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Arti marziali e violenza

Creato il 05 febbraio 2011 da Dvanzin
Arti marziali e violenza
L’istinto primordiale alla conservazione è parte di ogni forma di vita. Nasce con l’essere vivente e, con interpretazioni e valori differenti, ha portato nei secoli a guerre, nascita e morte di nazioni e scuole per formare dei guerrieri.
In contrasto con questa spinta aggressiva alcune discipline hanno operato in senso opposto. Le discipline di radice teologica o filosofica reprimendo questi istinti: l’uomo è un essere superiore e non può convivere con impulsi così bassi. Per queste scuole l’aggressività è il risultato di un istinto animale da cui prendere le distanze. Separando la parte materiale dalla quella spirituale; mortificando il corpo per elevare l’anima.
Le discipline marziali al contrario hanno operato affermando l’inefficacia del reprimere. Siamo e rimaniamo animali che, pur avendo intrapreso un percorso di crescita, devono convivere con questi aspetti del proprio essere.
Una volta riconosciuto l’istinto alla conservazione le arti marziali insegnano a gestirlo in modo adeguato senza giudizi morali. In particolare il taijiquan con le proprie tecniche eseguite lentamente insegna a dosare l’aggressività naturale sublimandola in una serie di movimenti simili a una danza. La visione distaccata, quasi da osservatore esterno, delle tecniche che si eseguono porta a conoscere e gestire i propri istinti naturali. Anche l’uso delle armi diviene una scusa per conoscere ancora meglio i meccanismi che regolano la “macchina uomo” nella sua completezza.
Cosi anche il concetto di vittoria o sconfitta diviene un dettaglio insignificante, l’artista marziale accetta entrambi senza gioia o dolore, con distacco.
Lo stesso concetto proclamato per secoli in Occidente: “… porgi l’altra guancia” diviene un atteggiamento non di passiva accettazione ma di consapevole partecipazione e crescita personale.
“queste righe sono nate una sera di qualche tempo fa, dalla discussione con una donna che non ho più incontrato e che non mi ha permesso di concludere l’esposizione del mio punto di vista sull’argomento. La ringrazio per quello che involontariamente mi ha insegnato.”

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