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Arpat san romano

Creato il 07 aprile 2011 da Renzomazzetti
Adriano Prosperi.

Adriano Prosperi.

QUESTA SERA, GIOVEDI’ 7 APRILE 0RE 21 alla Casa Culturale a San Miniato Basso: CAUSE PERSE (dallo scandalo delle acque al tubone). Presentazione del diario civile edito da Einaudi di Adriano Prosperi, Storico, docente alla Normale di Pisa. Intervengono : L’autore, il giornalista Riccardo Cardellicchio, Fabio Corsi consigliere comunale Comunisti Uniti.

L’ARPAT di San Romano, zona del cuoio in Toscana, appesa a un filo nonostante i proclami dei sindaci. A rischio la permanenza di un presidio obbligatorio e essenziale per la salvaguardia della salute. Ma i giochi non sono ancora fatti. Per fortuna c’è chi si oppone allo scippo. Per meglio comprendere l’importanza di questo servizio pubblico vi proponiamo un articolo uscito sul Tirreno che ne traccia la storia: S.Croce sull’Arno sull’Arno, Ponticelli, S.Romano. Chi vuole cancellare una storia? Chi vuole mettere in difficoltà una popolazione, da poco tempo non più con l’incubo di nubi tossiche, scarichi selvaggi e maleodoranze insopportabili? Si risponde: la Regione. Con la ristrutturazione del servizio di prevenzione e telerilevamento. Che porterebbe, in pratica, alla progressiva certa chiusura della sede Arpat di San Romano. Incredibile ma vero. Nel 2006, la sede di San Romano fu destinata a diventare Centro regionale di prevenzione e telerilevamento. Riconoscimento della capacità acquisita con interventi costanti, puntuali e miglioramenti ambientali concreti, in una zona resa sensibile dal dominio dell’industria conciaria. Di prevenzione e igiene pubblica si comincia a parlare, timidamente, nel 1971, con la nascita del comprensorio del cuoio, che fantastica la nascita di una città da centomila abitanti al posto di sei Comuni. Lo si fa di fronte a una situazione difficile, delicata. Scarichi selvaggi. Corsi d’acqua, a cominciare dall’Arno, ridotti a cloache. L’aria ammorbata da emissioni chimiche incontrollate. Ambienti di lavoro impossibili. Si muore aprendo i bottali. Con il passare degli anni, la situazione non migliora. Anzi. A complicarla s’aggiunge il problema della depurazione dei liquami conciari, dello smaltimento dei fanghi, prodotti dal depuratore di Santa Croce sull’Arno, cui s’aggiunge quello di Ponte a Egola-San Romano. Intervengono i pretori a reprimere. La grande crisi si ha nel settembre 1979, con la serrata delle concerie, decisa dagli imprenditori. E’ finalizzata a ottenere la proroga di alcune norme della legge Merli. Ha successo. Ed è il de profundis, in sostanza, di una buona legge, tesa a salvaguardare le acque dall’inquinamento industriale. Inutile tentare, da parte di alcuni ambienti politici, il salto di qualità all’insegna del “produrre senza inquinare”. Vanno a cozzare contro un muro di gomma. La salute appare messa in secondo piano. Vanno avanti produzione e occupazione. Che il conto sia salato, lo si capisce nel 1982, con la nube tossica, che crea problemi di salute agli abitanti di San Romano. Grave disagio, all’arme e seria preoccupazione per la salute. E’ allora (al comprensorio è subentrata l’Associazione intercomunale) che si prende in seria considerazione la legge 833 del 1978 , quella sulla riforma sanitaria, che rende obbligatoria la prevenzione. Com’è, ancor oggi, bene pubblico. Lo si fa, prima con il consorzio socio sanitario. Poi la patata bollente passa all’Usl. Ma, nonostante i positivi risultati,qualcosa non va. Infatti, risulta inspiegabile la decisione - di chi? E per cosa? - nel 1990 di spengere la prevenzione e il telerilevamento, con conseguenze immaginabili.Infatti la qualità dell’aria peggiora e la popolazione protesta. Sembra di ritornare alla nube tossica. Si riparte nel 1996, con l’avvento dell’Arpat.. La zona del cuoio è ritenuta di grande importanza, tale da rendere obbligatoria la presenza di una sede Arpat, con un numero congruo di addetti alla prevenzione e telerilevamento. Si parte addirittura con un servizio sub provinciale con Sede a San Romano. Con un miliardo e mezzo di lire vengono collocate sette centraline cui si aggiungono oltre un miliardo di lire per i sensori nelle attività più a rischio (depuratori, ecc), capaci di rilevare l’inquinamento atmosferico. Con altri trecento milioni di lire si può riavere la prevenzione e il telerilevamento. Grazie alla concertazione, i sei Comuni del comprensorio, la Provincia di Pisa e le associazioni conciarie, per quasi 10 anni (1999-2000) garantiscono circa duecento milioni l’anno. E’ evidente lo sforzo economico di cui la Zona del Cuoio si è fatta carico! Il comprensorio del cuoio, con il motto prevenire prima di reprimere, diviene un bell’esempio per il resto della Toscana. Vengono sciolti i nodi della rifinizione, dei composti organici volatili, del Pikel. La presenza dell’Arpat sul territorio è una garanzia. Ma non è che tutti lo capiscano. Sta di fatto che l’ufficio vede assottigliare gli addetti negli ultimi 5 anni.. Da nove passa a quattro. Di Centro regionale non si parla più. Anzi, con il 2011, possono rimanere in tre. Assolutamente insufficienti. Inaccettabile! A patto che i Comuni e gli imprenditori paghino. Tutto ciò avviene con l’avvento di nuove maleodoranze, con la preoccupazione per la salute, con lo spettro delle leucemie, con l’incognita tubone. La sentinella dell’Arpat in loco è indispensabile per salvaguardare la salute e supportare l’attività produttiva nel rispetto dell’ambiente. A meno che – legittimo il sospetto – non vi sia il disegno politico di far finire il servizio in mano a privati. Un salto al buio. Che il comprensorio del cuoio non meriterebbe, considerati gli impegni (anche economici), che tutti i soggetti hanno avuto per liberare la zona, e un’industria, dalla spada di Damocle dell’inquinamento. -Riccardo Cardellicchio, L’Aurora de Lo Spettro, Periodico anomalo contro l’informazione fantasma, marzo 2011.

C R E A T U R E

Camminano nuotano volano

Terrestri marini celesti

Ansiosi immensi dispersi

Desiderosi soddisfare sensazioni.

Viventi esseri diversi

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Gioiose affettività universali.

L’amore diversità eguaglia!

-Renzo Mazzetti-

 

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