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Apre Verso Monet: appuntamento a Verona con la storia del paesaggio

Creato il 26 ottobre 2013 da Athenae Noctua @AthenaeNoctua
L'attesa è finita: si apre oggi presso il Palazzo della Gran Guardia a Verona la mostra Verso Monet. Storia del paesaggio dal Seicento al Novecento, presentata ufficialmente alla stampa e ai blogger dal curatore, Marco Goldin, lo scorso 23 ottobre. Nel corso di questa visita in anteprima ho potuto ammirare le 105 opere esposte e sono arrivata ad una conclusione sorprendente: Verso Monet è ancor più affascinante di quanto mi aspettassi!
Apre Verso Monet: appuntamento a Verona con la storia del paesaggio
Naturale continuazione di Da Botticelli a Matisse. Volti e figure, mostra dedicata al ritratto allestita lo scorso anno, Verso Monet ci guida in un percorso alla scoperta della conquista dell'indipendenza da parte della pittura di paesaggio e delle sue evoluzioni, fino alla dissoluzione operata da Monet nei primi anni del XX secolo, punto d'arrivo di un intenso processo di osservazione, trasformazione e dissoluzione.

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Marco Goldin affiancato dalla tela di Friedrich Mare al chiaro di luna (1836)


Presentata dal suo curatore come un progetto perseguito con entusiasmo e con il desiderio di riunire in un unico percorso i dipinti e gli autori che hanno scandito le diverse fasi di un genere pittorico che fino all'Ottocento era considerato buono solo per «dilettare serve, signore anziane e signorine che ancora non hanno sviluppato il senso del bello» ma che ha a poco a poco guadagnato una posizione di primo piano nello scenario artistico, la mostra si apre allo sguardo dello spettatore come un itinerario fatto di tappe che costituiscono ciascuna una lieve variazione sul tema del paesaggio, inteso come culla naturale, ma colto anche in spettacolari scorci cittadini.  
Apre Verso Monet: appuntamento a Verona con la storia del paesaggio
  Il percorso si apre con la sezione Il Seicento. Il falso e il vero della natura, benché le prime tele esposte appartengano all'ultimo decennio del XVI secolo. L'etichetta di 'falso e vero' definisce una dialettica che, sebbene evidenziata in particolare in relazione a questo primo momento della mostra, si trasmette a tutte le opere incluse nelle cinque sezioni, in quanto, nella resa pittorica del paesaggio, secolo dopo secolo si incontrano elementi di naturalismo e di rielaborazione commisti in modo di volta in volta differente: proprio nel secolo in cui nasce la moderna scienza, basata sull'osservazione attenta ed esatta, l'arte si volge rappresentazioni che alterano il reale. La prima forma di dialogo fra vero e falso si incontra, oltre che nelle opere dei maestri olandesi, nei dipinti di Poussin e Lorrain di ambientazione romana, dove soggetti classici di ispirazione arcadica vengono calati in paesaggi resi con grande attenzione e aderenza alla realtà, un tratto che si evidenzia soprattutto nelle sfumature di luce nei cieli, nella sofficità delle chiome degli alberi e nella descrizione dell'impressione delle ruote dei carri sulle strade umide. Emblemi di questa commistione di antico-falso e reale sono, in questo senso, il Paesaggio con le ceneri di Focione di Poussin (1648) e il disegno di Lorrain Paesaggio con Pan e Flauto (1656).  

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C. Lorrain, Paesaggio con San Filippo che battezza l'eunuco, particolare (1682)


Il rapporto tra vero e falso si mantiene vivo anche nel secolo e nella sezione successivi, Il Settecento. L'età della veduta. Entrando nella seconda sala, veniamo proiettati nei vivaci panorami cittadini di Roma, Verona e Venezia: siamo nel momento storico in cui l'artista non si accontenta più di ciò che l'occhio offre alla sua sensibilità, ma, oltre a proseguire nell'inserimento di architetture fantasiose di ispirazione classica (ciò che avviene con il genere del 'capriccio'), ricerca nuove prospettive e ampliamenti di raggio con l'ausilio della camera ottica. Ecco allora l'imporsi delle spettacolari raffigurazioni del bacino di San Marco, culminanti nella monumentale tela di Canaletto Il Bacino di San Marco (1738-1739), un capolavoro conservato al Museum of Fine Arts di Boston e raramente prestato, della cui presenza Marco Goldin è quindi particolarmente fiero.

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B. Bellotto, Capriccio con arco di trionfo in rovina sul bordo della laguna (1768)


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Canaletto, Il bacino di San Marco (1738-1739)


Con l'Ottocento ci caliamo in un'atmosfera completamente nuova, cosicché, accedendo alla terza sezione dell'esposizione, Romanticismi e Realismi, è possibile ammirare da un lato la sorprendente diversità nel guardare al paesaggio da parte degli esponenti di punta dei tre generi di sublime (quello 'dinamico' o 'naturale' di Turner, quello 'spirituale' di Friedrich e quello 'quotidiano' di Constable), dall'altro raffrontare la stessa pittura di paesaggio romantico con le tendenze realistiche di Courbet e Grigorescu. Ma il terzo momento della mostra è anche quello in cui il panorama diventa extraeuropeo, con l'introduzione di alcuni quadri di F.E. Church e di J.F. Kensett di ambientazione americana.

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F.E. Church, Veduta del Quebec (1846)


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J.M.W. Turner, L'eruzione delle Souffrier Mountains nell'isola di San Vincenzo a mezzanotte, particolare (1815)

  Con l'ultimo quarantennio dell'Ottocento si raggiunge la quarta tappa, Impressionismo e paesaggio. Il percorso documenta, infatti, come, partire dagli anni '60, si imponga una nuova visione del paesaggio, aperta a colori e luci che non appartengono alla realtà (a dimostrazione della persistenza del rapporto fra vero e falso). Con Renoir, Pissarro, Degas e Sisley si impone l'Ecole du plein-air, che supera l'esperienza dei pittori realisti di Barbizon e ci regala visioni tra loro diversissime, ciascuna sintomo di sguardi e sensibilità particolari. Con le tele degli impressionisti, di Gauguin e di Van Gogh si intrecciano filosofie di dissoluzioni di immagini in tratti minuti e pitture per grandi macchie di colore, in una sala spettacolare che ci guida verso l'epilogo.

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P.A. Renoir, Rocce a L'Estaque (1882)


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P. Cézanne, La montagna di Sainte-Victoire (1885-1887)


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V. Van Gogh, Orti a Montmartre (1887)


Con l'affacciarsi delle opere di Monet si apre la sezione Monet e la natura nuova, alla quale siamo introdotti attraverso opere ancora distintamente improntate alla riconoscibilità, anche se, con gli anni '80, entra in crisi il concetto di plein-air e gli Impressionisti iniziano a lavorare per serie di schizzi per poi produrre e costruire in studio una sintesi della loro visione. Ma, molto presto, alla visione si sostituisce un processo di interiorizzazione che si distingue scorrendo uno dopo l'altro i dipinti del maestro parigino dai Prugni in fiore a Vétheuil (1879) a La casetta del pescatore sugli scogli (1882) ad Antibes vista dal Plateau Notre-Dame (1888).

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C. Monet, La casetta del pescatore sugli scogli (1882)


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C. Monet, Campo di papaveri vicino a Giverny (1885)


A queste opere dalle forme riconoscibili si sostituisce un po'alla volta la decantazione delle forme, che Marco Goldin descrive come un 'depositarsi della materia', che si fa sempre più dilatata e dissolta. La naturale conclusione del processo si avverte già nel Campo di papaveri vicino a Giverny e, passando attraverso le serie che catturano le variazioni di luce presso la cattedrale di Rouen (1894) e il ponte di Charing Cross (1900-1902), sfocia nella progressiva dissoluzione delle forme floreali delle Ninfee, di cui la mostra raccoglie tre esemplari: da quella del 1903, dove il ramo di salice ci offre ancora un minimo riferimento spaziale esterno, passando per la versione impalpabile del 1906 e arrivando a quella del 1908, dove la prospettiva dello sguardo è talmente ravvicinata che l'immagine complessiva non si riconosce più, e la stessa presenza dei fiori viola e delle foglie sullo specchio d'acqua è più un ricordo che una reale percezione.

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C. Monet, Ninfee, particolare (1903)


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C. Monet, Ninfee (1908)


Terminato il percorso, non si può non intraprenderlo nuovamente per cogliere tutti i particolari che in Monet si legano agli artisti precedenti, per prestare attenzione ad un aspetto tralasciato, per spostare lo sguardo dalla variazione nell'uso della luce a quella delle prospettive o, ancora, per cogliere gli elementi di continuità, per cercare l'origine di una scelta di un determinato impressionista o per ricercare una sfumatura che solo alla fine del viaggio abbiamo rivalutato. Una mostra come Verso Monet, che attraversa il tempo e lo spazio, ha il fascino di un libro denso e corposo: ogni rilettura è una sorpresa.
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C.M.

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