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Apologia dell'asino, quello vero.

Creato il 31 maggio 2014 da Astorbresciani
Apologia dell'asino, quello vero. Questa mattina, ho sentito un asino ragliare. Non è una metafora, non mi riferisco al solito Solone che pontifica dalla cattedra mettendo in piazza la propria ignoranza. Ho proprio sentito lamentarsi un Equus asinus, il mammifero quadrupede altrimenti noto come somaro o ciuco. Abito in una zona collinare della mia città e ogni tanto mi capita di sentirlo ragliare a una certa distanza da casa mia, in un fondo dove vive insieme a una pecora. Confesso che m’ispira simpatia e il suo raglio mattutino non m’infastidisce più di quanto farebbe il canto del gallo. L’asino è un animale al quale andrebbe resa giustizia. Su di lui ci sono troppi luoghi comuni negativi.  Da sempre, la sua immagine è viziata da preconcetti. Perché il “cavallo del povero” è visto con diffidenza o commiserazione dai più? Perché il nostro approccio nei suoi confronti è informato dal binomio “carota e bastone”? Forse perché è una bestia troppo umile e da millenni è usato solo per il trasporto di cibi e merci, soprattutto traini e carichi pesanti? O perché tira calci ed è considerato ottuso, balzano e cocciuto? A proposito della sua nota testardaggine, corrisponde al vero che “trenta monaci e il loro abate non possono far ragliare un asino contro la sua volontà”, come scrisse Miguel de Cervantes. Un asino raglia solo quando gli pare e piace e ciò dimostra, caso mai, che la personalità non gli manca. A ben vedere, l’asino è un animale cui non fanno difetto le virtù: è mansueto, tutt’altro che pretenzioso, resistente, robusto, paziente, coraggioso, agile e duttile. Da millenni è un collaboratore domestico affidabile. Ne sanno qualcosa gli alpini e i contadini. Ai miei tempi, si usava ancora affibbiare l’appellativo “asino” ma era caduto in disuso obbligare gli studenti pigri, svogliati o stupidi a indossare il copricapo infamante con orecchie d’asino. È forse nato così il pregiudizio che ci impedisce di apprezzarlo e amarlo? Eppure, l’asino è protagonista di storie vere o immaginarie che dovrebbero riabilitarlo ai nostri occhi. Se vado ad aprire i cassettini della memoria, ecco che di asini meritevoli di considerazione ne escono a bizzeffe. Il primo è certamente l’asinus aureus di Apuleio. Le metamorfosi o Asino d’oro, racconta, infatti, di come Lucio, il protagonista, sia trasformato per magia in asino. Le sue peripezie sono indimenticabili. Stranamente, i latini sono i maggiori responsabili dell’attribuzione all’asino di valenze negative (basti pensare alle Favoledi Fedro) e ciò nonostante i greci, primi di loro, ne avessero esaltato l’icona. Pindaro lo canta nelle sue Odi e Aristofane ne fece un portatore di misteri. Non meno famoso è l’asino di Buridano, protagonista di un paradosso famoso. L’apologo è universalmente conosciuto: un asino posto fra due cumuli di fieno perfettamente uguali e alla stessa distanza non sa scegliere quale dei due iniziare a mangiare e muore di fame a causa della sua indecisione. Non è forse questa una buona ragione per considerarlo un animale stupido? – si chiedono i suoi detrattori. Può darsi, ma gli esseri umani non sono poi così diversi dall’asino di Buridano. Tengono spesso il piede in due scarpe e ciò procura loro problemi e sventure. Mi vengono in mente molti altri asini che hanno avuto un ruolo “didattico”. Penso agli asini dell’Asinaria di Plauto, all’indimenticabile mula del Papa di cui narra Alphonse Daudet in Lettere dal mio mulino, all’asino della fiaba dei fratelli Grimm I musicanti di Brera, a Balthazar, l’asino protagonista del bellissimo film di Robert Bresson Au hasard Balthazar, a Platero, l’asino amico dello scrittore spagnolo Juan Ramon Jimenez e altri ancora. Per tacere dei simpatici asinelli animati, come Ih-Oh, l’amico di Winnie the Pooh, e Ciuchino, l’asino parlante della saga dei film di animazione della serie Shrek. A proposito di asini parlanti, non posso non citare il mitico Francis, il mulo parlante dell’esercito degli Stati Uniti d’America che negli anni Cinquanta fu protagonista di commedie esilaranti. Impazzivo per lui, i suoi sardonici consigli, la sua simpatia. Se poi consideriamo la figura e il ruolo dell’asino in chiave simbolica, scopriamo che dietro le sue connotazioni negative, che ne fanno un emblema di ignoranza e oscurità, si celano sorprendenti eccezioni. L’asino del presepe, ad esempio, è, al pari dell’asino della fuga in Egitto e dell’asina che Gesù cavalca entrando in Gerusalemme la domenica delle Palme, un elemento positivo. In Cina, l’asino bianco è la cavalcatura degli Immortali. A Delfi, un asino portava il cofano che serviva da culla a Dioniso. In molte culture e civiltà, soprattutto africane e orientali, l’asino è oggetto di culto. Infine, voglio intrattenere i miei lettori con qualche curiosità. L’asino è il simbolo del Partito Democratico degli Stati d’Uniti d’America. ‘O ciucciariello è l’emblema e la mascotte del Napoli Calcio. Lucignolo, il cui vero nome è Romeo, viene trasformato in asino e come tale lo ritrova Pinocchio poco prima che muoia nella stalla di un ortolano. Nell’immaginario del Medio Evo, l’epoca dei bestiari, questo animale da soma ebbe grande importanza. Nell’arte gotica, lo si trova spesso collegato a una scuola, una università o una chiesa. La prima volta che visitai la cattedrale di Chartes, notai che all’esterno, in bella vista sul lato sud-ovest della chiesa, c’è la statua di un asino. Fu posta per incoraggiare i chierici allo zelo nello studio. Concedetemi un’ultima nota. L’asino è considerato fin dall’antichità un animale molto dotato e attivo sessualmente. Il suo membro è lungo e grosso, tant’è che alcuni anni fa, un mio conoscente di Palermo mi disse che in Sicilia, dove l’asino è chiamato “sciccu”, un uomo con il pene esagerato è detto “scicchignu”. Quel che è certo, è che gli asini sono esuberanti e il loro appetito sessuale è proverbiale. Che sia questo il motivo per cui l’asino che vive dalle mie parti oggi non smette di ragliare? Forse si sente solo. Mi spiace per lui, ma dovrà rassegnarsi. Come si dice da più parti, il raglio del somaro non sale in cielo.
Magari fosse così anche per quello degli asini a due zampe!

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