Magazine Cinema

BABADOOK di JENNIFER KENT

Creato il 01 agosto 2015 da Viga
Talora dalla visione di un film di genere, per quanto possa esser uno spunto labile e legato a regole stabilite, può rivelarci molto di noi. E non solo. L'idea che il cinema sia un viaggio solitario, dove ci perdiamo dentro alle immagini, isolandoci da tutto il resto, ammetto, non mi trova del tutto contrario. in fin dei conti esso punta proprio a una nostra azione/reazione e, a meno di non esser uno spettatore amorfo e apatico, spesso questo avviene.
Tuttavia, reputo che esso abbia anche una grande valenza collettiva e andando in sala, osservando, ascoltando, gli altri, possiamo cogliere i cambiamenti, in peggio - mi addolora confermare- dell'individuo massa sotto l'incerta morale del nostro sistema.
Andate a vedere Babadook e ne avrete conferma. I motivi possono esser diversi, non metto in dubbio, nondimeno un urticante cinismo da poveracci, una disumana considerazione dell'altro, affiora nei commenti. in rete e non solo.
Offrendo un pessimo spettacolo di incomprensione e detestabile sarcasmo, presa di distanza grossolana, circa quello che codesta opera ci offre e mostra.
BABADOOK di JENNIFER KENT
Di cosa parla Babadook? Di un lutto troppo pesante da superare, di una colpa che inconsciamente e nei piccoli gesti diamo a un innocente, della più terrificante e terribile delle solitudini, quella di chi non riesce a sopravvivere al dolore e a un odio che non viene tollerato, compreso, capito: quello di una madre per un figlio. Figlio nato lo stesso giorno che si perde l'amore della propria vita. Amelia e Samuel vivono il carissimo prezzo di esser sopravvissuti a tutto questo. Il tutto rimane sotto pelle, sotto traccia, fino a quando la scoperta di un libro illustrato porterà a galla l'orrore. Attraverso la figura di Babadook, uno spirito maligno.
Il film si sofferma molto sul rapporto claustrofobico di  un figlio che agisce con rabbia a una condizione che lo fa soffrire e una madre sempre più coinvolta nel suo dolore. Intorno una sorella per nulla comprensiva, un collega che cerca in qualche modo di instaurare un rapporto, una relazione, una vecchia vicina di casa che vorrebbe rendersi utile, ma la sofferenza è troppo grande per potersi aprire agli altri.
Aggiungete un mostro che vi tormenta, si insinua lentamente nella vostra vita e psiche, vi possiede e vi spinge a commettere atti orribili
Ma non state vedendo solo un film di mostri. non si tratta solo di un horror estivo al quale chiedere rassicuranti salti sulla sedia ed effetti raccapriccianti.
Jennifer Kent lo sa. Cosa sa? Che un film di genere è un contenitore vuoto. Qualcuno si accontenta di esso, non chiede altro. Alcuni invece ci mettono un'idea, una metafora, un sotto testo. Perché uno spirito maligno può diventare simbolo di umanissime disperazioni, perché attraverso ad esso si può spiegare agli spettatori, quelli che non passeranno il tempo a sghignazzare come pirla o prendersela con un bimbo di sei anni che si comporta come un bimbo di sei anni che vive situazioni pesanti e snervanti per un adulto, figurati per un bambino, dicevo: si può spiegare agli spettatori che il dolore non possiamo evitarlo, dobbiamo viverlo fino in fondo, ma per superarlo. Il che non vuol dire cancellarlo, perché esso rimane in agguato, ma saperlo contenere
Proprio per questo reputo il finale del film tra i migliori girati negli ultimi tempi, per una sorta di umanissimo, compassionevole, pietoso, equilibrio. Il piccolo Samuel che ripete alla mamma che la difenderà, che non la lascerà morire, è quanto di più toccante si possa mostrare su schermo, sopratutto per via dell'assoluta credibilità del personaggio e del piccolo che lo interpreta.
Ovviamente gli spettatori si soffermano sulle sue urla isteriche, sul suo esser di difficile sopportazione, rivedendosi nel personaggio negativo della sorella.  Poiché in questi tempi, per esistere e farsi notare, parrebbe possa bastare la battuta cretina velata da cinismo irriverente, la lontananza siderale dall'altro, un distacco emotivo vigliacco e di facciata perché non vogliamo soffrire e non voglia condividere nulla con gli altri. Se non un veloce mi piace su Facebook.
Chiaro che un film, il quale ci chiede invece massima empatia e immersione nella storia dei personaggi , come Babadook dia fastidio a costoro. Non a me. Esso è un film che fa bene il suo mestiere di horror, crea una figura davvero suggestiva e nel frattempo ci parla e mostra cose fondamentali e importanti, che tutti proveremo prima o poi, per motivazioni e in ambiti diversi, ma un lutto pesante, un problema ad accettare la propria maternità, il senso di colpa perché sappiamo che  siamo la causa della  sofferenza di una persona che amiamo, non sono cose così strane nella nostra vita.
I personaggi del piccolo Samuel e della madre sono anche sgradevoli e insostenibili per certi versi, ma questi ce li rende umanissimi e sopratutto rende più efficace la parte horror. Quando interviene il mostro e lo vediamo agire in ambiti di sofferenza, dolore, degrado, ci fa ancora più pena che un orrore simile sconvolga la vita di gente provata e abbandonata.
Forse non sarà un capolavoro, ma chi se ne frega, senza ombra di dubbio codesta pellicola non merita un pubblico poco sensibile e attento, né le critiche feroci e campate in aria che si leggono in giro.
Per me un 'opera assai valida

Potrebbero interessarti anche :

Ritornare alla prima pagina di Logo Paperblog

Possono interessarti anche questi articoli :

Magazines