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“Avatar” di James Cameron

Creato il 01 febbraio 2011 da Cinemaleo

2009: Avatar di James Cameron

“Avatar” di James Cameron
“Avatar” di James Cameron

Arrivato ieri, per la prima volta sul piccolo schermo (Sky Cinema), il film che ha battuto ogni record al botteghino. Costato una preparazione di ben 13 anni, si caratterizza per l’utilizzo di particolari cineprese capaci di catturare espressioni e movimenti degli attori.

 

Scrive Comingsoon: Avatar esprime in pieno la chiarissima ide(ologi)a di cinema del regista canadese: un cinema fatto di “vere bugie”, titanico, un cinema dove lo spettacolo è sovrano nel senso più ampio e (post) industriale del termine, improntato ad un iper-positivismo e ad un determinismo tecnologico al quale tutto è destinato a soccombere, dentro e fuori lo schermo. Uno schermo che è attore e protagonista ancor più delle figure che vi si agitano all’interno… Dal punto di vista narrativo l’attenzione e l’interesse del regista non vanno agli attori del suo testo ma al mondo all’interno del quale questi si muovono”. Osservazione da condividere in pieno.

Il problema è che lo spettacolo creato da James Cameron non emoziona, non coinvolge. Visivamente splendido, un giocattolone che non dice nulla di nuovo al nostro cervello, al nostro cuore. Tanta tecnologia sbalorditiva ma da quanto tempo, in questo campo, Hollywood supera sempre se stessa? Siamo ormai abituati… e non può bastare una cornice esteriore da plauso per fare di un film qualcosa di memorabile, come Avatar pretende di essere (1). Viene in mente La Tunica che nel 1953 stupì il mondo con l’utilizzo per la prima volta del Cinemascope: innovazione importantissima certo, ma cos’altro ha quel film per essere ricordato? I grandi spettacoli americani che hanno detto qualcosa di nuovo, e restano quindi nella storia, sono ben altri: Via col vento (una pietra miliare: da solo esprime tutte le potenzialità, nel bene e nel male, del cinema americano),  Guerre stellari (capostipite di una perfetta fusione di favolistico e epico), Odissea nello spazio (un film su cui non si è smesso di discutere fin dal suo apparire, e le cui interpretazioni risultano ancora infinite), Alien (rivoluzionaria la figura femminile protagonista)… Tanti altri che ci hanno emozionato, ci hanno coinvolto, ci hanno stupito… ma non solo epidermicamente.

In Avatar non c’è nessuna forma di originalità e di inventiva. Le scenografie destano meraviglia (a mio parere però, assomigliano molto a una sintesi di Alice nel paese delle meraviglie, Il mago di Oz, Bellezze al bagno…) ma non sono sufficienti ad interessarci veramente per 170 minuti, una buona parte dei quali sono abbastanza ripetitivi e con poco ritmo (mi sembra che il tutto si movimenti solo nell’ultima mezz’ora). E’ la sceneggiatura, come notato dalla maggioranza dei critici (2), a lasciare insoddisfatti. Encomiabile il tema di fondo, ma situazioni personaggi dialoghi… visti e sentiti già mille volte senza alcuna nuova aggiunta. Una bella torta da ammirare per confezione e presentazione ma piuttosto insipida nella sostanza.

note

(1) Scriveva Lorenzo Soria su La Stampa nel giugno del 2009: “…anche se mancano ancora trailer di Avatar, chi ne ha visto degli spezzoni ha decretato che nulla sarà più come prima, il film trasformerà il cinema, lascerà un segno paragonabile all’arrivo del suono o del primo Technicolor”.

(2) “L’idea con cui il cinema hollywoodiano affronta il mondo «altro», anche quello immaginifico, è vecchia e stanca” (Adriano Aiello, Movieplayer.it), “Divertente (per un teen-ager), spettacolare… d’accordo… ma si possono avere dubbi sulla logora poetica messianica del regista?” (Alberto Pezzotta, ViviMilano), Avatar utilizza le risorse del 3d in modo innovativo e originale, sfruttandone appieno le potenzialità in profondità. Inoltre crea un universo parallelo visivamente senza precedenti per l’immaginario cinematografico. Deludente invece nella parte drammaturgica narrativa” (Marina Sanna, La rivista del cinematografo), “L’utilizzo del 3D è finalmente né fastidioso né gratuito… Dove mi ha molto deluso è nella sceneggiatura: possibile che il cinema americano non sia più capace di riflettere seriamente sui temi che affronta? Perché solo fiabe schematiche e puerili?” (Paolo Mereghetti, Corriere della sera), L’estasi spettacolare, le montagne di denaro speso, l’alea di «salto d’epoca» dal punto di vista tecnologico, sono l’involucro rutilante di un buon vecchio film d’avventura a lieto fine. Più dei nemici della contraffazione tecnologica, saranno dunque i nemici del politicamente corretto ad avere qualcosa (anzi, molto) da rimproverare a James Cameron. Il film è una specie di sunto trionfante dell’intera vulgata «buonista» (Michele Serra, Repubblica), “Un film paradossalmente piccolo, narrativamente esiguo e ideologicamente vecchiotto. L’immaginario tecno-umano di Cameron è fermo a vent’anni fa, seppure il valore del 3D sia indiscutibile, e la sua efficacia evidente. Si parlava di rivoluzione di genere: sarà per la prossima volta” (Pier Maria Bocchi, Cineforum)

   

   

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