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Assistere alla nascita di un museo: il MUSE

Creato il 29 luglio 2013 da Annovigiulia @AnnoviGiulia

di Giulia Annovi

Il 27 luglio 2013 è stata una giornata di grande festa a Trento: l’evento, atteso da più di un anno e celebrato dall’intera città, è stata l’apertura del museo di Scienze Naturali, il MUSE. Le celebrazioni sono durate 24 ore ininterrotte, con la partecipazione di musicisti, attori, personaggi dello spettacolo, autorità. Anche i cittadini hanno risposto favorevolmente: l’interesse era fortissimo verso l’evento tanto atteso. Malgrado il caldo torrido e inaspettato per questa cittadina di montagna, ci saranno stati migliaia di visitatori per seguire lo spettacolo e per vedere alcune star, oltre che per curiosare all’interno del museo che, dalle foto che circolavano sul web, prometteva grandi novità nel modo di organizzare e fruire gli spazi museali.

Nei giorni precedenti, girando per la città, sentivo pareri contrastanti: i giovani erano entusiasti per l’apertura del museo, che ha portato tanti nuovi posti di lavoro e, finalmente, un po’ di festa in una città che definirei tranquilla; altri erano scettici, soprattutto sulla quantità di soldi spesi dalla provincia per un’opera non da tutti compresa.

Le 24 ore appena trascorse hanno dato un segnale forte e una risposta a queste perplessità. Penso che l’apertura di un museo del genere fosse necessaria, quantomeno per risvegliare la curiosità scientifica della gente. Al museo c’erano proprio tutti: famiglie con bambini, anziani, gruppi di adolescenti, persone arrivate da tutta l’Italia.

La struttura del Muse sarà servita anche a svecchiare l’opinione che tanti  hanno riguardo ai musei. Anche l’architettura di certo aiuta ad avvicinare lo spazio museale all’ambiente circostante: è un edificio tutto a vetrate che lasciano entrare le montagne della valle dentro al museo, ma lasciano anche uscire scorci espositivi all’esterno. L’edificio è circondato dall’acqua e dal verde e ha la forma delle montagne: il riferimento al paesaggio trentino è forte.

Una volta entrati, non ho avuto la sensazione di essere dentro uno spazio chiuso: la luce bianchissima e lo spazio fatto interamente di vetro, non pone barriere agli occhi. Diventa così facile passare da una sezione all’altra dell’esposizione: questo ha il vantaggio di lasciare piena libertà al visitatore che può muoversi secondo i suoi interessi.

Lo svantaggio è la mancanza di una direzione della visione: non c’è cronologia, si perde l’ordine temporale (oltre a quello spaziale), e si passa dall’uomo preistorico alle invenzioni più recenti con un’eccessiva facilità.

Credo che saranno le visite guidate ad assicurare l’ordine e le spiegazioni, piuttosto scarse, al visitatore. Le lunghe spiegazioni sui classici pannelli sono state abolite a favore di video, giochi interattivi e strumenti con cui il visitatore può provare con le sue mani a verificare le leggi della scienza o il funzionamento di una macchina.

Le cose che mi sono piaciute di più e assolutamente da non perdere? La riproduzione di un ghiacciaio che mi ha riportato alle mie gite in alta quota con tutti i ricordi connessi. Molto bella anche la serra tropicale con le piante che qui non ci è dato di vedere, ma di cui comunemente consumiamo i frutti. Poi, per passare alle cose più tecnologiche, c’è il mappamondo che mostra in tempo reale i fenomeni accaduti sul nostro globo. Per dirne uno: lo Tzunami che ha colpito il sud-est asiatico, che viene riprodotto fedelmente dimostrando i suoi effetti a livello globale.
Imperdibili sono tutti i giochi interattivi, dai più semplici costruiti con corde e legno fino ai più moderni, dove è possibile governare un computer con i movimenti del proprio corpo.

Ho anche scoperto che all’interno del museo sono stati previsti spazi per i laboratori. Quello di biotecnologie era completo di cappe chimiche e banconi. Era pure in corso un esperimento: stavano dimostrando il fenomeno della bioluminescenza e ogni visitatore aveva tra le mani la sua ampollina verde. Chiedendo a una ragazza con il camice, mi ha raccontato che loro sono studenti di biotecnologie con il progetto di portare la gente nei laboratori. Vorrebbero far sì che le persone si avvicinino alle biotecnologie per capirne l’utilità, per vederne le applicazioni e per averne meno timore. Non si tratterà di fare solo esperimenti pilotati, a cui la gente potrebbe mettere mano (questi devono essere pensati bene: in laboratorio spesso si gioca con sostanze potenzialmente pericolose). L’idea è proprio quella di portare la loro attività di ricerca dentro il museo, così le persone potrebbero seguire l’esperimento dalla progettazione alla sua realizzazione.
Visto che il museo è altamente a misura di bambino, coinvolgeranno anche loro nei laboratori? “Perché no! Alla fine con i batteri opportunamente ingegnerizzati, si possono anche ottenere colori diversi e disegnare forme nuove.”

Posso dire che la visita di sabato ha solleticato la mia curiosità, dovrò di certo tornare per approfondire tutte le varie parti del museo, per potermele gustare fino in fondo. Intanto, sono contenta di aver assistito all’apertura, respirando quell’atmosfera di attesa e di festa che portava con sé.


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