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Arabesques, jazz e non solo

Creato il 21 gennaio 2011 da The Book Of Saturday

Direction

Un titolo dedicato a un blog? Siamo impazziti? Macché siamo La Repubblica o il Corriere della Sera? Suvvia, non sarà mica la fine del mondo…

Prosegue il mio lavoro di ricerca di blog e siti che trattano di musica, un lavoro che spesso ti porta fuori strada, scovi un blog, o un sito che parla di un album, di un artista in modo ineccepibile, poi clicchi sulla Home Page e resti basito per la nullità del resto dei contenuti. Questo non è il caso di Arabesques, il blog gestito da Diego Scarca.

Mi è piaciuto fin da subito e dunque ora sono qui a segnalarlo. Sono rimasto colpito soprattutto per la quantità di interessi che costella questo studioso e ricercatore di Letteratura francese. E direi che, al di là di tanti film d’autore  e di foto bellissime (come quella pubblicata sopra, Direction di Katherine Erickson, che ricorda molto alcuni quadri del primo Duchamp), che il signor Scarca segnala, direi che il suo lavoro più interessante (almeno per quanto ci riguarda) è la costante pubblicazione di recensioni su dischi jazz, soprattutto di jazz contemporaneo, che a mio parere senza una guida maestra risulta tanto complicato quanto vasto e inafferrabile.

A onor del vero va detto che tutte le recensioni pubblicate su Arabesques (almeno quelle in cui mi sono imbattuto), provengono da altri siti di riferimento, tutti molto autorevoli (Allaboutjazz, Allmusic, Cduniverse, ecc.), il che non è comunque di intralcio al fine di “guidare” i lettori verso una selezione che resta, comunque, del tutto personale.

Come l’ho scoperto? Semplice: stavo leggendo la nostra recensione Keith Jarrett – The Köln Concert, ho cliccato sul tag “jazz” e tra i risultati c’era uno stuzzicante post dal titolo Sotto Le Stelle Del Jazz: Brad Mehldau. Da ciò si evince che troppo spesso (se non sempre), le tag sono usate dai blogger soltanto per uso di indicizzazione del proprio spazio, mentre come criterio di ricerca sono forse ancor più puntuali e stuzzicanti allo stesso tempo ma poco sfruttate.

Tornando alla mera pratica, e alla musica di Brad Mehldau, beh, ho avuto già modo di ringraziare l’autore della citazione per avermi fatto conoscere quello che Ivo Franchi nella sua guida sul Jazz ha definito «una via di mezzo tra Glenn Gould e Bill Evans, con un tocco del primo Keith Jarrett» (vedete che poi alla fine il cerchio si stringe…). Insomma, se come me ignoravate l’esistenza di Mehldau allora questo è il momento giusto per avvicinare questo pianista definito da molti “esistenziale”.  Nonché, aggiungo io, l’ipotesi ancora da sconfessare che andare oltre il passato senza farsi male è ancora possibile.



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