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Aprile e sassi che che rotolano

Da Lacrespa @kiarastra

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Anche aprile se ne sta andando dopo aver portato sole, caldo, freddo, viaggi febbricitanti, piogge e un paio di bollette.

Se il calendario non è un’opinione vuol dire che siamo vicini a maggio e che la scuola volge al termine. E a me prende l’ansia del non finito: arriverò all’Ellenismo? Come spiego in un mese la crisi e la caduta dell’Impero Romano? E l’Odissea?

Poi arriva l’ansia professionale: quanti danni avrò causate a queste giovani menti? quante cazzate avrò loro propinato?

Vabbè, mi dico, tanto l’anno prossimo non ci sono e dunque non sarà un mio problema ma quello di un altro. Vantaggi della precarietà.

Spero che aprile porti via anche questa pigrizia che mi assale non appena varco la soglia di casa. Il pavimento tra i suoi intarsi marmorei mi lancia dei messaggi tipo LAVAMI; per il corridoio si aggirano cespugli di pelo canino dalle dimensioni preoccupanti; il bagno sembra un ripostiglio mentre la mia stanza ha un tappetto di carte, vittime delle fauci tyldine, e una indistinta presenza di colonne libracee che attendono di essere colte per essere lette.

Io guardo tutto ciò con grande disappunto e nonostante ordini al mio corpo di alzarsi per dare una forma al caos che mi circonda, esso non risponde ma si distende sul letto.

Sarà tutta colpa di aprile?

Forse.

Intanto ascolto una canzone e penso a me come a un sasso che rotola lungo il pendìo di una collina, veloce, senza meta, senza posa fino a quando la discesa termina e il sasso si ferma .

Penso alle parole di quel famoso ritornello, a quella voce un po’ roca e tanto incazzata che sembra caricare di disprezzo ogni sillaba fino a concentrare tutta la sua potenza nella fricativa di quel feel alla fine del verso, una frenata all’ultimo momento che però non ostacola il continuare della corsa. Penso a quella signorina solitaria della canzone alla quale sembra che qualcuno abbia levato il sipario dell’ipocrisia dalla scena della sua vita perfetta per catapultarla la vita vera quella dei vagabondi e dei napoleoni vestiti di stracci, la vita delle persone che non vendono alibi per tacere i compromessi della propria coscienza

Ma quanto eri amareggiato e arrabbiato, caro vecchio Bob?

Io sono qui distesa sul letto a non fare un cazzo e tu mi canti questa canzone che mi strappa dal mio torpore e mi fa pensare a cose che preferisco tenere chiuse in uno sgabuzzino. Solo che siamo in aprile, il vento, la pioggia, il caldo, e di nuovo la pioggia, il sasso rotola e a me viene voglia di seguirlo. Il mio cane è già partito per il suo sfrenato inseguimento. Forse poi lo raggiungo.



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