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Antinucci ed antiacidi

Da Straker
Antinucci ed antiacidi
Ricordo una lezione liceale in cui la docente di Storia e Filosofia - era l’epoca in la scuola ancora trasmetteva agli allievi i concetti fondamentali, insegnava il metodo e talora riusciva a promuovere un certo spirito critico - precisò con magistrale chiarezza la differenza tra cronaca e storiografia, una differenza che oggi pochi conoscono.
Gli insegnanti di Lettere, dal canto loro, illustravano il divario tra biografismo ed Arte. Il biografismo e l’autobiografismo non sono espressioni di valore estetico, poiché difettano di trasfigurazione. Non bastano i buoni sentimenti e le buone intenzioni a produrre nemmeno una passabile letteratura. Non sembra essersene accorta Antonella Antinucci, autrice di una plaquette intitolata “Burqa di vetro”, con prefazione di Dacia Maraini, la narratrice toscana sinceramente sopravvalutata per i suoi lagnosi romanzi.
Il caso dell’Antinucci è emblematico: attesta la profonda, irredimibile decadenza della “cultura” letteraria e della “cultura” tout court. Siamo al cospetto di “poesie” puerili e cronachistiche: la Nostra crede che, per comporre una lirica, sia sufficiente andare a capo prima, costruendo dei versicoli. E’ vero: Ungaretti impostò le sue prime raccolte su una parola concentrata, densa, valorizzata nella sua pregnanza fonica e semantica, attraverso versi molto brevi, ma accesi da analogie, incendiati da folgorazioni verbali; l’Antinucci, invece, si limita a spezzare gli enunciati della prosa più prosastica, disponendoli in affannose unità “metrico-ritmiche”.
La plaquette è imperniata sul tema dell’uxoricidio, soggetto oggi à la page: ne risultano cose attaccaticce ed involontariamente comiche dove l’avvenimento doloroso, quando non è registrato nella sua cruda e scialba oggettività, è impiastricciato con la retorica più zuccherosa. E’ la retorica peculiare di chi crede di poter sopperire alla totale mancanza di talento, di attitudine e di competenze tecniche con un approccio moralistico e deamicisiano.
Fra le varie esternazioni della silloge, ne proponiamo una, la cui sconvolgente e rara bruttezza offre un piccolo ma significativo saggio dell’orrore impoetico che aduggia “Burqa di vetro”, la raccolta che merita davvero il riconoscimento come la più obbrobriosa della Letteratura mondiale. Il componimento si intitola “Te lo dicevo (come pioggia di rane)”. Allacciamo le cinture...
Te lo dicevo (come pioggia di rane)
Te lo dicevo.
Ci avrebbe scoperti.
Lanciare menzogne
dall’alto come
pioggia di rane.
Non siamo esperti.
Amori rivelati.
Se sono veri.
I sentimenti.
Vanno rispettati.
...
Te lo dicevo.
Tu scopritore.
Delitto d’onore.
Sei senza cuore.
A un letto hai dato
valore.
Te lo dicevo.
A te scopritore
resta un solo talento.
Dispensatore di dolore.

Veramente patetico codesto scartafaccio, con la fortiana pioggia di rane, le frasette balbettanti, i luoghi comuni (Se sono veri. I sentimenti. Vanno rispettati.), le rime banali, la sintassi sciancata, la punteggiatura improbabile...
Chi fra i lettori non avrà accusato incoercibili conati, potrà deliziarsi con altri capolavori pubblicati su questa pagina.
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