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Appunti di poesia siciliana

Creato il 13 dicembre 2014 da Valeria Vite @Valivi92

Ecco il sequel del riassunto di ieri: oggi parleremo della poesia siciliana, che si è sviluppata sullo stampo della poesia provenzale. Spero che la mia idea di pubblicare i riassunti vi piaccia… Non condividerò con voi l’intero programma di studio perché perderei troppo tempo e non so di che cosa parlerò la prossima volta, ma state certi che avrete presto mie notizie. Buona lettura!

Appunti di poesia siciliana

La poesia siciliana nacque presso la corte di Federico II (1220-1250), una corte itinerante nel sud Italia che si spostava continuamente per controllare meglio il territorio ereditato dalla madre Costanza D’Altavilla.

Quando Federico non aveva ancora consolidato il proprio potere e voleva garantirsi il transito Italia-Germania presso il Veneto, così strinse un’alleanza con il crudele Ezelino Da Romano, il quale ottenne in cambio il controllo legale su Verona, che prima dominava illegalmente. Per suggellare il patto Federico II sposò la figlia di Ezelino, Selvaggia, e ottenne in regalo dal monarca un dono spettacolare: un codice di poesie provenzali allestito appositamente per lui. Grazie al codice di Ezelino, Federico poté apprezzare la poesia provenzale e realizzare presso la sua corte un progetto simile.

Federico era un ghibellino (ricordiamo che i ghibellini sono laici e appoggiano l’imperatore, mentre i guelfi parteggiano per il potere papista) e seppe trasformare la propria corte in uno dei più potenti centri culturali europei alternativi alla Chiesa. Federico era di padre tedesco e madre normanna perciò ricevette un’istruzione sia tedesca sia francese, ma accolse nella sua corte anche la cultura araba, greca, siciliana e il latino, la lingua degli affari di corte. Federico diede vita ad importanti istituzioni culturali come la Scuola di Capua, l’Università di Napoli e la Scuola di Medicina di Salerno, inoltre accolse nella propria corte meccanici, medici e scienziati.

In  questo clima poliglotta di altissimo livello culturale giunse la poesia provenzale, da cui derivò la poesia siciliana (1230-1250), di cui si occupavano venticinque poeti che, essendo funzionari di corte, si dedicavano alla poesia per diletto. Federico II e i figli Enrico e Manfredi erano loro stessi poeti, l’imperatore scrisse tra l’altro anche un trattato di uccellagione, vale a dire di falconeria.

Della poesia provenzale sopravvive il vassallaggio d’amore ma si tende a scrivere più che altro dell’amore in quanto tale, lontano dalla concretezza provenzale, infatti la figura della donna è poco delineata e vengono effettuate molte riflessioni sulla natura e sugli effetti dell’amore e sull’interiorità del poeta. Trattandosi di un ambiente laico, vengono inoltre effettuate molte osservazioni di carattere scientifico.

Presso la corte di Federico II venivano scritte canzoni, canzonette e sonetti. La canzone deriva dalla canso provenzale ed è la forma più elevata ed illustre di poesia; viene composta in endecasillabi e talvolta compaiono anche dei settenari. La canzonetta è spesso in forma narrativa e dialogica ed è composta da versi brevi e vivaci come i settenari, gli ottonari e i novenari. Il sonetto venne usato per la rima volta da Giacomo da Lentini, è composto da quattordici versi in endecasillabi; richiedendo meno impegno della canzone, tratta spesso argomenti più bassi, relativi al quotidiano.

Con la Battaglia di Benevento, Manfredi viene sconfitto e fu la fine per la corte di Federico II. I testi originali andarono così perduti, salvo qualche eccezione come un sonetto di Stefano Protonotaro. Le poesie siciliane piacquero moltissimo ai toscani che li tradussero nel proprio volgare, dimenticandosi dei testi originali e credendo che le poesie fossero state scritte direttamente in toscano. Il vocalismo toscano però era diverso da quello siciliano perciò nacquero le rime imperfette, che venivano considerate dai toscani un preziosismo metrico creato dai siciliani anziché il frutto della loro opera di traduzione.

La poesia del ‘200 ci è stata trasmessa da tre grandi codici della poesia delle origini: il Codice Rediano, il Codice Palatino e il Codice Vaticano, che presenta gli autori in ordine cronologico e si apre con Madonna dir vi voglio.


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