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Avere un figlio sano è un diritto

Da Emmecola

Qualche mese fa avevo scritto su questo blog a proposito del test delle 400 malattie, un nuovo test genetico che consente di scoprire se si è portatori di mutazioni recessive dannose, legate a centinaia di malattie rare. L’analisi genetica preimpianto è una delle armi più efficaci che abbiamo a disposizione per combattere le malattie rare, dal momento che le cure scarseggiano e manca l’interesse (anche economico) per trovarne. Si tratta però di una battaglia che non vinceremo mai, se ci si mette di mezzo la legge.

La legge 40 sulla fecondazione assistita proibisce infatti alle coppie di selezionare gli embrioni prima di impiantarli, e obbliga gli aspiranti genitori portatori di malattie recessive a recarsi all’estero, in uno dei 15 Paesi europei dove questa selezione è consentita. Rosetta Costa e Walter Pavan hanno già avuto un figlio malato quattro anni fa, e non hanno intenzione di darla vinta al governo italiano, perciò hanno fatto ricorso alla Corte Europea di Strasburgo: la Corte ha dichiarato ammissibile il ricorso, e ha inviato al Governo la richiesta di esprimersi sulla questione, dal momento che la legge suddetta viola gli articoli 8 e 14 della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo.

Avere un figlio sano è un diritto

Rosetta e Walter sono entrambi portatori di una mutazione nel gene CFTR, mutazione recessiva che provoca la fibrosi cistica quando presente in doppia copia. Rinunciando alla selezione preimpianto, i due avrebbero il 25% di possibilità di dare alla luce un figlio affetto da una patologia grave e invalidante. Qualora non fosse chiaro, questa percentuale equivale alla probabilità di lanciare due volte una moneta e ottenere testa in entrambi i lanci. Con quale coraggio si può negare a una coppia il diritto di avere un figlio sano?

Paradossalmente, la legge sull’aborto del 1978 consente invece di abortire dopo 10 settimane di gravidanza, se dall’esame dei villi coriali il feto risulta malato di fibrosi cistica. E questo nonostante il fatto che l’esame dei villi coriali è associato a un rischio – seppur molto basso – di aborto spontaneo. Dunque qual è il senso di tutto ciò?

Secondo Adriano Pessina dell’Università Cattolica “non ha alcuna consistenza teorica il diritto ad avere un figlio sano, che si trasforma nel diritto all’eliminazione del figlio malato”. Beh, evidentemente è più accettabile, da un punto di vista morale, eliminare un feto di due mesi e mezzo piuttosto che un embrione di pochi giorni. Non so voi, ma a me sembra un’enorme contraddizione. Ovviamente non sto chiedendo libertà totale, esistono dei limiti etici a quanto si può fare con la scienza. Tuttavia, credo che una coppia italiana portatrice di una malattia recessiva debba avere il diritto di scegliere, e lo Stato deve offrirle tutti gli strumenti per farlo coscientemente.

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