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Armillaria, un’istantanea sulla diversità

Creato il 13 novembre 2014 da Viadeiserpenti @viadeiserpenti

Le interviste dei Serpenti – Armillaria, un’istantanea sulla diversità

di Emanuela D’Alessio

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Armillaria è un progetto editoriale ambizioso. Prende il nome dall’armillare (lat. armilla, oggetto circolare, cerchio), un complesso modello in scala impiegato per la simulazione dei moti celesti e composto da sfere mobili in metallo capaci di riprodurre gli elementi necessari alla descrizione astronomica.
Ne parliamo con i due protagonisti Manlio Della Serra e Mara Bevilacqua.

Nel vostro sito, elegante e dettagliato, si legge che il progetto editoriale di Armillaria è pubblicare opere antiche di autori sconosciuti o dimenticati, in alcuni casi mai tradotti in italiano. L’idea è di quelle che lasciano stupefatti, soprattutto se si guarda la vostra data di nascita: 1983 e 1982. Possiamo partire da qui: perché due ragazzi trentenni decidono di intraprendere questo particolarissimo viaggio nel (tra)passato remoto? 

Manlio. C’è un’idea di recupero o valorizzazione che poggia sulla convinzione che alcuni paradigmi concettuali siano inestinguibili. Il ritorno al passato racchiude un’idea inesatta quanto il proposito nostalgico ed elitario che normalmente lo guida. Per quanto mi riguarda si tratta di fare giustizia, non di sorprendere. La sorpresa arriva sempre dopo il ravvedimento. La nostra età può sembrare inadatta ai contenuti che trattiamo: ma vogliamo che questi testi non abbiano età e, soprattutto, che siano di tutti.

Mara. La mia versione è più prosaica: Manlio mi ha presentato il progetto e a me è piaciuto, mi è piaciuto da morire lavorarci sopra, discuterne, cercare di mettere in pratica una certa idea di editoria come artigianato, cura e precisione che mi era stata trasmessa, che Manlio condivide, e che non abbastanza spesso ritrovo nella realtà lavorativa, per creare infine – anche con sorpresa, all’inizio – un progetto in cui mi riconosco e che mi rende fiera.

Mara Bevilacqua e Manlio Della Serra

Mara Bevilacqua e Manlio Della Serra

Dato il contesto editoriale italiano la vostra scelta appare senz’altro coraggiosa, ai più probabilmente incomprensibile, se non assurda. Risulta difficile immaginare obiettivi commerciali alla base della vostra scelta. Viene più facile pensare che nel vostro caso a prevalere sia stata la forza di un’idea. Ciascuno di noi si è sentito ripetere, almeno una volta, che soprattutto in editoria a fare la differenza è proprio un’idea, la sua originalità e la determinazione nel perseguirla. Che cosa ne pensate?

Manlio. Cambio subito chiave di lettura. È inappropriato tentare fortuna commerciando oggetti che esistono da sempre e che interessano sempre meno. I libri non arricchiscono. Qui è in gioco una soddisfazione e riscontri di altro tipo. Tra i pochi impegnati nella ricerca di glorie periture, mi pare che proprio il poeta tedesco Stefan George avesse fondato una rivista per pochi intimi. Questo esempio scatenò in me lo stesso interesse.

Mara. Armillaria non si prefigge grandi obiettivi commerciali, ma non vuole neppure essere un progetto a perdere. Non abbiamo sottovalutato l’aspetto economico, per il semplice fatto che non ce lo possiamo permettere. Detto questo, Armillaria è nata e vive dell’idea alla base e del nostro essere sicuri che sia una buona idea. Cosa voglia dire buona, nell’attuale contesto editoriale (e non solo) italiano, è da vedere. Siamo sul mercato da troppo poco per poter avere già un feedback commerciale, ma al momento non è l’aspetto che più ci interessa. Noi ci divertiamo a creare Armillaria, e credo che finché sarà così saremo, passatemi il termine, invincibili.

Oltre all’idea, servono professionalità e competenze. E a voi, leggendo le vostre biografie, non sembrano mancare. Studi filosofici e di teologia, esperienze editoriali, attività di traduzione. Ma diteci voi chi siete e da dove venite.

Mara. Io sono prima di tutto una lettrice, di quelle un po’ maniacali. Solo all’università però sono stata fulminata da un’idea che non mi aveva mai sfiorato, durante una lezione con l’editor Paola Gaglianone: avrei potuto lavorare con i libri! Allora ho lasciato la specialistica e ho seguito il Corso Principe di Oblique che mi ha aperto non un mondo, ma una serie di galassie di saperi e possibilità. Da lì poi ho lavorato in alcune case editrici, sia come interna sia come freelance, occupandomi un po’ di tutto, dalla redazione alla comunicazione, dalla traduzione ai diritti stranieri, finché nel 2013 queste competenze (in perenne aggiornamento) sono confluite nella mia agenzia letteraria, MaBeL Agency.

Manlio. Credo che la lunga esperienza all’estero mi abbia formato come uomo, più che come pensatore. In fondo sono sempre stato un antiaccademico, perché contrario alla filosofia universitaria. Si può avvistare una contraddizione nell’aver preso tutto il possibile dall’università prima di abbandonarla definitivamente: tuttavia, non ho mai rinnegato i miei ideali e ho sempre cercato di scuotere il sistema dall’interno.

Soffermiamoci un momento su MaBel Agency. Di che cosa si tratta? 

Mara. MaBeL è nata dopo alcuni mesi passati a lavorare da freelance per alcune case editrici, sempre nell’ambito dei diritti. Poi due autrici mi hanno proposto di aiutarle a presentare in Italia e all’estero alcuni loro lavori e ho cominciato a valutare l’idea di un’agenzia letteraria. Era gennaio del 2013. Nel frattempo, perché il tempismo è tutto, ho iniziato un master in traduzione alla Fondazione San Pellegrino quindi il lavoro vero e proprio dell’agenzia è partito circa sei mesi dopo. Non mi occupo molto di narrativa di genere. Mi piace lavorare con libri che leggerei anche per piacere, e questo ha un po’ rallentato le cose, ma non saprei fare diversamente. Sono molto spesso opere letterarie, un po’ fuori dalle righe, con stili e storie molto curate, con un’idea o un punto di vista o un linguaggio originale. Ho autori e autrici (ed editori) di vari Paesi: Albania, Egitto, Stati Uniti, Serbia, Austria, Spagna, oltre all’Italia. Per fortuna leggo in 3 lingue, e per quelle che non conosco ho dei lettori di cui mi fido. Proprio nelle ultime settimane ho fatto un primo bilancio che mi ha portato a qualche cambiamento. Ho deciso di concentrarmi un po’ di più sugli italiani (anche come scouting) e devo dire che sono entusiasta sia delle opere su cui ho lavorato nei mesi passati sia di un paio di nuovi autori in cui sono incappata per fortuna ultimamente. Vedremo se anche l’editoria italiana la penserà come me! Poi continuo ad occuparmi dei miei scrittori stranieri – il motivo principale per cui oltre a Torino, vado alla fiera dei libri di Londra e Francoforte – tant’è che la prossima primavera uscirà il primo romanzo di Ezzat el Kamhawi tradotto in italiano, per i tipi dell’editore Il Sirente.

Ma l’agenzia letteraria non è la sola attività parallela ad Armillaria.

Manlio. Sì, infatti, c’è anche RossoRe, un progetto multidisciplinare che sposa vino e arte, oltre a offrire una serie di servizi agli operatori vitivinicoli. RossoRe offre la possibilità di personalizzare l’evento, ospitando rassegne a tema e convegni, integrando la degustazione con dibattiti e presentazioni.

PseudoBook in lavorazione

PseudoBook in lavorazione

Armillaria è un nome, un’idea, un progetto. Armillaria non è una casa editrice come le altre. Come è organizzato il vostro lavoro?

Mara. Sia io che Manlio, come il 99% di chi lavora in editoria, svolgiamo più attività e Armillaria è sia una tra le varie, sia un po’ la summa di quello che sappiamo fare. Alla base del nostro metodo di lavoro, votato alla massimizzazione dei nostri due cervelli, otto occhi e quattro mani, c’è il dialogo e il confronto continuo – Skype ne è testimone! – e anche se ci siamo divisi i compiti, alla fine l’uno vaglia poi sempre il lavoro dell’altro. Nello specifico, Manlio è il direttore editoriale: cerca e propone i testi, valuta i collaboratori, traduce e cura le opere. Inoltre si occupa della parte grafica, impagina, fa le copertine, ha creato il sito. Io invece gestisco la parte redazionale, revisionando, correggendo e facendo gli ebook, poi tutto quello che può essere chiamato burocrazia e infine l’ufficio stampa, social inclusi. Cerco pure di tenere sotto controllo il lato commerciale.

Producete libri cartacei ed ebook, ma anche libri fatti a mano, che avete chiamato PseudoBook. Anche questa attenzione alla manualità è in controtendenza. Perché produrre libri a mano in questi tempi di digitalizzazione selvaggia?

Manlio. Per dare ai più attenti la possibilità di sentire il respiro della nostra impresa. Ogni PseudoBook è passato al setaccio dei nostri occhi e delle mani che lo hanno composto. Inoltre, è impreziosito dal lavoro di artisti contemporanei che sostengono il progetto. Grazie a loro, sulle fondamenta del manufatto artigianale poggia un prodotto artistico.

Mara. Forse sono di parte, ma gli PseudoBook sono belli e sono vivi, e questo basta come loro ragion d’essere.

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Parliamo dei primi libri prodotti. Di che cosa si tratta?

Mara. La prima uscita è un breve, intenso testo di filosofia teologica, La Caparra dell’Anima del teologo e cardinale francese Ugo di San Vittore. Come tutte le opere di Armillaria, ha il testo originale a fronte, in questo caso latino, e un denso apparato costituito da introduzione, note e bibliografie ragionate. Il prossimo, previsto per fine novembre, è il Trattato sui vini di Arnaldo di Villanova, uno dei padri della distillazione, medico, alchimista, filosofo.

Quanti libri pensate di pubblicare nel 2015 e quali saranno?

 Mara. Il nostro piano editoriale ha un respiro più naturale rispetto a una casa editrice classica, e non abbiamo stabilito scadenze o titoli già certi perché abbiamo molte idee e si tratta di vedere come organizzarle. Stiamo anche discutendo con altri studiosi alcune proposte. Per l’anno prossimo prevediamo sicuramente di cominciare la ripubblicazione delle opere di un filosofo e medico siciliano del ‘700 in cui Manlio è incappato per caso e per fortuna quest’estate, inoltre arriveranno una prima opera – che sperò sarà l’inizio di una sorta di sotto-collana – di una filosofa e pensatrice, e nuovi libri a stampo filosofico-enogastronomico.

Siete nati da poco (quando?). Potete fare un primo bilancio, in termini di difficoltà e soddisfazioni?

Mara. Lavoriamo ad Armillaria da poco più di un anno ma La Caparra dell’Anima è uscito a settembre 2014. Siamo lontanissimi anche solo dall’idea di un bilancio, però posso dire che siamo molto soddisfatti del riscontro “di critica” che il progetto sta incontrando. Difficoltà particolari forse le dà la distribuzione, che ovviamente è indipendente come il resto: sto cercando di entrare in contatto con alcune librerie indie e la cosa è più lenta di quanto mi aspettavo, ma il testo è disponibile in ben tre formati praticamente ovunque. La soddisfazione mi fa sorridere ogni volta che guardo il nostro primogenito o che riceviamo complimenti dagli addetti ai lavori.

Che cosa c’è da leggere sui vostri comodini?

Mara. Ormai quasi tutte le mie letture sono in ebook e ne comincio vari contemporaneamente. Eppure, i libri non legati al lavoro che sto leggendo con più piacere al momento sono di carta: Il Sale di Jean-Baptiste Del Amo (Neo Edizioni), The Luminaries di Eleanor Catton (Granta Books) e Arcadia di Lauren Groff (Codice Edizioni).

Manlio. Presumo che il comodino sia vicino al letto e che la lettura serva ad augurare un sereno riposo. Le Confessioni di Agostino d’Ippona possono essere lette trasversalmente in qualsiasi momento della giornata: in tarda serata però alcuni passaggi conservano un fascino unico.


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