Secondo testimonianze non confermate, nell’assalto di ieri alcuni dei membri del commando all'hotel Radisson di Bamako avrebbero parlato tra loro in inglese. Un’ipotesi ancora da confermare ma che suggerirebbe connessioni internazionali o legami con Boko Haram.
Il gruppo nigeriano è alle prese con una controffensiva militare nell’area del Lago Ciad, ma la sua presenza era segnalata nel nord del Mali già nel 2013.
In queste ore si è parlato anche di Al Mourabitoun, che avrebbe rivendicato l'attacco al Radisson. Si tratta del gruppo responsabile dell’assalto ai terminali petroliferi di In Amenas, nell’Algeria meridionale, nel gennaio 2013.
Il Mali continua a non avere pace. Non è bastato l’accordo siglato a giugno tra i gruppi ribelli di matrice tuareg e arabi con il governo di Bamako. Il Movimento nazionale di liberazione dell’Azawad (Mnla) insieme con alcuni gruppi arabi sta cercando di applicare gli accordi di pace ma in Mali restano attive altre forze.
Come Al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), il Movimento per l’unicità e la jihad (Mujao) e lo stesso Ansar Al Din. Secondo gli esperti di "cose"africane due anni dopo i bombardamenti francesi, nonostante il dispiegamento di una missione delle Nazioni Unite ,l’esercito del Mali non presidia ancora il nord del paese: è una conferma degli squilibri e conflitti storici tra le etnie e le ingiustizie sociali ed economiche non risolte.
Le vittime, come confermato da responsabili della sicurezza maliana, sarebbero almeno 27. Dodici, invece, le nazionalità degli oltre 170 ostaggi: algerini, tedeschi, belgi, canadesi, cinesi, ivoriani, spagnoli, statunitensi, francesi, indiani, marocchini, russi, senegalesi e turchi. L’unica vittima finora identificata è un cittadino belga, Geoffrey Dieudonné.
a cura di Marianna Micheluzzi (Ukundimana)
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