensato di poterla mettere in imbarazzo, lo compativa. Farla arrossire sarebbe stato più complicato di far nevicare nel deserto.Mentre il bel tipo divorava il sandwich in due bocconi e svuotava una birra gelata, Portia iniziò a succhiarsi distrattamente il mignolo mentre lo squadrava: si spinse un po’ in avanti fingendo di sistemare altro pane senza guardarlo negli occhi ma certa di offrirgli un’occhiata generosa alla scollatura e, tramite lo specchio dietro il bancone, una visione altrettanto particolareggiata del sedere, ben evidenziato dalla posizione chinata in avanti.«Forse riesco a immaginarlo, che cosa vorresti…»«No, credo proprio di no, bellezza,» aveva bisbigliato più a se stesso che a lei. Ma per Portia quel trampolino era più che sufficiente. Eresse il busto cercando quegli occhi blu intenso.Invece di essere in difficoltà, lui mantenne le sopracciglia sollevate e scosse la testa mettendo le mani sui fianchi.Sicuro, senza la minima titubanza o insicurezza. E perché avrebbe dovuto averne? Bastava guardarlo per comprendere che non aveva mai avuto un problema nella vita che non fosse scegliere come passare una serata.Portia lo studiò un istante ad occhi socchiusi. Dalla faccia si intuiva che il ragazzo aveva un'immaginazione vivace. E Portia conosceva bene gli uomini per capire cosa stava costruendo dietro quello sguardo da principe azzurro.«Oh, credo proprio di sì, invece.»Gli avrebbe dato una bella lezione a quel signorino così bello, appena uscito dalla copertina di GQ, con i vestiti firmati e il fisico palestrato. Un lampo le illuminò gli occhi. Prese un grosso wurstel e senza staccare gli occhi da quelli di lui, lentamente lo portò alla bocca leccandone appena la punta. Poi come se avesse tutto il tempo del mondo lo abbassò infilandolo nella fessura tra i seni. Ora, sì. Ci sarebbe stato da divertirsi. Lo vide spiazzato per una frazione di secondo, schiudere per un istante la bocca, come se fosse rimasto senza parole. Lo aveva scioccato, povero cucciolo. Poteva dirsi confuso? Se lo era stato, durò solo un attimo, il tempo di un battito di ciglia, poi le labbra del ragazzo meraviglioso tornarono distese a scoprire appena un sorriso impertinente. Aveva brillantemente superato la fase scioccata. Bene, Portia poteva passare alla seconda parte dell’incontro, quella davvero divertente. Sì portò le mani sui seni stringendoli uno contro l’altro senza staccare gli occhi da lui. Le sembrò che le pupille inghiottissero il blu dell’iride.«Non so, se sapresti bene cosa farci…»Lo vide sorridere ancora di più e qualcosa le diceva che sarebbe arrivata una risposta a tono. Lui scosse un poco la testa come a schiarirsi le idee.«Scommetto invece di essere preparato sull’argomento, sai?»Era interessante, il tipo.Portia sollevò il mento: «Vediamo. Vieni con me.»Lo precedette nel retrobottega diretta al suo boudoir personale, l'angolo spazzatura nel vicolo, protetto da una tettoia a da un paio di lamiere verso la strada. Non lo sentiva parlare ma capì dal rumore dei passi che la stava seguendo e uscirono nel vicolo.Dalla finestra aperta del primo piano sopra le loro teste nascoste dalla tettoia, arrivava il rumore della televisione e il padre di Portia che chiamava la moglie. Sgarbatamente, urlandole contro come sempre. Ma Portia ormai non ci faceva più caso, era come il rumore del camion dell’immondizia che raccoglieva i rifiuti per la strada. Lui rise:«Abbiamo compagnia.»«No, è solo quello stronzo di mio padre dal soggiorno,» Portia alzò le spalle.Nella penombra creata da scatoloni e fusti impilati, lui sembrava assolutamente sereno e divertito. Tanto da estrarre dal taschino una caramellina e ficcarsela tra i denti.Se era una caramellina! Possibile che il GoldenBoy non si sentisse abbastanza sicuro di sé?Come rispondendo al dubbio di Portia, Mr. Splendore le mise le mani sui fianchi in un gesto che era un invito sfacciato e che nello stesso tempo lasciava a lei la prima mossa. Portia trattenne a stento i movimenti.Gli sarebbe volentieri saltata addosso, sentiva la carne infiammata e pulsante reclamare sollievo. Ma gli aveva promesso qualcosa di particolare e in quel momento si maledisse.Ingoiando un gemito decise di sopportare per concedergli quello sfizio sperando che fosse solamente un antipasto. Invece di passare all’azione inarcando una gamba e invitarlo dentro di sé, Portia cominciò a slacciare gli ultimi bottoncini del top fino ad appena sotto l’incrocio dei seni.Lui, senza mai staccarle di dosso lo sguardo carico di ironia, scese con la mano accarezzandole la coscia e le tirò su il tessuto della gonna leggera. Un brivido le serpeggiò sulla pelle dal ventre fino ai capezzoli. Portia fremette.L’atmosfera si era fatta carica di aspettativa; erano così vicini che Portia poteva sentire l’odore dei suoi indumenti e sotto, quello della sua pelle. E le piaceva ciò che sentiva.Scivolò lentamente in ginocchio e senza staccare i propri occhi neri da quelli blu di lui, afferrò la cintola dei pantaloni attirandolo verso di sé.Per un attimo rimase spiazzata quando la mano grande ma delicata del ragazzo si posò sulla sua guancia indugiando sull’orecchio. Ma si era sbagliata, non le stava facendo una carezza, stava solo sfiorando il lobo strappato. Se Thiago Saxton avesse scostato la massa di ricci dalla parte opposta avrebbe scoperto che l’altro era stato tirato via anche peggio. Portia cercò di non concentrarsi su quel curioso contatto ma su ciò che aveva davanti. Lo accarezzò vogliosa sul cavallo dei pantaloni e gemette. Le fece eco il sospiro di lui.Poi fu la volta del bottone. Lui portava sotto un costume della Nike perfettamente asciutto e aderente ai genitali. Il tessuto era evidentemente teso e gonfio. Portia sollevò lo sguardo soddisfatta per incontrare di nuovo l’azzurro ridente del suo amante del momento.E ciò che vi lesse le cancellò il sorriso.La mandibola pendeva lasciando la bocca aperta, le sopracciglia erano completamente abbandonate, le palpebre semi-abbassate su uno sguardo annebbiato dal desiderio, il più puro, selvaggio e torbido. L’impazienza era anche rivelata dalla pelle tesa sulle tempie. Bellezza e desiderio potevano essere una combinazione letale.Avvicinò il viso è sentì il turgore della carne premuta sul naso e odore di sesso e cloro. Sganciò il reggiseno dal davanti. Si strinse i seni liberi fra le mani e iniziò a farli lavorare intorno a lui, avvolgendolo. Mentre il sesso di quel ragazzo tutto d’oro le scottava la pelle scendendo e risalendo con dolcezza implacabile, i pensieri di Portia ebbero il tempo di fluttuare attorno a un senso di rimpianto.Le erano tornate in mente le parole di Jessika sulla regola del Golden Boy: mai due volte. Così, quello squarcio di sole miracolosamente apparso nella sua vita si sarebbe spento d’incanto. Offuscato da nuvole grigie come il soffitto della drogheria.Thiago sarebbe rimasto un ricordo, l’apparizione fuggevole di un semidio. Sarebbe scomparso per sempre dalla sua esistenza senza guardarsi indietro.***Le labbra le bruciavano di un calore inestinguibile e il languore la trafiggeva con una prepotenza che le annebbiava la vista. Ma Portia si sollevò e si passò il fazzoletto sul collo con l’espressione di una crocerossina che ha appena adempiuto al proprio dovere.Le braccia forti di Thiago la ghermirono sollevandola. Le gambe le tremavano mentre sentiva mani esperte affondare nelle sue mutandine.Portia si abbandonò a quella carezza spettacolare e si sciolse sotto quel tocco magico. Ma fu solo un istante perché in un impulso improvviso gli fece scostare le dita.«Ti ho dato ciò che ti avevo promesso,» sussurrò maliziosa stampandosi un sorriso disteso e trattenendo l’urlo di sofferenza chiuso nella laringe.«E tu?» Thiago la guardava come se le fossero spuntate un paio di corna.«E io...» Portia schiarì la voce esibendosi in un gesto vago della mano, ad intendere che si trattava di roba da nulla. Per sicurezza si voltò immediatamente evitando di sostenere troppo quello sguardo attento. Prese un chewingum dalla tasca della gonna e scomparve nel retrobottega.«Aspetta...»La voce di Thiago fu come una carezza. Portia sorrise tra sé, lo stratagemma di non dargliela aveva funzionato alla grande.«Cosa?» rispose senza voltarsi.Ma lui le girò intorno piazzandosi davanti e bloccandole l’accesso nel retrobottega:«Aspetta, ho un'idea. Mio fratello ha proprio bisogno di qualcuno che lo smuova. E tu sei così seducente, così pensavo se, magari...»Portia lo guardò e sollevò un sopracciglio, in attesa.«Pensavo che, magari potresti fare la ragazza sorpresa …ecco – sembrò rifletterci un secondo e poi sgranò gli occhi, come folgorato da una intuizione improvvisa – venire fuori dalla torta per la serata d’addio al celibato.» Stava facendo un gesto con le mani come a mostrare qualcosa di grosse dimensioni.«Sì, ho presente,» annuì Portia. Una festa di ricconi, sarebbe stato divertente. «Ok, ti do il mio numero di telefono.»Portia snocciolò una sequenza di cifre mentre lui estraeva il telefono per memorizzarlo. Ultimo modello con funzioni super, ovviamente.«Come ti chiami?» le domandò.«Portia,» disse lei facendo un pallone che le scoppiò sul naso. Poi recuperò la gomma che le si era spiaccicata sulla faccia e la rimise in bocca.

«Thiago.» Rispose. «Ok, Portia, penso che ti chiamerò molto presto.»
L’autrice:Margaret Gaiottina dopo l’exploit degli esordi de La sedicesima notte, è autrice di cinque romanzi tutti pubblicati, il suo maggior successo Jaguarà è stato pubblicato e tradotto negli Stati Uniti, Canada, Australia e Inghilterra.Cosa ne pensate di questi primi 3 capitoli?
Non siete ancora sazi?
Non vi resta che acquistare il libro ed ovviamente farci sapere la vostra!

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